3.2 Anomalia (pt. 2/2)

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Lui e Maksym percorrevano sempre un pezzo di strada insieme di ritorno da scuola. Tutti i parenti dei Kerek, ovvero l'insieme di  quelle famiglie nel cui sangue scorreva l'Ascensione, abitavano nello stesso quartiere. Perfino alla famiglia di Anatolij, che aveva una percentuale di Candidatura più bassa, avevano concesso il permesso di stabilirsi lì. Salutarono gli altri ragazzini, tutti Candidati come loro, e si avviarono verso le loro rispettive abitazioni.

"Secondo me piaci a Ekaterina." Bisbigliò il suo amico assestandogli una gomitata complice sullo stomaco.

Anatolij diede un colpo di tosse, poi storse il naso e fece una linguaccia. "Quella? Spero proprio di no, è una tale antipatica."

Sorrise sornione. "Ma sì, dai, cerca sempre di attirare la tua attenzione."

Ripensò alle parole che la ragazzina gli aveva rivolto poco prima di andare via. "Mi tratta sempre malissimo. Non credo di piacerle granché."

"Lo fa solo per farsi notare."

"È un modo un po' stupido per farlo."

"Magari dopo la cerimonia del Ritorno prova a pararle. Dille che non può comportarsi così."

Si bloccarono. Una figura di donna dai capelli castani, bassina e con gli occhiali si avvicinava verso di loro. Indossava una tuta spaziale rossa sbiadita, una sequela di medaglie militari appuntate sul petto. Un'Ambasciatrice della Congrega. Entrambi si irrigidirono non appena la notarono e, dopo un momento di esitazione, si misero sull'attenti, le schiene rigide e le mani poggiate sul petto. "Lu-lunga vita alla Congrega!" balbettò Anatolij nel momento in cui la vide fermarsi proprio di fronte a loro. Maksym, a differenza sua, aveva pronunciato il saluto militare con molta più sicurezza, senza neppure balbettare, e lo colse una punta d'invidia. Non riusciva a capire come facesse a risultare sempre così impeccabile, pur essendo solo un bambino di sei anni.

La donna si fermò a guardarli, soffermandosi sulle loro uniformi nere. Scosse la testa divertita e ricambiò il saluto con un sorriso. A dispetto del suo ruolo, il suo aspetto sembrava del tutto innocuo. Se non fosse stata per l'uniforme rossa della Congrega e le innumerevoli medaglie di cui faceva sfoggio, l'avrebbe scambiata per una normale abitante di Wolf. "Buongiorno, ragazzi. Non preoccupatevi, non c'è bisogno di tutte queste formalità."

I due rimasero sull'attenti, le mani ancora rigide sul petto. "Ambasciatrice Blake, per noi è un onore essere conformi con le linee guida della Congrega." Maksym chinò appena la testa, aveva una voce monotona, come se non conoscesse fino in fondo il significato di quelle parole e le stesse ripetendo perché le aveva imparate a memoria, senza soffermarsi sulla loro reale implicazione.

Anatolij immaginava che i suoi genitori glielo avessero ripetuto fino alla nausea; fai bella figura con l'Ambasciatrice Blake. Era la stessa cosa che si erano raccomandati i suoi con lui. Per Maksym, poi, la pressione doveva essere maggiore, considerato che suo padre era il vero Reggente di Wolf 359-c. Gli altri Kerek avevano una loro importanza e detenevano dei ruoli di potere, ma non avevano lo stesso grado di responsabilità. La concezione della famiglia come un clan, tribale per certi versi, risaliva a quattrocento anni prima, all'epoca della comparsa della prima Ascensione e non l'avevano più abbandonata, neanche dopo la scoperta dei viaggi spaziali o la colonizzazione dei primi pianeti extra-solari. I Kerek avevano continuato a mantenere quella struttura con una certa fierezza. Da quando erano entrati nelle mire espansionistiche del Signore della Guerra Van Leeuw, su di loro giravano le leggende metropolitane più assurde e diffamatorie. "Si accoppiano tra consanguinei" era la più gettonata. Erano delle malignità gratuite, sussurrate da chi non capiva fino in fondo  quale fosse l'importanza storica di condividere lo stesso cognome. Tuttavia, era anche per colpa di certe voci infondate se il resto della Nuova Frontiera aveva il mirino puntato contro di loro.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora