1.21 HQ

365 43 352
                                    

Accadde tutto troppo in fretta. Gli sembrava di essersi addormentato all'improvviso, per infine risvegliarsi all'interno di una delle sue visioni, senza un contesto, né un'introduzione, catapultato con brutalità in un ambiente alieno e inospitale, che non riusciva a percepire come reale. Ma era troppo comodo far finta che tutto quello fosse solo un incubo. Sapeva di essere sveglio e che le astronavi che incombevano minacciose verso di loro erano materiali. L'odore di polvere da sparo, acre e soffocante, gli era davvero entrato nei polmoni, e lo fece tossire. Il muro di sabbia rossa che si era innalzato davanti ai loro occhi non era il frutto di una sua elaborazione mentale, per certi versi era simile all'ondata di fuoco e fiamme che aveva visto su Titano. Rabbrividì al solo ricordo.

Donnel, che si trovava poco più avanti a lui, pronto a prendere Berthold per scortarlo in infermeria, si bloccò a osservare la scena attonito, con un piede un po' più avanti rispetto all'altro e gli occhi fermi sul fungo di sabbia rosso che si stava sollevando davanti a loro. Akash lo superò in corsa e, dopo aver raggiunto l'altro amico, lo prese per entrambe le spalle e cominciò a scuoterlo, così forte che in un attimo parve essersi ripreso dallo stato di shock. Gli mise un braccio intorno alla spalla e cominciò a tirarlo verso il resto del gruppo.

Come un tuono che preannunciava l'inizio della pioggia, il rumore improvviso di un'altra esplosione squarciò il buio. Akash fu costretto a fermarsi e a guardare le fiamme dell'inferno che divampavano proprio di fronte ai loro occhi. Nessuno osò reagire, gli occhi ruotavano attorno il paesaggio disorientati, incapaci di muovere un singolo muscolo, fino a quando la voce roca di Mikhajlov non si sostituì al boato penetrante degli spari che iniziavano a scoppiettare, echi infernali e lontani, in direzione di Solar Fields.

"Ma che accidenti aspettate! Forza, reclute, dobbiamo andare."

Iniziò a correre verso l'edificio principale del campo di addestramento militare, in cui in quel momento si era riunita la maggior parte degli Ascesi. Qualcuno, soldati molto più esperti di loro, si dirigevano verso la parte opposta del campo, quello da cui si susseguivano una dietro l'altra, in una scia di morte e distruzione, una sequela di esplosioni che facevano tremare la terra, il rimbombo di un tamburo annientatore.

"E' il momento di mettere in pratica ciò per cui vi siete addestrati." Urlava il tenente mentre teneva un passo sostenuto verso il quartier generale. "Fate..." le sue parole vennero per un attimo oscurate dal suono di una detonazione "... Le armi che potete e poi..." si bloccò per riprendere una boccata, il cielo scuro ritagliava i contorni della sua figura in una sagoma precisa. "Andiamo."

Il cielo sopra di loro si era tinto di nero cupo, innaturale, non sapeva dire se per colpa del fumo delle bombe o se per il clima che stava mutando. L'atmosfera era diventata pesante, sentiva la sabbia e la polvere entrargli nelle vie respiratorie, graffiargli il naso come tanti minuscoli pezzi di vetro che si insinuavano nelle narici. Come su Titano, in un orribile dejà vu che non avrebbe mai voluto rammentare, faceva fatica a respirare, ma continuava a correre, imperterrito. Su per il naso cominciò ad avvertire il sapore metallico e ferroso del sangue.

Questa volta, dall'altro lato della barricata, non sperava di rivedere sua madre Cassandra, ma le armi. Avrebbe voluto solo afferrare il primo fucile e portarselo in spalla, anche se non sapeva neanche lui a cosa sarebbe potuto servire contro quelle enormi navi nere. Tuttavia, a differenza dell'ultima volta, non sarebbe scappato verso la salvezza, ma sarebbe andato incontro alla morte, fiero, un eroe in carne ed ossa. Per la prima volta, sarebbe stato lui a fare la differenza. Ogni colpo che avrebbe sparato lo avrebbe scagliato in nome della madre, di Theodore, di Dakarai e di tutti coloro che giacevano su Titano, sotterrati solo dalle ceneri e dalle macerie. Sarebbe stata la loro cerimonia funebre ufficiale.

E si rese conto, con sorpresa, che non aveva paura, non tremava all'idea di morire. Alcune reclute, come Donnel, che correva accanto a lui, continuavano ad avanzare -certo- ma non come quando la mattina solevano compiere i loro esercizi di riscaldamento. La morte li scortava, silenziosa di fianco a loro, su alcuni poggiava già una mano, fredda e scheletrica. Poté perfino intravedere una lacrima solcare il volto del suo giovane compagno di stanza, le sue labbra tremavano, le gambe stavano per cedere.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora