KENNETH

Sono in camera mia, con la finestra del balcone aperta, a fumare una sigaretta.

La serata non è finita nel migliore dei modi, mio fratello ha il naso mezzo spaccato, ma poteva andare peggio, considerando come vanno di solito le mie serate e quelle dei miei amici.

Sesso, alcool, canne, un loop inarrestabile.
Un loop che fa provare piacere, inevitabilmente, a tutti e 4. Ma che nel frattempo ci distrugge.

E ci ritroviamo il giorno dopo sfatti.

Io ci ho rinunciato questa sera per Alec, ovviamente, perché anche se ha provato a nasconderlo, so che si è spaventato stasera, non capita tutti i giorni a uno come lui che un coglione a caso ti riempia di botte improvvisamente. Anche se volessi uscire, aspetterei che lui si addormenti.

E con 'uno come lui' intendo un bravo ragazzo, uno con la testa sulle spalle. Perché sarebbe comprensibile con uno come me, come Brandon, come Harry e anche come Tyler. Ma mio fratello non lo merita per nulla.

Brandon invece ha rinunciato alla serata per me, per farmi compagnia, perché aveva capito che fossi nervoso per questa situazione. Il fatto che avevano fatto del male a mio fratello per minacciare me, mi aveva fatto incazzare tantissimo, con me stesso più che con quei coglioni.

Perché il mio autocontrollo va spesso a puttane, ma non voglio che le persone intorno a me ne risentano, e mi fa imbestialire quando invece questo succede.

Il mio migliore amico lo sa e mi capisce proprio perché prova la mia stessa cosa. E in questi momenti c'è sempre stato per me, da quando abbiamo parlato la prima volta in quel bagno della scuola, fino ad adesso, e anche io ho fatto lo stesso per lui. Specie nel momento più difficile della sua vita, la morte di sua madre..

Era passato un po' dall'omicidio della mamma di Brandon e Brittany, forse un mesetto.

Andavo spesso a casa loro, per accertarmi che fosse tutto ok, perché Brandon mi preoccupava e non poco.

Stava inevitabilmente male, e anche sua sorella ovviamente stava vivendo un momento difficile, ma lui aveva certi momenti di black-out, come se il suo cervello si disconnettesse dalla realtà, e voleva farsi del male, si odiava perché si colpevolizzava per tutto.

Era come se stesse impazzendo.

Un giorno ricevetti una telefonata da Brandon, ero a casa mia e stavo per andare ad allenarmi. Risposi, ma non era lui a parlare, era Brittany.

"Pronto." iniziai la telefonata.

"Ehy Kenneth..io..scusa se ti disturbo, ma...non è che potresti venire qui?" la sua voce era spezzata, quasi un sussurro, e mi allarmai immediatamente.

"Sì certo, arrivo subito. Ma che è successo? State bene?" domandai in preda all'ansia, e nel frattempo presi le chiavi della macchina che avevo da poco. Avevo 18 anni e avevo preso la patente qualche settimana prima, ma già guidavo da un po' illegalmente.

"Brandon non sta bene. Lui è arrabbiato..non lo so, ho paura che gli succeda qualcosa..sta male." disse, e mi precipitai in macchina, perché sapevo cosa intendesse.

"Sta' tranquilla Britt, arrivo immediatamente. Inizia ad aprirmi e poi va' in camera tua, non uscire, lui non ti farebbe mai del male ma potresti spaventarti se stai lì ok?" cercai di tranquillizzarla, sentii un cenno di assenso da parte sua dall'altro capo del telefono, e misi in moto l'auto, partendo velocissimo. Brandon abitava molto vicino a me, e in meno di 5 minuti sarei arrivato andando veloce.

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