SARAH

Il fatto che la sorella di Brandon stia finalmente meglio mi riempie il cuore e il petto di sollievo, perché qualunque cosa sia successa, quella ragazza non si merita di stare così male.

Mentre eravamo in auto avevo davvero paura che potesse non farcela, perché faceva fatica anche solo a inspirare per poco tempo, non credo di essermi mai spaventata così tanto come oggi.

Sapevo che l'asma fosse una cosa seria, ne sono sempre stata al corrente perché anche il nostro amico Noah ne soffre, ma non avevo mai assistito a un attacco d'asma così forte davanti ai miei occhi, quindi ho davvero temuto per Brittany.

Il mio dispiacere andava anche nei confronti di Brandon, perché si vede quanto ci tiene a sua sorella, non l'ho mai visto così tanto vulnerabile e ho capito che se lei si fosse aggravata, se non fossero riusciti a farla stare meglio, lui avrebbe dato completamente di matto.

Anche Ken era ed è ancora preoccupato, come se non avesse ricevuto la notizia che alla fine Brittany sta meglio.

Ora noi tre siamo qui fuori, io, Lexi e Kenneth, e stiamo aspettando che Brandon esca per dirci davvero come sta sua sorella, e per vedere anche come sta lui.

Mi rigiro tra le dite il bicchierino col caffè che sono andata a prendere prima dal distributore automatico dell'ospedale, non mi sono allontanata, la macchinetta era lì vicino e da dove eravamo seduti poteva vedermi bene, ma Kenneth ha insistito per accompagnarmi. In ogni caso, vedevamo Lexi, quindi ovviamente non l'abbiamo lasciata da sola.

Ovviamente non potevo prendere semplicemente un caffè senza fare casini, infatti ho rovesciato tutte le monete del resto. Ho fatto una figuraccia con tutte le persone che erano in fila dietro di me, ma per fortuna Kenneth mi ha aiutato guardando truce tutti quelli che mi guardavano male, e un signore gentile mi ha porto il caffè che mi stavo anche per dimenticare.

Fa schifo questa roba. Ne bevo neanche la metà perché non sa per nulla di caffè, sa di merda, e lo getto nel cestino qui affianco, ma sono esausta, per cui dovevo per forza prenderne uno. Almeno ci ho provato.

Questo dovrebbe aiutarmi perlomeno a non crollare in questa situazione in cui devo essere lucida e, per quanto possibile, sveglia, vigile, ma senza agitarmi troppo.

E se io la penso così, dall'altro lato Kenneth ancora non mi sembra sereno. È nervoso. La sua gamba fa su e giù in continuazione.

Incrocio la mia mano con la sua e ne accarezzo le nocche col pollice.

"Ken. Stai bene? A che pensi?" gli domando, cercando il suo sguardo, ma non riuscendo a trovarlo.

Mi stringe la mano, e poi sospira.

"Sto pensando che non so come risolvere questa situazione. Ci troviamo in un casino, loro non si fermeranno a questo." mi spiega cosa gli sta passando per la testa, e quella consapevolezza cresce anche in me.

So che ha ragione, volevo semplicemente evitare di pensarci e credere che tutto andasse bene perché stasera abbiamo rischiato di farci davvero male più volte, e invece siamo qui.

È la mia specialità: evitare i problemi. Fare finta che non esistano fino a che poi non mi piombano addosso e devo per forza affrontarli, o almeno provarci.

Tutto il contrario di Kenneth. Lui si lascia travolgere dalle situazioni prima ancora che esse accadano, torturandosi da solo continuamente.

Nessuna delle due cose va bene, ci vorrebbe una via di mezzo.

E qui nessuno che conosciamo è una fottuta via di mezzo, non conosciamo il grigio, siamo tutti o bianco o nero.

Credo però che in questo momento io debba entrare in modalità come-cazzo-risolviamo? Perché se non mi concentro anche io potrebbe finire molto male per me.

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