KENNETH

Non voglio tornare da papà, mamma.

Voglio rimanere con Alec a giocare, non voglio tornare a casa mia.

Cercavo sempre di farmi coraggio e di dirglielo alla fine, ma non ce la facevo.

Altri 5 giorni, mi ripetevo. Tra 5 giorni riposerai di nuovo.

Ma la sensazione di vuoto che mi accompagnava in auto con mia madre per tornare da Max mi mangiava vivo.

Spesso speravo di morire. È capitato per la prima volta a 5 anni e poi mi sono abituato al pensiero.

Speravo di morire nel sonno durante la notte prima di tornare, o di fare un incidente. Speravo solo che questa volta fosse un po' meno doloroso.

Speravo che magari questa settimana avrebbe pensato a me come suo figlio, come una persona a cui voler bene, e non come a uno schiavo da maltrattare.

Ma non succedeva mai.

Ero appena arrivato a casa di Max e pensavo di essere già preparato al peggio, ma la paura che mi attanagliava lo stomaco in realtà non svaniva.

Soprattutto quando lui aprì la porta, davanti a mia mamma, con quel finto sorriso felice.

Perché mi trovo qui di nuovo? Perché rivivo sempre gli eventi del passato?

Non posso rimanere nel fottuto presente e basta?

Camminavo sforzandomi, perché erano passati pochi giorni da quando mi aveva scaraventato violentemente contro lo spigolo della pediera del letto, e la mia schiena ancora ardeva per il dolore.

La babysitter di Alec, con cui passavo il tempo anche io quando nel week-end andavo a casa di mia madre, si era accorta che c'era qualcosa che non andava per niente in quei due giorni.

Non riuscivo a giocare con loro perché mi faceva troppo male la schiena, volevo solo riposare, stendermi e rimanere lì da solo per un po'.

Era strano per lei, perché solitamente mi piaceva giocare con mio fratello. Era il mio solo e unico appiglio, e poi aveva così tanti giochi, non mi era permesso averne a casa mia.

Quindi lo ha detto a mia madre, e lei stranamente se n'è interessata e ho dovuto dirle per forza che la schiena mi faceva male. Avevo mentito, avevo detto che ero caduto mentre prendevo una cosa in alto, in piedi sullo sgabello.

Era la prima cosa che mi era venuta in mente.

Max diceva sempre di non parlare.
'Un vero uomo se la cava da solo' e io lo stavo a sentire. Dovevo per forza, perché non sapevo cosa sarebbe accaduto se lui fosse venuto a sapere che mia mamma era a conoscenza di qualcosa.

Ma presto ho dovuto scoprirlo, proprio quel giorno, perché non avevo potuto tenere la bocca chiusa.

E io non raccontavo mai nulla a nessuno perché... semplicemente ero stato cresciuto così.

Sapevo che non era così che funzionava nelle altre case, sapevo che gli altri bambini erano amati dal proprio padre, e passavano tanto tempo con la loro madre.

Ma io no. Io ero stato abituato ad essere picchiato e maltrattato violentemente da mio padre, e a vedere mia madre 2 volte a settimana, e soprattutto raramente.
E a credere che me lo meritassi.

Non sapevo neanche perché, io me lo meritavo e basta. Potevo anche fare tutto ciò che mi veniva detto, ma mi meritavo comunque almeno uno schiaffo dritto in faccia ogni giorno perché gli servivo a questo, perché ero una sua valvola di sfogo, e perché dovevo 'imparare a sopportare per diventare uomo'.

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