Capitolo 16: Sotto accusa

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capitolo 16:

La mattina si presenta grigia, e il cielo sopra il mio paesino sembra riflettere il mio stato d'animo. Prendo il cellulare per controllare le notifiche e, mentre scorro il feed di Instagram, le immagini di Davide saltano all'occhio come un fulmine a ciel sereno. È in Francia, sorridente, circondato da ragazzi e ragazze. Il paesaggio affascinante sullo sfondo non fa che accentuare il contrasto con il mio piccolo mondo.

Mi sento colpita da un'ondata di tristezza. Davide ha sempre sognato di viaggiare e vivere avventure, ma sapere che lo sta facendo senza di me è come un pugno nello stomaco. La sua vita sembra così lontana dalla mia; il mondo che lo circonda è pieno di opportunità, mentre io mi sento intrappolata nella mia quotidianità.

"Sei bellissimo," commento sotto una delle foto, nonostante il mio cuore si strappi nel farlo

In questi momenti, mi ricordo del nostro tempo insieme e di quanto fosse speciale. Ma la realtà è che non possiamo sempre essere insieme, e questo mi fa male.

Arriviamo al festival, e l'atmosfera è vibrante. Le luci brillanti delle giostre illuminano il viso di Isabel, che corre tra le bancarelle. Mentre la seguo, un misto di emozione e nostalgia mi assale. Vorrei potermi godere questo momento con Davide, e invece mi ritrovo a pensare a quanto mi manchi.

Poco dopo, mi perdo nei miei pensieri mentre camminiamo tra le giostre. Improvvisamente, una folla si raduna intorno a un palco. Siamo in prima fila per assistere a uno spettacolo di artisti di strada. L'atmosfera è contagiosa, e per un attimo riesco a dimenticare la tristezza.

Isabel si avvicina a me, il suo viso illuminato da un sorriso come sempre. "Guarda, Noemi! Posso andare sulla giostra!" mi dice, saltellando.

"Certo, piccola," le rispondo, cercando di essere presente. La guardo divertirsi e mi sento un po' meglio, ma la nostalgia per Davide continua a farmi compagnia.

Mentre ci dirigiamo verso la giostra, all'improvviso, un gruppo di ragazzi inizia a litigare vicino a noi. Le voci si alzano e la situazione si fa tesa. Uno di loro, un ragazzo con un berretto, spinge un altro e quasi colpisce Isabel. Senza pensarci due volte, mi faccio avanti e afferro il braccio del ragazzo, tirandolo indietro con tutte le mie forze.

"Ehi! Non toccarla!" dico, con voce ferma e determinata, cercando di proteggere mia sorella.

Il ragazzo si gira, sorpreso dalla mia reazione, ma prima che possa dire qualcosa, la situazione degenera. Un altro ragazzo, visibilmente infuriato, si avvicina e lancia un pugno nella mia direzione. Non riesco a schivarlo in tempo e il colpo mi colpisce sul viso. Ma la mia adrenalina è alle stelle e non mi lascio intimorire.

Senza pensarci, rispondo colpendo l'aggressore con un pugno ben assestato, direttamente nel naso. Il suo grido di sorpresa mi riempie di una strana soddisfazione mentre lo vedo indietreggiare, mentre il pubblico attorno a noi sembra stupito.

"Noemi!" grida Isabel, che si fa avanti con preoccupazione, gli occhi spalancati per la paura."Noemi! Cosa hai fatto?!" urla mio padre, il suo tono è severo.

Quando arriviamo a casa, appena la porta si chiude dietro di noi, il silenzio si spezza come vetro. Mio padre, furioso, si volta verso di me e mi urla: "Noemi! Che diavolo ti è preso oggi?!" 

Mamma si avvicina, incrociando le braccia, il viso una maschera di disapprovazione: "Non è da te comportarti così! Violenza? Tu che colpisci qualcuno? Cosa stai diventando?" 

"Stavo solo difendendo Isabel," dico, con la voce che trema. Il cuore batte forte nel petto. "Non volevo che le succedesse qualcosa!"

Mia madre, incredula, ripete: "Difendere Isabel? Noemi, tu non ti muovi mai! Non fai mai nulla di fisico, sei sempre chiusa in casa! Credi di essere adulta, ma non riesci neppure a prendere parte a uno sport come tutti gli altri della tua classe." 

Mio padre scuote la testa, visibilmente esasperato: "Guarda gli altri ragazzi, Noemi. Tutti fanno qualcosa: pallavolo, calcio, corsa... e tu? Tu fai solo sci in inverno e poi niente per mesi. Ti chiudi in camera e basta. Stai ingrassando, e non ti rendi conto che gli altri sono tutti più magri, più in forma. Credi che non ce ne accorgiamo?"

Quelle parole mi colpiscono come un colpo secco. 

"Ma non è vero!" provo a difendermi, ma la mia voce suona debole, insignificante. Mio padre continua, con una risata amara: "Non è vero? Noemi, guardati. Tutti nella tua classe giocano a pallavolo, fanno ginnastica, partecipano a gare. Tu non fai niente! E poi vieni a lamentarti che non hai amici."

Mamma lo interrompe: "Noemi, non fai nulla per cambiare la situazione. Non ti alleni, non ti metti in gioco. Non sei come gli altri. Ti guardi mai allo specchio? Le altre ragazze sono attive, felici, e tu invece sei sempre qui, chiusa in camera, a mangiare e a sognare!" 

Mi mordicchio il labbro, cercando di non piangere, ma non posso fare a meno di sentirmi inadeguata. "Sto cercando di migliorare... faccio quello che posso!" riesco a dire, ma loro non ascoltano.

Mio padre, esasperato, scuote la testa: "Sei sempre la stessa storia. Non puoi continuare così. Non è abbastanza. Non stai facendo abbastanza! E oggi hai tirato un pugno a qualcuno. Dove è finita la Noemi che conoscevamo? Quella dolce, gentile... quella che giocava con Isabel e non si faceva mai notare per qualcosa di negativo?"

Mamma interviene subito, aggiungendo: "E i tuoi voti? Come pensi di riuscire nella vita così? A scuola vai male, i tuoi professori ci chiamano dicendo che sei distratta, non hai più entusiasmo. Come pensi di affrontare il futuro così?" Le lacrime iniziano a bruciarmi gli occhi, ma non voglio cedere. "Io... io sto facendo del mio meglio!" insisto, ma loro scuotono la testa, come se non avessi detto nulla.

"Se questo è il tuo meglio, allora è davvero poco," dice mio padre, la voce più calma ma ugualmente severa. "Guardati. Sei sempre in camera, e i tuoi voti peggiorano. Non hai un gruppo con cui uscire, non hai nessuno a cui importi, e noi non sappiamo più come aiutarti." Mamma riprende: "Ti abbiamo detto più volte di provare a fare uno sport. Non puoi continuare così, Noemi. Non puoi vivere chiusa in casa, senza obiettivi, senza passione."

Mi sento come se il terreno sotto di me stesse crollando. Le parole "non sei abbastanza" mi risuonano nella testa, e il dolore nel petto diventa insopportabile.

Non voglio più ascoltare quelle parole. "Devi fare di più," continua mia madre, con una voce più dolce ma ancora piena di rimproveri. "Devi cambiare, perché così stai buttando via tutto. E noi non possiamo più permetterlo."

Sento le lacrime scendere, il peso di tutte queste aspettative e accuse mi schiaccia. Non sono abbastanza. Non faccio abbastanza. Non sono come gli altri. 

Le loro parole continuano a risuonare nella mia testa. Mi lascio cadere sul letto, stringendo il cuscino mentre le lacrime continuano a scorrere. Vorrei essere diversa, vorrei essere come gli altri, ma non ci riesco. Mi sento persa, sola, in un mondo che sembra chiedere troppo da me.


l'amore-- Davide Frattesi&meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora