25-La Volpe

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(3 febbraio)

Doveva parlare con Gabriel, lui la prendeva sul serio, o con qualcuno a cui importasse davvero di quelle ragazze.

<Avevi non so, qualcuno, un fidanzato?>
Il suo volto si addolcì mentre lo sussurrava.

Cassandra scosse la testa, i lunghi capelli si spostarono verso destra, carezzandole il volto.

Nella  sua vita, vi erano solo approfittatori.
Tutti sapevano dei suoi beni.

Il denaro era stato il suo più grande avversario durante l'adolescenza.

Si accorse presto che chi la amava quando era presente, la detestava e sparlava di lei ogni qual volta gli si presentasse l'occasione giusta.

Le persone erano cattive, non tanto per natura, ma per convenzione sociale.

Il farsi belli derivava da una fortuita combinazione di simpatia maligna e furbizia nel saper cogliere le notizie più scottanti qua e là, e rivelarle poi ai più in vista.

<No>
Rispose, mettendo più in evidenza la sua negazione precedente.

La Hilbert annuì, e presa dai suoi pensieri sussurrò una cosa che Cassandra non avrebbe scordato per molto tempo.

<Mi sembra che tu fossi molto sola>

"Sola"

Prima d'allora Cass non aveva mai pensato a se stessa con questo aggettivo accanto.

Forse perché le persone c'erano, ed erano tante.

Ma come detto prima, nessuna le era veramente amica,in modo sincero.

<Forse, ma cosa c'entra questo con il Castello?
Non ho tempo da perdere, devo salvarle >
Si stava innervosendo probabilmente perché la dottoressa Hilbert stava scoprendo cose che mai avrebbe pensato di rivelare spontaneamente.

Dana si spostò sulla sedia,e battè il piede a terra un paio di volte, ragionando sulla seduta.

<Sei già stata bravissima ad arrivare a questo punto, ma hai ragione..>
Lasciò la frase in sospeso, poi, con la mano salda impugnò la penna, quasi come un'arma.

<Hai visto o sentito qualcosa di strano prima che ti rapissero?
Non so, un auto sospetta.
Delle persone nuove nel quartiere?>

Cassandra aggrottò le sopracciglia, cercando di fare mente locale.

Eppure non ricordò nulla, le persone erano sempre le stesse e si comportavano nel medesimo modo.

I suoi vicini di casa erano molto discreti, riservati , li vedeva poche volte e la maggior parte di queste durante delle feste organizzate dalla sua famiglia.

In questi brevi e saltuari spazi di tempo lei stava seduta, in disparte a leggere o ascoltare qualcosa proveniente dal suo iPod , magari del rock o heavy metal, in netto contrasto con la musica classica che aleggiava nell'atmosfera delicata e signorile.

Forse anche per questo il suo ricordo di loro appariva così offuscato.

<E quando eri là,
hai sentito che si rivolgevano a qualcuno in particolare?
Un capo, magari o che facevano qualche nome?>

Un ricordo improvviso, le tornò in mente, lo rivide quasi davanti ai suoi stessi occhi, come se non fossero passati dei mesi.

<Si>
Confermò , rabbrividendo.

<C'era un uomo, lo chiamavano con una parola russa, non ricordo bene>

Il suono che producevano gli altri quando lo chiamavano era simile ad un ronzio poi diveniva più cupo ma non ebbe mai imparato a riprodurlo.

Lo sguardo della Hilbert si animò.

<Lo hai visto in volto>

La sua risposta non potè che deluderla.

<No,lui mai , stava sempre attento a coprirsi con una strana maschera, a forma di volpe>

Quel colore accesso aveva animato molti dei suoi sogni peggiori, lì al Castello.

Era un uomo parecchio enigmatico, non amava stare al centro dell'attenzione.

Nella sala comune, ad esempio, il suo unico divertimento era guardare da lontano, e ridere.

Quell'essere amava quando le picchiavano, godeva vedendo gli altri soffrire.

L'unico momento in cui l'aveva avuto veramente vicino, e in cui era riuscita perfino a cogliere i minimi particolari della sua maschera, era stato quel pomeriggio.

Non l'avrebbe mai dimenticato.

Era tutta intenta a guardare il sole tramontare, mentre una brezza fresca, ma non come quella dei mesi
precedenti,
le carezzava la pelle e il petto, facendosi strada attraverso quel misero strato di tessuto che la copriva.

Sabrina invece, parlottava fra se e se, Cassandra non sapeva cosa dicesse quando lo faceva, ma la maggior parte delle volte erano preghiere.

Anche se Cass era atea, alcuni giorni si sedeva con lei, facendole compagnia.

In realtà non ci metteva tutta la fede del mondo ma non lo faceva per Dio, il suo unico scopo era far capire a Sabrina che non era sola.

La porta ad un punto, si era aperta, ma non c'era il ragazzo scuro normalmente addetto a condurla nelle stanze.

Piuttosto la Volpe.
Quel rosso accesso, l'aveva terrorizzata sin da subito.

Potrà sembrare strano ma i colori a volte rappresentano la persona che li indossa così tanto da restargli quasi incollati nell'anima.

L'Anima di quell'uomo non poteva che essere colma di violenza, senza ragione alcuna.

Si era avvicinato a Sabrina, i suoi occhi scuri l'avevano fissata in modo truce,segno che era parecchio arrabbiato.

Cassandra non voleva che le facesse del male, non l'avrebbe sopportato.

Così si era avvicinata all'angelo biondo, i suoi lunghi capelli chiari incorniciavano un volto già scarno, prossimo ad una malattia.

Era debole, sentiva il bisogno così intenso di doverla salvare.

Ma Cass era sola, e lui molto più alto e in forze di loro due messe insieme.

Le ha gridato di alzarsi e quando ha visto che Sabrina si teneva alla bruna come alla sua ancora di salvezza, si era chinato davanti a loro due, e aveva allungato una mano grande, almeno quanto il viso della ragazza.

Cassandra vide che l'uomo portava un anello alla mano destra, vi erano scolpiti due triangoli che si intersecavano e una serpe che nasceva da quest'unione.

Poco dopo sentì le forze venirle meno quando lui le ha preso il volto, quasi fino a spezzarglielo.

La scagliò così verso il muro come fosse un oggetto.

Il dolore sordo, non avrebbe mai potuto scordarselo , aveva quasi sentito la sua testa spaccarsi contro la pietra.

Credeva che sarebbe morta presto quando avendo alzato una mano, per tamponarsi la ferita e, avendola avvicinata al volto, aveva visto che era piena di sangue.

La Volpe si allontanò di poco e disgustato sfregò le dita della sua mano destra, facendo cadere i capelli scuri che gli erano rimasti addosso nella colluttazione.

Sabrina l'ha guardata terrorizzata.
<Scusa>
Ha sussurrato, spiacente, poco prima di andare via con lui.

Il suo tono sembrava quasi quello di un boia pentito del suo operato, arso dai sensi di colpa.

Ma lei non aveva nulla di cui scusarsi, la colpa non era sua e non lo sarebbe mai stata.

Cassandra lo sapeva, quando avrebbe rivisto quell'uomo, sarebbe stata la causa della morte di un essere umano, ma che di umano non possedeva più nulla.

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Scusate se sono stata assente ma la scuola occupa tutto il tempo che ho...

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