16-Rassicurami

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(2 Febbraio)

Con le mani tremanti e il respiro mozzato sentì  che la porta stava  per aprirsi, cigolando rumorosamente.

Le sembró la scena di uno di quei film horror tanto famosi, ma la differenza era sostanziale.
Lei, in quel momento, lo stava vivendo sulla propria pelle.

Non era un'immagine, ma la vita reale, e questo la spaventò terribilmente.

Sapeva in fin dei conti come sarebbe andata a finire, e non era giusto.
Tutta la sua vita non era giusta.

Lei era solo un errore, un'anomalia del sistema.

Era troppo, non riusciva a vedere.
Nel momento in cui chiuse gli occhi le apparirono  davanti i mesi passati al castello.

Quegli uomini, i clienti, le torture, i pianti.

Quello non si sarebbe neanche mai potuto paragonare ad un film.

La vita è la recita più crudele, e siamo noi stessi a dirigerla, nonostante sia difficile notarlo.

Ogni scelta è derivata da una conseguenza precedente , la maggior parte delle volte ad una nostra azione sbagliata.

Altre da una scelta esterna, ma che pur sempre ci  riguarda.

Gli spettatori sono delle divinità sadiche, senza compassione, la nostra disgrazia è la loro felicità.

Rivide  così ancora una volta il viso di Sabrina, e suoi grandi occhi azzurri, come il mare della sua terra.

Quasi risentì i suoi capelli fra le dita, la chioma color sole, preziosa quanto l'oro e bella quanto la libertà .

Le venne per un momento  l'impulso di arrendersi.
A cosa sarebbe servito lottare?

Da sola non li avrebbe mai sconfitti.

Strinse  le palpebre, non le lanciò andare.
Se questa era la sua fine, voleva che l'ultima immagine che vedesse fosse quella delle persone a cui teneva , non dei suoi  assassini.

Continuò  a tenere lo spazzolone, quasi come una mazza da baseball, in alto, perfino quando sentì un rumore, e la porta che si apriva.

Stava per agitarlo in aria, contro l'aggressore quando sentì qualcosa di familiare.
Un profumo, lo stesso che aleggiava indisturbato in casa.

Vaniglia, ma in dose molto più concentrata.

Un sospiro familiare dall'altra parte la spinse  ad aprire gli occhi.

Le lacrime intorpidivano  la sua  vista, ma riuscì  a scorgere quell'immagine, anche se annebbiata.

<Gabriel>
Sussurrò , riconoscente e sollevata.

Lui aggrottò le sopracciglia,  e la  squadrò arrabbiato, quasi furente.

Rimise  la pistola nella cintura e si passò  la mano fra i capelli, socchiudendo gli occhi, e respirando a fondo, come se avesse trattenuto il fiato per troppo tempo.

<Perché non mi hai risposto!
E..>
Alzò  le sopracciglia.

<E cosa credevi di fare con quello?>
Indicò  lo spazzolone fra le sue  mani.

Cass lo abbassò , l'oggetto  scivolò dalle sue  mani.

Non riusciva  a smettere di piangere.
Pensava che lo avessero ucciso, che non lo avrebbe rivisto mai più.

< credevo fossero loro >
"e credevo che tu fossi morto "

Gracchiò, guardandolo  negli occhi.

Sì avvicinó , stringendosi  il volto fra le mani, le lacrime scorrevano sulle guance, bagnando l'asciugamani e la pelle bianchissima.

Respirava ansimante, ancora sotto shock, ma  felice.

In realtà non era mai stata così felice come in quel momento, la situazione era quasi tragicomica.

Dal terrore era nato l'entusiasmo e l'attaccamento alla vita, da parte di entrambi.

Gabriel la guardò  triste, e arrivatole  vicino la abbracciò .
Cassandra non  oppose  resistenza, era  parecchio tempo che nessuno la  consolava.

Che non la giuficava .
Che non la toccava  solo per aiutarla, senza uno scopo disonesto o per non farle del male.

Il suo abbraccio era pieno di calore, di affetto, sembra quasi che capisse cosa sentiva dentro e che sapesse come aiutarla.

Con il volto sul suo petto sentiva  il cuore battere, il suo  invece sembrava quasi che fosse  congelato.

O che fosse scappato a gambe levate.

In realtà capì che era ancora lì, freddo, e ferito tra le costole, coperto da punti di sutura, cuciti a forza, senza  amore, solo per bisogno .

Non sapeva  quanto tempo fosse passato, quando sentì la mano di Gabriel scorrere tra i capelli corvini, delicatamente.

Li lisciò, fino ad arrivare al volto e seguì delicatamente  il profilo morbido della mascella,  terminò arrivato al mento.

Sembrava che si spaventasse di farle del male, perfino sfiorandola.
Temette per certi versi  che andasse in pezzi, sotto i suoi occhi.

Cassandra era un essere tanto fragile quanto complicato, era piena di amore ma non lo sapeva.

Avrebbe potuto essere forte, perché lei lo era, ma dopo tutto quello che aveva passato, semplicemente, non lo voleva più.
-
La ragazza  non mi mosse  di un millimetro.
In realtà pensò che potesse  restare così in eternità.

<Cassandra?>
Domandò lui  pianissimo.

Lei alzò lo sguardo, anche se restia.
Il suo  corpo venne  scosso da un  brivido potente quando incrociò  lo sguardo color oro scuro di Gabriel e le iridi verdi simili alla giada.

Sarebbero state anche loro simbolo di ricchezza e amore?

Gabriel fece un lungo sospiro, le baciò la fronte.

Le sue labbra erano  morbide, e tenere, eppure riuscì  in quel momento in cui toccarono la mia pelle a sentire quanto tremavano.

"Perché è così agitato?"
Sì domandò  Cassandra.

L'agente non lo dava  a vedere ma era  molto preoccupato per lei, e nel momento in cui l'aveva  vista in quello stato, durante una crisi di pianto, impaurita e indifesa si era sentito totalmente impotente.

Come se non potesse fare nulla.

Era  stata una sensazione nuova per Gabriel.

Era sempre riuscito ad aiutare le persone, in un modo nell'altro e voleva sempre il meglio per chi non era stato fortunato nella vita.

Quasi fosse un angelo piombato nella loro vita per sconvolgerla in meglio.

Strinse ancora a se la ragazza, mentre lei continuò ad annusare, rapita, l'odore che aveva sempre amato e che da mesi aveva perduto.

Gabriel la lasciò delicatamente qualche minuto dopo , ma senza separarsi del tutto.
La guardò in volto, rivolgendole un sorriso rassicurante.

<Vieni, ho comprato dei hamburger , spero che ti piacciano>
Disse, comprensivo.

Cassandra si asciugò le lacrime con il palmo della mano e annuì.

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