40-Sentimenti inopportuni

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(4 febbraio)

<Lo  so ma io non posso vivere in questo modo, appena chiudo gli occhi, prima di dormire vedo i loro volti, delle ragazze, le immagino rinchiuse, trattate come animali...>

Cass si fermò, aveva raggiunto il suo punto di rottura, le era servito parlare ma aveva anche capito che il problema principale risiedeva nel suo risentimento.

Chloe invece non rispose questa volta, si limitò a fissare Cass dritto negli occhi, che le sembrarono così complicati, quasi nascondessero mille arcani al loro interno.

<Perché tutti mi chiedono come fosse la mia vita prima?
Come se fossi morta, e poi rinata.
Perché nessuno pensa al presente?>
Pensò Cassandra a voce alta, era veramente esausta di dover spiegare che la sua vita fosse semplicemente cambiata.

Chloe  abbassò lo sguardo, intriso di dubbi.

<Immagino che chiunque te lo abbia chiesto, avesse voluto  solo sapere cosa fare per farti stare meglio, per metterti a tuo agio e per conoscerti meglio >

Cass annuì abbastanza soddisfatta dalla risposta.
Forse aveva ragione Chloe e il mondo non era poi così brutto, forse tutti coloro che la stavano ferendo da quando era scappata lo facevano solo per il suo bene.

Eppure che strana cosa, ferire una persona per recarle un beneficio finale.

<Ma ora sono qui, non ha importanza pensare al passato >
Riflettè ancora, mentre un croissant caldo fumante le veniva offerto davanti agli occhi, ma non pensò minimamente a mangiarlo, il suo stomaco sembrava esser stato chiuso ermeticamente dall'interno.

<Hai ragione, devi vivere il presente, e avere la tua vita da ?>
L'agente Tremblant le fece l'occhiolino, una ciocca di capelli le si spostò sulla fronte incontrando le labbra rosse e carnose, l'ombretto le fece brillare lo sguardo.

Chloe era una bellissima donna, aveva preso il carattere dal padre, così dedito alla giustizia, la bellezza invece dalla madre, ma ciò che più le persone ammiravano, cioè i suoi grandi occhi verdi, erano opera della nonna.

Alla quale lei era particolarmente legata, non riusciva sempre ad andare a trovarla a causa del suo lavoro che la teneva sempre occupata, ma una volta al mese per almeno un fine settimana si dedicava alla persona più dolce che esistesse nella sua vita.

Cass si guardò le mani, erano coperte di lividi, fortunatamente non sanguinolenti, le ferite più profonde invece, quelle causate dal freddo, erano scomparse quasi del tutto.

Lei stava guarendo, come se tutti quei mesi fossero stati una brutta malattia, o anche un'occasione per cambiare in meglio la sua vita.

In fin dei conti da ogni male può nascere un bene.
< ventidue a Marzo >rispose.

Chloe Tremblay stava per rivolgerle un'altra domanda  quando  le squillò il telefono per segnalare  un messaggio.

Cassandra potè vedere che era comparso un cuoricino sullo schermo.

Allora si alzò immediatamente  e  si mise  a guardare il panorama qualche metro più avanti dalla vetrata che lasciava scoperta davanti a lei una distesa di palazzi e strade verdeggianti.

Chloe arrossì per il gesto di Cassandra, che nonostante non avesse avuto  questa intenzione la mise a disagio .

L'agente Tremblay si scusò, alzandosi e andando verso di lei.

Cass negò con la testa, sorridendo.
<Non ti devi assolutamente scusare, anzi come mi hai detto devo vivere la mia vita, non sei costretta a stare qui con me se non vuoi, ed in realtà sono un po' noiosa e ripetitiva, quindi...>
Stava per terminare la frase quando la precedette Chloe.

<Invece mi sembri tanto una brava ragazza, e non lo dico per quello che hai passato, ma piuttosto perché invece che pensare a te stessa>

Scosse  la testa, sapendo che quello che stava dicendo era la cosa più vera e manifesta che si potesse dite su Cassandra Roy.

<Pensi a tutti tranne che a te, non credo di aver mai incontrato una persona come te in realtà, sono tutti così materialisti>
Strinse lo sguardo e si fermò ad osservare un camioncino dei gelati  che si costeggiò la strada, dei bambini si fiondarono immediatamente su di esso, ancora prima che l'addetto riuscisse ad alzare la saracinesca.

Questo la fece sorridere, le ricordò della sua infanzia, di tutte le volte che il padre portava lei e sua sorella a gustare il gelato più buono del Kentucky.

<Anche lui?>

Chloe  la guardò arricciando le sopracciglia, poi capì

<No, è solo un amico, ma mi piacerebbe avere una compagnia ... >
Precisò, ma si bloccò per cercare un paragone adatto.

<Come Gabriel lo è per te>
Cassandra sentì guance andare a fuoco.

<e per tutti, sai siete molto simili, entrambi determinati>

Terminò Chloe per non farla sentire a disagio, non sapeva se Gabriel provasse qualcosa che andava oltre la normale pena per lei, ma se avesse dovuto scommettere avrebbe puntato un bel po' di soldi su un sentimento amoroso del collega.

<Lui è normale, equilibrato, io no >
Eppure lui non lo era, lo dimostrava, nessuno è perfetto, normale ed equilibrato, specialmente un'agente dell' FBI.

<Ci vorrà del tempo ma anche tu avrai una vita un giorno, e anche se non sarà mai completamente normale, potresti andarci vicina>

Cassandra sorrise a quell'affermazione e pensò di rivelare a Chloe quel pensiero ossessivo, il voler diventare anche lei un'agente, magari non all'interno dell'FBI, ma la sostanza era quella.

Poi scosse la testa e rispose distogliendo lo sguardo dal panorama.

<Lo spero tanto >

<Ora dobbiamo andare, potrebbero preoccuparsi>
La incitò Chloe con una certa premura nella voce.

<Perché ? Non possono farci nulla all'interno del bureau>
Era stranita da quella reazione, da quel timore, sembrava che tutti la dentro fossero certi della propria sicurezza.

Lei socchiude gli occhi, e le rivelò i suoi dubbi.

<Non ne sarei così sicura in realtà, i sistemi di sicurezza sono avanzati ma non completamente intoccabili , basta avere delle idee più geniali del solito per infiltrarti qua dentro >

Cassandra colse il doppio senso, sapeva benissimo che le idee geniali potevano venire  facilmente a qualcuno che la volesse morta.

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