Capitolo 25

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Non sapevo precisamente da quanto tempo ero accasciata a terra.
Sembrava essersi fermato tutto nel momento in cui lei era entrata da quella porta e aveva pronunciato quella frase.
"Lui non ce l'ha fatta."
"Non stava bene."
Quelle parole continuavano a rimbombarmi nella testa, ripetendosi all'infinito.
Era come se dentro fossi morta.
Sentivo il mio cellulare suonare ogni tanto, il rumore delle macchine dalla finestra, mia madre che entrava in camera e mi parlava.
Ma io non sentivo niente.
Nulla di nulla.
Come fa una persona che stava bene due ore prima ad andarsene cosí?
"Lui non stava bene."
Il telefono squillò di nuovo, al che, lo presi e lo lanciai contro il muro.
Guardai fuori dalla finestra.
Era buio e aveva cominciato a piovere.
Bussarono alla porta per l'ennesima volta.
«Jennifer, tesoro.» mi richiamò mia madre.
Continuai a fissare il vuoto.
«Jen, c'è qualcuno per te.»
Non volevo vedere nessuno, ma non riuscivo nemmeno a reagire per rispondergli.
Continuai a fissare davanti a me.
Avvicinai le ginocchia al mio petto circondandole con le braccia.
Vidi con la coda dell'occhio la figura di mia madre che si allontanava dalla porta e lasciava spazio ad un altra che si avvicinava a me lentamente.
Non parlò. Non mi buttò un 'mi dispiace' per educazione.
Avvolse solo le braccia intorno al mio corpo esile rannicchiato.
Restammo abbracciati per un tempo infinito.
«Justin...» sussurrai flebilmente riconoscendo il suo odore leggero.
«Dimmi Jen.» mi rispose con voce premurosa.
«Non se lo meritava. Lui non se lo meritava.»
«Lo so piccola, lo so.» mi disse stringendomi piú forte.
Sentimmo bussare di nuovo alla porta.
«Vi ho portato qualcosa da mangiare.»
Sentii la voce di mia madre come ovattata.
Justin si avvicinò a lei aiutandola a posare il vassoio sul comodino.
«Ti prego, falle mangiare qualcosa.»
La sentí sussurrare mentre usciva.
Si avvicinò a me con cautela.
«Jen?» mi richiamò spostandomi dietro l'orecchio una ciocca di capelli che si era posata sul mio viso.
«Ci spostiamo a letto?»
Alzai le spalle.
Posizionò le sue mani sotto le mie ginocchia e le mie spalle, tirandomi su con cura e appoggiandomi sul letto.
Avevo un buco nello stomaco, non avevo fame, il dolore mi stava lacerando.
«Resta con me stanotte, ti prego

Stone Cold || Justin Bieber (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora