Capitolo 58

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«Irene?» chiese lui confuso.
«Aspetta non sento bene, sono con Jen, ti metto in vivavoce.»
«Ciao Jen.» disse lei dall'altro capo.
«Justin... Devo dirti una cosa.»
«Mi fai preoccupare così.»
«Non è niente di preoccupante, anzi, è una cosa bella.»
«Sei incinta?»
«Che cazzo dici, no! Prima, quando te ne sei andato abbiamo ricevuto una chiamata...»
«E?» disse lui ormai spazientito.
«Papà ha detto che vorrebbe venire a trovarci e chiacchierare un po' con noi durante il weekend.» bisbigliò quasi.
Justin sospirò pesantemente.
Gli strinsi forte la mano.
«Sei arrabbiato?»
«No Irene, mi da solo fastidio ciò che sta facendo. Perché dovrebbe rifarsi vivo proprio adesso?»
«Non lo so ma io sento che devo dargli una possibilità.»
«Okay, fai quel che vuoi.»
«Ma tu ci sarai?»
«Non lo so Irene, non credo.»
«Justin ti prego, potresti almeno provarci? Fallo per me.»
«Non so se posso Irene, davvero.»
«Vaffanculo! Sei uno stronzo, non vuoi neppure fare un tentativo!» disse staccando la chiamata arrabbiata.
Lui restò immobile qualche attimo come per attutire il colpo.
Mi avvicinai a lui e lo abbracciai.
Restammo così per un po'.
«Hai voglia di parlarne?» gli chiesi accarezzandogli la schiena.
Scossó la testa.
«Va bene.» gli risposi capendo.
Allungò il braccio e prese la seconda birra per poi passarmi l'altra.
Dopo un po' parlò.
«Non capisco perché insista tanto con questa cosa. Già non approvo il fatto che passi sopra a tutto così, perché dovrei presentarmi anche?»
«Forse ha bisogno di qualcuno che le stia vicino durante questa cosa. Jus, conta che tu sei la sua figura maschile di riferimento... » dissi disegnando con il dito piccoli semicerchi sul dorso della sua mano.
«Probabilmente hai ragione ma non credo che potrei riuscire a guardarlo senza sputargli in faccia.»
«Magari puoi fare uno sforzo... Fallo per lei.»
«Jen vieni con me.» disse all'improvviso.
«Come?» chiesi confusa.
«Resta da me questo weekend. Ho bisogno di averti al mio fianco.»
«Non lo so... Mi sentirei il terzo in comodo.»
«No, al massimo lo sarebbe lui. Noi non siamo una famiglia.»
«Ti prego...» sussurrò.
«Va bene. Ma adesso non parliamone più.» dissi baciandolo.
Mi alzai per chiudere la porta a chiave per sicurezza.
«Sono preoccupato per Irene. Addirittura si "frequenta" con un ragazzo adesso.» disse mimando le virgolette con le dita.
«Devi capire che però deve fare anche le sue esperienze.»
«Jen io cerco di proteggerla. Le persone sanno essere davvero cattive.»
«Hai anche ragione ma non puoi tenerla sotto una campana di vetro. Dovrà sperimentare lei cosa vuol dire.»
«Lo so, ma non voglio neanche pensare all'idea che qualcuno possa farla soffrire, perché gli spezzerei tutte le ossa, tantomeno se dovesse essere quello stronzo di mio padre.»
«Non pensiamoci più dai. Potrebbe essere che magari ha buone intenzioni. Vedremo.»
Mi diede un bacio sulla fronte per poi abbracciarmi.
«La mia piccola.» sussurrò nel mio orecchio.
Sorrisi felice.
Mi sentivo finalmente amata.
Restammo lì per un po', come in stato di trance quando lo vidi alzarsi.
«Che fai?» gli chiesi.
«Boh, volevo frugare un po' nelle tue cose.»
«Fai pure.» dissi ridendo, portandomi poi le ginocchia al petto.
Girovagava con lo sguardo curioso.
Vidi che era di spalle concentrato su qualcosa che prese poi in mano.
Si girò di scatto e mi fece una foto per poi mostrarmela.
«Quindi è questa la tua espressione quando mi guardi?»
Arrossii imbarazzata.
«Smettila dai.»
Gli presi la fotocamera di mano e gli scattai una foto cogliendolo di sorpresa.
«Guarda come sei venuto bene. Potresti assumermi come tua fotografa personale.»
«Ma hai già scattato foto vero? Professionalmente intendo.» aggiunsi.
Annuì solo.
«Si vede.»
«Da cosa lo avresti capito?»
Sorrise beffardo.
«Mi sei sembrato molto tranquillo a scattare foto, come se ti fosse tutto familiare.» dissi alzando le spalle.
Si avvicinò a me lentamente.
«Noti sempre i dettagli.»
Mi accarezzò leggero la guancia con il pollice.
Passò qualche secondo.
«Posa per me.» disse ad un tratto riprendendo la macchina fotografica.
«Assolutamente no.»
«Dai! Perché?»
«Mi sentirei in imbarazzo.»
«Dai, siamo solo noi. Tu e la fotocamera.» disse scattandomi un'altra foto a tradimento.
«Non mi sentirei a mio agio. E poi faccio schifo.» dissi indicando il mio abbigliamento.
«Zitta, sei stupenda lo stesso.» disse lasciandomi un bacio a stampo.
Mi fece un altra foto.
In pochi minuti mi ritrovai a mio agio e tranquilla.
«Basta non ce la faccio più a stare da questa parte. Mi concederò il lusso di fermarmi.»
Appoggiò la macchinetta sulla scrivania e si buttò a letto.
«Non guardarmi così.» dissi ridendo.
«Cosí come?»
«Non lo so, come se...» mi fermai non trovando le parole adatte.
«Come se fossi preziosa? Perché non posso farne altrimenti.»
Arrossii come ogni volta che mi faceva un complimento e lo baciai.
«Would you please have mercy, mercy on my heart...» gli canticchiai piano all'orecchio.
Scesi lungo la mascella lasciandogli piccoli baci lungo il percorso.
«Mio mio mio.» gli sussurrai piano accoccolandomi sul suo petto stanca.

Stone Cold || Justin Bieber (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora