Capitolo 42

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Avevamo passato la notte abbracciati a parlare di progetti e del futuro, senza pensare al resto. Eravamo solo noi, come dentro una bolla di sapone, soli con l'effetto della marijuana in circolo e gli occhi rossi anche per la stanchezza.
«Ci pensi mai a cosa c'è dopo la morte?» mi chiese mentre il suo pollice scorreva lungo il mio braccio provocandomi dei brividi lungo tutta la spina dorsale.
Restai in silenzio qualche secondo, riflettendo.
Avevo pensato spesso alla morte.
Era qualcosa che mi spaventava ma allo stesso tempo mi attraeva da morire.
Mi attraeva l'ingnoto attorno ad essa, il mistero del non sapere.
«Penso che si cada in un abisso nero, senza fine e che la nostra mente continui ad essere viva per sempre, destinata a restare in un monotono oblio.» dissi fissando il soffitto illuminato dalla fioca luce della lampada sul comodino, che formava grandi ombre scure in contrasto.
«Tu cosa ne pensi?» chiesi fissandolo negli occhi, circondati da minuscole vene rosse che erano in netto contrasto con le sue iridi color nocciola.
«Non lo so, so solo che non mi spaventa, ma mi incuriosisce.
Insomma, tutti almeno una volta nella vita si sono chiesti che cosa si nasconda dietro la morte.
Perché alla fine cos'è la morte, il silenzio del battito o dell'anima?»
Guardai il ragazzo al mio fianco, letteralmente assorbita dalle sue parole e dai mille ragionamenti dietro a esse.
Mi piaceva ascoltarlo parlare, vedere le cose dal suo punto di vista. Avrei potuto farlo per ore.
A prima vista non sembrava ma conoscendolo era un ragazzo profondo e pieno di domande da porre alla vita.
Mi chiesi da chi avesse imparato ad essere così, chi fosse la sua figura di riferimento.
Pensai a suo padre, che ancora non avevo conosciuto, se gli somigliasse.
Non volevo fare domande scomode perciò mi limitai a tacere.
Accarezzai il ciondolo che si posava nell'incavo del mio collo, sovrappensiero.
Lui sembrò attirato da questo gesto è si avvicinò fino a sfiorarlo con il naso, poi con le labbra, che posò dolcemente sulla mia pelle bollente.
Gli accarezzai i capelli abbassando la testa fino ad unire le nostre labbra in un bacio dolce.
Mi voltai verso il balcone, cominciando ad intravedere le luci farsi più calde e l'alba cominciare a uscire dal suo nascondiglio notturno.
Lo presi per mano alzandomi.
«Che fai?» mi chiese senza ricevere alcuna risposta.
Aprí la porta finestra sedendomi direttamente sui mattoni freddi, portandomi le gambe al petto.
Si sedette al mio fianco e restammo lì, presenti a quello spettacolo che non tutti potevano ammirare.

Stone Cold || Justin Bieber (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora