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Dopo una sfrenata corsa contro il tempo arrivo sotto casa, affannata per il caldo, ma con il cuore in gola per un altro motivo. Il concerto. Guardo l’orologio: sono precisamente le sei. Papà è già arrivato e non deduco questo solo dall'auto parcheggiata, ma dalla musica che proviene dal nostro piano. Non so ancora se raccontare tutta questa storia ai miei genitori o meno, ma decido di sedermi un attimo sul muretto di mattoni cotti dal sole per riprendere fiato e cercare di assumere un’aria normale, indifferente. Alle mie spalle la piccola siepe circondata da un’aiuola in fiore mi consente di appoggiare comodamente la schiena. Apro il magazine e comincio a sfogliarlo freneticamente fino a quando, più o meno a metà, non trovo l’articolo. Mi ero ripromessa di non cominciare a leggerlo fino a quando non fossi tornata a casa, ma dopo una scoperta del genere non posso aspettare un secondo di più! L’articolo di giornale è molto lungo, circa cinque pagine, ed è accompagnato da un’enorme e  bellissima foto di Michael. Sento una strana fitta allo stomaco quando leggo che ha cominciato il Bad World Tour da poco, praticamente subito dopo la pubblicazione dell’album, il 12 settembre del 1987 a Tokyo. Se l’avessi saputo prima avrei già calcolato che sarebbe venuto in posti molto più vicini a Roma, ma una notizia del genere così improvvisa mi fa perdere il controllo perché probabilmente tra qualche settimana sarebbe stato già troppo tardi. Salto alcune parti e vado diretta ai punti salienti: posto, data, ora, biglietti e tutto il resto… Mano a mano che leggo sento il fiato morirmi in gola e gli occhi che stanno per uscire dalle orbite. Michael terrà un concerto a Londra!!! Ancora non riesco a crederci! Avrò l’opportunità di vedere il mio idolo, di fargli sapere che anche io sono lì, in mezzo a quel mare di fans, che anche io stavolta sarò una luce nel buio che è lì per sostenerlo e gridargli un “I love you!”, potrò sentire la sua voce dal vivo, cantare insieme agli altri, essere in quello stadio provando l’adrenalina di aspettare LUI in persona… Mio Dio! Ci devo essere. Questo è il mio primo pensiero. Ma poi ce ne sono tanti altri. Già una volta avevo accennato ai miei di un concerto, ma avevano detto che i biglietti costavano troppo e che c’è sempre talmente tanta gente che il caldo ti può soffocare. E poi c’era il problema che loro erano a lavoro, nessuno poteva accompagnarmi. Quindi era di sicuro un categorico “NO”.  L’articolo dice chiaramente che, dalla quantità di biglietti venduti, si contano già circa 70.000 persone e che il numero delle vendite continuerà a crescere. Alla fine si raccomandano di affrettarsi a comprare i biglietti perché è stato quasi raggiunto il SOLD OUT. Ed ecco qua che la felicità si trasforma subito in tristezza. Come faccio a prendere i biglietti senza il consenso dei miei genitori? Costeranno davvero molto. Chi mi accompagnerà se loro sono a lavoro? E ammesso che riuscissi a prendere i biglietti, poi come ci arrivo a Londra? Mi sento costretta a dirglielo. Ma non stasera. 16 Luglio. Questa è la data che descrive “L’evento dell’anno che rivoluzionerà la musica pop” e fino ad allora dovrò fare tutto il possibile per arrivare al Wembley Stadium.

Tiro un respiro e apro la porta, fingendo di aver trascorso una comunissima giornata con la mia amica Alessandra, aggiungendo la felicità per aver comprato il nuovo numero del magazine, ma senza esagerare troppo.
-Papà!– gli corro incontro e lo abbraccio forte. –Scusa se ho fatto un po’ di ritardo.
Lui è seduto come sempre sul divano in sala, gli occhi chiusi ad ascoltare la musica che viene da due grandi casse posate sul pavimento e il giradischi che fa vorticare velocemente un vinile. Mi siedo accanto a lui e aspetto che le sue braccia mi si avvolgano attorno alla schiena. Gli lascio un bacio sulla guancia.
–Non ti preoccupare, sono tornato da poco. Dove sei stata di bello? Cos’hai in mano?
Mi fa quell’ultima domanda con la risposta già in mente, perché ormai ogni volta che ho un giornale tra le mani è il mensile di Michael, lo sa tutta Roma! Glielo mostro un po’ alla lontana e scorro le pagine in modo da far cadere l'attenzione tutta sulle foto. Quando lo chiudo si mette a ridere. Mi dirigo in cucina e saluto anche mia madre con un bacio, sventolandole la rivista sotto il naso.
Grido: -Mia!– e corro in camera per sistemare anche questo gioiello insieme agli altri. Questa sera la dedicherò completamente alla lettura. Ritorno in cucina e dò una mano a mia madre a preparare la cena, ma l’idea del concerto rimane sempre a galleggiare a mezz’aria come un punto fisso, proprio davanti a me, provocatoria, e non riesco a pensare ad altro. Spero solo di non dare troppo nell’occhio…

La serata si svolge regolarmente tra cena in famiglia, musica di mio padre a tutto volume e un po’ di conversazione su come ognuno di noi ha trascorso la giornata. Io rimango sempre molto sul vago ma, al contrario, divento molto dettagliata quando si tratta dell’incontro con la piccola Gaia e la gioia che mi ha regalato con ogni suo singolo gesto. Entrambi ammiccano ad un sorriso dato che ho da sempre provato questo folle amore per i bambini, ma non so… questa volta è stato diverso. Gaia, senza sapere chi fossi, mi ha fatto diventare parte della sua vita, si è lasciata conoscere e mi ha trasformato in una specie di amica, seppur per pochi minuti. Davanti a me c’è ancora il suo corpicino e quelle guanciotte olivastre contratte in un sorriso.
Ho già letto molte interessantissime pagine del magazine, ma mi sono dovuta fermare altrimenti l’avrei divorato tutto in una sera. Tra un sorso e un altro di buon latte, comincio a scrivere il finale del mio capitolo 3 su un piccolo quadernino dalla copertina lucida colorata. Ci sto mettendo tutta me stessa, ho la storia proprio in testa, ma insieme a quello c’è anche l’articolo di giornale, Michael, il concerto e tutto il resto. Ho troppi pensieri per la testa, è difficile scrivere in questo modo. Sbuffo e chiudo con un rumore secco il quaderno. Finirò il capitolo un’altra sera, con più tranquillità. Bevo l’ultimo sorso di latte e mi rimbocco le coperte. Come al solito c’è sempre qualcosa che intralcia i sogni. Si materializzano davanti a te, sono così reali, già ti immagini cosa succederà e… svaniscono in un secondo. Mi immagino al concerto, insieme a milioni di fans, la mia seconda famiglia, forse qualcuno che viene da Roma proprio come me! Urliamo di gioia all’unisono, la tensione sale, l’aria piena di magia, poi finalmente compare lui, l’idolo sognato al mio fianco così tante volte, lo vedo ballare davanti a me con così tanta chiarezza nonostante il mare di persone... Tra i mille pensieri mi giro, mi rigiro… che succede! C’è silenzio; solo i miei genitori che stanno chiacchierando in soggiorno come tutte le sere. Perché non riesco a prendere sonno? Allungo il braccio e afferro le cuffie. Magari ascoltando un po’ di musica a basso volume mi addormento. E’ come una dolce ninna nanna, ma… non funziona. La voce di Michael nelle orecchie mi fa pensare al concerto, questa non è la soluzione! Ho un altro rimedio. Afferro un libro dalla libreria e incomincio a leggere. Finalmente arriva uno sbadiglio. Adesso devo smettere di pensare però. Come si fa? Aiuto!!!!!!!!
Ormai in casa non si sente più neanche il chiacchiericcio dei miei. All’improvviso dei passi che vengono dal soggiorno. Nascondo il libro sotto le coperte, spengo la lampada sul comodino e mi giro su un fianco chiudendo gli occhi, appena in tempo per sentire un bacio dei miei genitori e la mano di mia madre che mi accarezza la guancia. Anche dopo che hanno lasciato la mia stanza, rimango lì, immobile nel letto e solo dopo non so quanto tempo riapro gli occhi. Tutti dormono. Guardo l’orario… Cavolo, si sono fatte le due. La luce della luna filtra attraverso la finestra e il suo pallore dà un tocco di magia all’aria della notte. Tristemente mi accorgo che a causa delle nuvole non c’è neanche una stella da contemplare nel mio campo visivo. Il mio cuscino con le foto di Michael giace sdraiato su un fianco; lo raddrizzo e mormoro, come se stessi parlando con lui: “Ma tu guarda che giornata!” Ho deciso. Tanto nessuno mi sentirà. Infilo un giacchettino ed esco, giusto per prendere una boccata d’aria, e domani mattina comincerà una giornata come le altre.

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