-Claudia, tesoro, svegliati! Sono già le dieci e mezza. Fino a che ora hai intenzione di dormire?
Dalla cucina non viene solo il buon odore della colazione, ma anche la voce un po’ ironica e spazientita di mia madre. Io, però, ho l’attenzione concentrata su tutt’altro.
“Wow, che sogno ho fatto stanotte! Sembrava così vero” penso.
Mi sfrego gli occhi con le mani, cercando di eliminare le tracce di sonno.
–Eccomi, sto arrivando!– grido.
Non ho neanche il tempo di muovermi che mi raggiunge nuovamente la voce che mi ha svegliata, accompagnata da una sgridata che però si rivela insolitamente interessante: -Clà, quante volte ti ho detto che il giacchetto lo devi mettere sull’attaccapanni? No! Me lo devi lasciare ammucchiato così sopra la panca.
Balzo giù dal letto come una furia, trascino a fatica il corpo intorpidito, corro il più velocemente possibile e afferro il giacchetto prima che lo faccia mia madre.
-Hai ragione, mamma… Scusa, mi dispiace tantissimo, ti prometto che non lo farò più! Grazie mille– faccio per tornare in camera. –Oh, a proposito… Buongiorno!- e corro via.
Non mi sono mai scusata con lei per queste cose, di solito mi limito a sbuffare e controbattere. Non sono mai riuscita a passare sopra il suo ordine maniacale. Sorpasso il bagno e… un momento! Come mai le mie scarpe sono bagnate? E se fosse… No. Impossibile. Sento che questo risveglio si sta rivelando insolitamente traumatico.
Okay, qui c’è qualcosa che non va! Le scarpe bagnate, il giacchetto che non è appeso… Non è possibile, perché mi ricordo benissimo che l’ultima volta che l’ho usato mi ha sgridato come ora e io l’ho appeso all’attaccapanni… E se tutto quello che mi è successo ieri notte fosse stata pura realtà? Le uniche prove REALI sarebbero quei pezzi di carta. Chiudo la porta e allungo la mano verso la tasca, ma lentamente, come se fosse stregata. Forse perché è stata una serata talmente bella che ho paura si riveli uno dei miei soliti sogni, anche se questo era molto più bello degli altri… Ormai ci ho fatto l’abitudine, mi capita quasi sempre di scoprire che ciò che credevo realtà era solo un sogno! E allora perché più la mano si avvicina e più mi viene il batticuore? Le mie dita sono arrivate all’interno della tasca sinistra, ma dopo aver scavato a fondo non trovo niente. Provo nella tasca destra. C’è qualcosa! Estraggo con cautela la carta e… un bigliettino dei Baci Perugina? Che scherzo è questo? Ma sotto si cela qualcosa di ben più importante. Due strani biglietti di cartoncino bianco, pieni di scritte. All’occhio però salta subito una gigantesca e strepitosa scritta: MICHAEL JACKSON. Leggendo le scritte accanto a quel nome capisco subito che si tratta di…
I BIGLIETTI PER IL CONCERTO DI MICHAEL!!!!!!
Oh mio Dio non ci posso credere! E se stessi ancora sognando? In questo caso non svegliatemi più! Corro in bagno con i biglietti ancora nella mano. Il cuore mi sta battendo talmente forte che ormai mi è arrivato quasi in gola e un dolore mi opprime il petto, impedendomi di respirare. Vorrei urlare di gioia, gridare, esultare, ma non devo attirare l’attenzione dei miei genitori in nessun modo. Nello specchio vedo una figura che non sembra affatto io. Capelli scompigliati e legati in quella che una volta doveva essere una coda, il viso rosso e le pupille dilatate almeno il triplo del normale. Non può essere successo tutto questo PROPRIO A ME! Riguardo i biglietti, me li rigiro tra le mani come se fossero d’oro. Ho gli occhi lucidi, li sento pizzicare e la vista si appanna, finché non cominciano a scendermi una, due lacrime che mi rigano il viso, ma sono lacrime di gioia, lacrime di ciò che un tempo sembrava irraggiungibile. Rivedo i miei sogni di tutta una vita scorrere veloci come un film.
Penso che se mi dò una sciacquata al viso mia madre non noterà l’eccitazione, ma il rosso non si toglie. Sembra quasi che durante la notte mi abbiano colorato il viso con un pennarello indelebile. Come si fa a cancellare l’emozione del sogno di tutta una vita? Ancora chiusa a chiave in bagno, inizio a pensare alle possibili conseguenze se i miei genitori scoprissero questa cosa: “Vado in cucina, mia madre mi chiede cosa è successo, le rispondo che non è successo niente, mi squadra dalla testa ai piedi, sono costretta a raccontarle una bugia, non mi crede; con qualche insidiosa tortura (o semplicemente per i sensi di colpa che affiorano) sono costretta a confessare…”
Risultato 1: si arrabbia perché sono uscita da sola di notte.
Risultato 2: si arrabbia perché ho chiacchierato con uno sconosciuto, rivelandogli anche il mio nome (ma questo dettaglio non sono costretta a confessarlo).
Risultato 3 (anche se è il meno importante di tutti): si arrabbia perché ho preso una cosa che non era mia…
Sul terzo punto rimango per un attimo perplessa. Sembrava che quello straniero così gentile non avesse lasciato quei biglietti per caso, ma forse è solo una mia stupida impressione… Sembrava che mi capisse, come per magia, sologuardandomi negli occhi. Ne sento quasi la mancanza. E’ strano… Incontrare quella persona mi ha procurato tante gioie quanti problemi. Ma poi perché due? Se me l’avesse voluti lasciare apposta, perché due e non uno? Li riguardo di nuovo e, istintivamente, comincio a saltare. Troppa gioia non può contenersi per lungo tempo, prima o poi deve uscire! Sì, sì, che bello! Oddio! Non posso crederci! Li ho tra le mani. Cosa mi importa se ce n’è uno in più? Sono MIEI.
Mi sdraio sul pavimento freddo, immobile, e con la testa entro in un’altra dimensione, immaginandomi già al concerto, che urlo, canto e chiamo il nome “Michael!” insieme agli altri fans. Poi le guardie del corpo mi prendono e mi portano sul palco, io lo abbraccio e… Okay, sto lavorando troppo di fantasia. Tra tante persone non sarò di certo io ad abbracciarlo; ma se mi è successo questo, non si sa mai… No, impossibile! Ho la mente nel più totale caos. Che cosa devo fare ora? Non ho mai mentito ai miei genitori. Mi sento male, divisa a metà, con uno strappo proprio all’altezza del cuore. Rileggo un’altra volta tutte le scritte che coprono quel pezzo di carta bianco, prima velocemente e poi soffermandomi su ogni singola lettera, e infine ripeto la procedura con l’altro biglietto, anche se è identico al primo, come se in quelle scritte potessi trovare la risposta a quello che devo fare.
Improvvisamente, come delle scosse, colpi alla porta mi distolgono dai pensieri.
-Claudia, quanto ci metti? Sono venti minuti buoni che sei lì dentro!– Mia madre.
-Eccomi, sto uscendo…- le urlo biascicando le parole.
Ma i biglietti dove li metto??? Ora entro nel panico più totale. Se li vede sarà la fine. Senza sapere cosa fare li infilo delicatamente tra l’elastico del pantalone del pigiama e la pancia. Ma tu guarda cosa mi tocca fare! Ora va a finire anche che si sgualciscono!
Cerco di fare colazione il più normalmente possibile. Qualche volta mia madre mi squadra di sotto in sopra e io la ammonisco subito dicendole: -Che c’è? Stamattina mi guardi sempre!- e lei, pensando che in fondo non c’è veramente niente di strano, mi lascia in pace per un po’. Poi torna alla carica. Uff, le mamme! Sanno sempre come scoprirti, ma questa volta non succederà. Cerco di iniziare un discorso che la faccia smettere di fissarmi.
-Dov'è papà? Non è in casa neanche la domenica mattina.
-Sta tranquilla, è solo andato a comprare il giornale. Sta per tornare. E poi ci va ogni domenica, perché ti meravigli?
-E’ vero!– mi affretto a darle ragione, rendendomi conto del primo passo falso che ho fatto. E’ come se avessi cancellato tutto dalla mente, dalla prima all’ultima cosa normale che succede in una vita normale.
-Tu dici di non avere niente, ma per me c’è qualcosa che mi stai nascondendo.
-Ancora? Non ti nascondo proprio niente
Lei incrocia le braccia sul petto e mi fissa truce.
Perfetto, la nostra conversazione è già finita e ha peggiorato la situazione invece di migliorarla. Per fortuna squilla il telefono e mia madre è costretta a rispondere. Mando giù l’ultima cucchiaiata di cereali e me ne torno in camera. Apro il quadernino che avevo abbandonato nel cassetto e provo a finire il mio capitolo 3. E’ da tanto tempo che penso ad un finale adatto e ora che l’ho trovato, nulla riuscirà a distogliere la concentrazione. Ma sbaglio a scrivere le parole. Niente, non ce la farò mai a finire di scrivere questo capitolo!A pranzo mia madre mi guarda ancora, mentre mio padre sembra attratto dalle notizie che sta annunciando il telegiornale. Io invece? Sono assorta nei miei pensieri. Ho due biglietti per il concerto, non so come spiegare ai miei dove li ho presi, né so con chi andarci e come. Sono qui, con la più grande occasione della mia vita tra le mani, anzi due, e me ne sto qui a casa a non far niente?
E poi, come un lampo di genio, nella mia testa inizia a formarsi una mezza idea su come riuscirò ad uscire dai pasticci e andare anche al concerto. Ma avrò bisogno di un’alleata: Alessandra.

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We are Forever
Fanfiction《E poi sei arrivato tu, con un semplice cappello Fedora, un paio di mocassini e un guanto di paillettes...》 Claudia ha da sempre avuto una passione sconfinata per Michael Jackson e un sogno nel cassetto. Così, quando le si presenta l'opportunità di...