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E’ mattina presto e siamo già all’aeroporto di Santa Monica, pronti per prendere il volo che ci porterà dritti in Spagna, la meta di questi due nuovi concerti! Per una ragazza come me, che fin da piccola è sempre stata desiderosa di poter girare il mondo e vedere luoghi diversi da quello in cui è nata, visitare stati così diversi in un lasso di tempo così breve è pura magia e incredulità ogni minuto che passa. Ne approfitto per catturare con gli occhi ogni singolo dettaglio, anche insignificante, che mi circonda.
Due settimane. Ci sono volute due settimane piene di prove (mattina e pomeriggio, pomeriggio e sera o addirittura tutto il giorno) per riorganizzare un nuovo concerto e preparare altri due pezzi. E’ stata dura come sempre, ma il risultato è veramente stratosferico! Il pensiero di come sono trascorsi i giorni precedenti non riesce ad abbandonarmi, sono troppo entusiasta all’idea di un nuovo concerto e, come sempre, anche un po’ spaventata; lascio che il corpo venga attraversato da un brivido di piacere all’idea di ciò che mi aspetta. Ormai ci sto facendo l’abitudine. Ma non sono gli unici pensieri che mi attraversano la mente stamattina. Butto l’occhio su Michael e trattenendomi dalla mia voglia irrefrenabile di fare domande, lascio che mi sorrida con quel suo fare gentile e divertito allo stesso tempo. Siamo in un aeroporto, con passeggeri che si affrettano a sbarcare o ad imbarcarsi, e noi questa volta siamo affiancati solo da Wayne, camminando tranquillamente (anche se a passo svelto, rasentando i muri) verso una meta che mi sembra ben diversa dal nostro aereo privato che ci sta aspettando per partire. Niente polizia, niente sicurezza. Michael indossa abiti sportivi, occhiali da sole e un cappello da baseball. Un travestimento, senza ombra di  dubbio! Ma perché? Dove mi sta portando? Anche se non sono io la diretta interessata, evito di incrociare lo sguardo della gente, per paura che sul mio volto leggano l’espressione preoccupata. Proseguiamo in questo modo fino a quando non raggiungiamo un hangar anonimo, vicino alla  pista. Ci intrufoliamo subito dentro, mentre Wayne rimane fuori di guardia, e solo dopo aver tirato giù la serranda della porta riesco a tirare un sospiro di sollievo. Ho davvero trattenuto il respiro per tutto questo tempo? Il rumore di un interruttore accompagna l’accensione di una luce e la stanza viene improvvisamente liberata dal buio in cui era immersa. Di fronte a me ci sono quadri e tele, non ancora incorniciati, alcuni posati su un tavolo, altri sui cavalletti. Tutto attorno ci sono tempere, matite, acquerelli e altri materiali artistici. Nel vedere tutti questi disegni provo un senso di stupore e felicità; mi aggiro per la stanza, soffermandomi per un tempo illimitato davanti ad ogni opera. Su ognuna c’è la sua firma ordinata. I soggetti dei disegni sono i più svariati: ce ne sono molti di Peter Pan, Mickey Mouse, Biancaneve, i Puffi, Bambi e altri personaggi Disney, come nel suo stile infantile, dopotutto; bambini con messaggi di pace; numerosi di Charlie Chaplin; personaggi storici; monumenti come la Torre Eiffel; caricature un po’ ovunque; autoritratti; ricorrenti anche molti pezzi di arredamento, con il minuzioso dettaglio del numero 7… Circondata da capolavori del genere, mi salta all’occhio una tela con sopra dipinti quelli che sembrerebbero dei fiori rossi (almeno secondo il mio punto di vista) con uno sfondo di strisce informi  di colore blu, verde, giallo e rosa. E’ intitolato Nightmares & Dreams. La maggior parte delle opere ha un significato molto più profondo di quello banale che potrebbe sembrare a prima vista, bisogna soffermarsi su ogni dettaglio e studiarlo con attenzione. Forse era proprio questo il suo scopo, d’altronde come usa fare nei passi di danza o nelle canzoni. Si lascia studiare, lascia che le persone si chiedano il perché delle sue azioni avvolte in un’ombra di mistero. Vorrei conoscere i significati delle sue opere, in particolare come di quella astratta che ho ora davanti o delle caricature. Chissà cosa gli passava per la testa quando l’ha realizzati, o cosa voleva veramente comunicare ai suoi osservatori… Già, osservatori. Questo posto ha l’aria di essere tanto riservato quanto inaccessibile se non al legittimo proprietario di questo “rifugio dell’arte” ritagliato su misura per lui: piccolo, semplice e soprattutto invisibile agli occhi della gente. Ma la domanda che più mi preme è: perché Michael ha deciso di mostrarlo proprio a me?
Dopo aver passato vari minuti in silenzio ad osservare ogni singola opera, con il forte odore di pittura che si insinua tra le narici, mi volto a guarare Michael che se ne  sta in silenzio sgranocchiando patatine da un pacchetto. Cerco di non mostare la mia solita espressione da “Ma quanto sei tenero!”. Vorrei piuttosto esprimergli incredulità (perché non avevo idea di quanto fosse realmente bravo), ma vorrei anche ricevere spiegazioni… di qualsiasi tipo.
-E’ il mio rifugio segreto– dice spalancando le braccia come per accogliermi in questo nuovo surreale mondo. –Vengo qui solo ed esclusivamente per disegnare. Per me l’arte è una forma di espressione molto importante! Un artista australiano mi ha regalato questo piccolo angolo di paradiso ed è grazie a lui che posso lavorare indisturbato senza gli occhi del mondo puntati addosso.
Cerco di non soffermarmi troppo sull’appellativo “piccolo angolo di paradiso” in quanto per lui questo non è solo un hangar tetro e abbandonato, ma un posto isolato in cui potersi sentire semplicemente se stesso. La sua continua rottura di contatti con il mondo esterno si spande sul pavimento come una macchia d’olio. –Sapevo che disegnavi molto bene e che era uno dei tuoi hobby preferiti, ma… non avrei mai immaginato nulla di simile– replico continuando a guardarmi intorno. –E se è così tanto segreto come dici, dimmi, perché sono qui?
-Perché mi hai rivelato molte cose di te durante il primo viaggio in aereo, e tra queste anche la tua passione per l’arte. Mi sono sembrate riflessioni molto sincere. Condivido le mie passioni solo con chi le sappia veramente apprezzare. Abbiamo molte cose in comune– conclude con un sorriso.
Si siede su una sedia, come se fosse da solo, si sfila il capello da baseball e lascia ricadere i riccioli sulle spalle come una cascata; prende una matita posata accanto al ritratto di un ragazzo ancora da terminare e riprende da dove aveva lasciato. Non posso fare a meno di sentirmi sempre più legata a lui. Il fatto che stia aprendo il suo ristretto mondo ad un estraneo senza che gli sia stato chiesto, di sua spontaea volontà, mi fa pensare che tutto questo sia frutto di un’amicizia sincera. Non cerco di cambiarlo o forzarlo a fare ciò che non vuole, eppure il mio modo di cercare di trattarlo da essere umano, e non come un idolo, gli sta infondendo un influsso positivo.
In un angolo c’è una tela che non avevo notato prima, con strisce informi di vernice di tutti i colori che vanno da un bordo all’altro, in orizzontale o verticale. Non è proprio nel suo stile. Inclino la testa di lato.
–E questa? Arte astratta?
Michael solleva la testa dal suo disegno e guarda nella mia direzione incuriosito, poi scoppia in una risata dolcissima che mi fa spuntare, come sempre, un istintivo sorriso sulle labbra.
–E’ un’opera  di Bubbles! Bravo, vero?
A quelle parole scoppio a ridere anche io. E’ incredibile l’influenza che riesce ad infondere in quel piccolo e tenero scimpanzé.
–Caspita, a breve diventerà un artista anche lui.
Sento il suo improvviso sospiro. Lo osservo e il mio cuore perde un battito. Serro i pugni.
–Sei così fortunata a vivere in Italia… Il Paese degli artisti! Michelangelo Buonarroti, Leondardo Da Vinci, adoro conoscere la loro vita, cosa li ha ispirati nelle loro opere e il messaggio che volevano lanciare.
Effettivamente non avevo mai pensato al mio Paese natale da questo punto di vista e immagino solamente la felicità di Michael nel poter trascorrere una sola giornata in posti per me abbastanza scontati, come ad esempio la Cappella Sistina.
Mi avvicino ad una tela coperta con un pesante lenzuolo. Lui si porta improvvisamente il pacchetto di patatine davanti al viso.
–Quella non si può ancora vedere!– e sorride intimidito.
Non ho il tempo di fare domande, qualcuno bussa alla porta. Michael infila di nuovo il cappello da baseball e solleva la serranda. Appare il mezzo busto di Wayne: -Signore, scusi il disturbo, ma dobbiamo proprio andare.
-Hai ragione! Come passa il tempo quando sono qui dentro.
Poi si volta verso di me e mi afferra la mano.
–Su, andiamo. La Spagna ci aspetta!

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