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Il pomeriggio lo trascorro in camera. Devo scrivere una lettera ai miei genitori, gliel’avevo promesso, e poi devo chiamare Alessandra (prevedo che non ci vorrà poco). Mi mancano moltissimo, ma dire che con Michael sto bene è il minimo! E’ come se avessi il cuore diviso. Non è una bella sensazione… Socchiudo la porta della camera e finisco di scrivere la lettera: racconto loro tutto quello che abbiamo fatto in questo periodo, quanto sia bello stare con Michael, quanto mi mancano, riempiendo il tutto di dettagli e, in alcuni casi, riporto anche i dialoghi. Non posso non raccontargli della lettera finalmente ritrovata, della canzone Heal the World e la sua realizzazione, delle gare sulle macchinine, delle pistole ad acqua, le risate… No, è troppo, dovrò limitarmi a scrivere le cose essenziali. Li informo anche che dovrei tornare i primi di settembre, ma che ancora non so la data precisa. Li aggiorno sulle ultime novità e chiedo se va tutto bene a casa, poi li saluto.
Come previsto, la chiacchierata con Alessandra dura più del previsto, circa mezz’ora. Di solito mi verrebbe da pensare “Trenta minuti sono proprio tanti, che cosa ci siamo raccontate di così importante che ha portato via tutto questo tempo?” Sinceramente non lo so, ma mi ha fatto veramente piacere risentirla. Diciamo che l’argomento si è incentrato soprattutto sulla domanda: “Come si vive con Michael?”. Ancora mi sembra tutto impossibile e il battito del cuore accelera. Come si è aperta la conversazione? Con lei che non sapeva se avrei risposto io o Michael!
-P-pronto?
-Ale!
-Claudia!!! Oddio, non riesco neanche a parlare! Mi potevi avvisare l’altra volta che avresti fatto rispondere Michael! Grazie!
-Che sorpresa sarebbe stata altrimenti?
Sapevo che mi avrebbe rimproverata per il fatto di non averla avvisata. In fondo, però, so che ne è rimasta contenta. Ad ogni modo, dopo questa lunga telefonata, mi faccio una doccia e mi preparo, con l’intenzione di uscire un po’.
Oggi Michael ha tentato di farmi uno scherzo, ma non è andato a buon fine. Ero in giardino, quando lui, dallo zoo, mi ha chiamato. Sono subito corsa. Era di spalle e sembrava abbastanza strano perché aveva le braccia spalancate e un insolito cordone sul collo, che emergeva tra i capelli. Si è voltato ridendo e con aria suadente mi ha detto, sussurrando: -Ti piace Muscles?
Tra le braccia aveva un enorme esemplare di boa constrictor di circa due metri, grande ma innocuo. Ho avuto un sussulto, non me l’aspettavo, ma ricordavo che da piccola avevo toccato un serpente simile ad una fiera. Ho sorriso un po’ timida, lui invece non l’ha presa molto bene. Gli ho chiesto cosa avesse e lui mi ha risposto che la maggior parte delle persone che l’hanno visto si sono messe ad urlare e sono scappate. Diciamo che si aspettava una reazione del genere, ma aveva trovato la ragazza sbagliata… Io adoro gli animali! Poi mi ha invitato a prenderlo tra le braccia, perché tanto era “dolcissimo” come mi ha ripetuto più volte e io ho obbedito. Insomma, se lo dice Michael ci credo… Accarezzando Muscles mi sembrava di passare le mani sopra la seta. Era una sensazione bellissima! Tutti pensano che i serpenti abbiano la pelle viscida, invece non è per niente così!
Insomma, abbiamo passato un pomeriggio divertendoci molto, soprattutto io.

Michael non è da nessuna parte. Forse è uscito. Diciamo che, sotto sotto, anche se non lo ammetto, esco sempre con la speranza di vederlo e continuare il resto della giornata con lui. Dal momento che non è neanche nel salotto o nella  cucina, decido di esplorare un po’ la casa. Fino ad ora ho visto veramente poche stanze; tra i concerti e le prove Michael non ha potuto seguire la procedura standard, cioè presentare tutta Neverland agli ospiti sia dentro che fuori, ma solo la parte più emozionante: quello che c’è fuori. Salgo un’altra rampa di scale che mi porta in un corridoio. All’inizio sembra come tutti gli altri, poi, mano a mano, compaiono foto appese alle pareti. In tutte quante Michael è con qualche artista famoso o amico, con il sorriso stampato sulle labbra. Ci sono anche quadri di bambini. Compare, qua e là, qualche teca con targhe, grammy awards, riconoscimenti... quella nel salotto è troppo piccola per metterli tutti! Sono belli e Michael ne va sicuramente fiero, ma non se ne è mai vantato, anzi, quando mi ha fatto fare un breve giro della casa non me ne ha proprio parlato. Sorpasso delle porte, ma non ci sono cartelli né qualcos’altro che mi possa indicare dove andare. Ho sinceramente paura di perdermi, questo corridoio sembra un labirinto, non finisce mai! Poi, ecco che mi salta all’occhio una stanza con la porta socchiusa. Mi affaccio e vedo tante cose accatastate una sopra all’altra. Altre sono ordinate e composte, sistemate su scaffali e sedie. Capisco al volo che si tratta di bambole, un mare di bambole di plastica e di porcellana! Con espressioni sorridenti, tristi, con le trecce, i capelli sciolti, i vestitini colorati… Ci sono anche delle casette in miniatura arredate come quelle vere. Tutti quegli occhietti fissi puntati su di me sono tanto immobili quanto inquietanti. “Saranno certamente per i bambini” penso e con un brivido che mi corre lungo la schiena socchiudo nuovamente la porta e vado avanti. Altre stanze, altre foto, ma niente cartelli. In un’altra stanza con la porta socchiusa si vede una scrivania e subito la riconosco; è lo studio di Michael, quello dove abbiamo preso lo scatolone delle lettere e dove è ancora sepolta quella scritta da me, insieme a tutte le altre. In un’altra ci sono solo giocattoli, di tutte le specie e dimensioni: macchinine, pistole giocattolo, pupazzi, libri illustrati, videogiochi… Spiccano, poi, delle sagome a grandezza naturale di personaggi dei cartoni come Batman, Joker, Peter Pan e i Simpson. Imbocco una stretta rampa di scale che conduce ad una porticina. La stanza che mi si presenta davanti è mozzafiato! Grande quasi di più del soggiorno, è divisa a metà; in una metà c’è una pista per automobiline radiocomandate, dall’altra parte una ferrovia per trenini che percorre tutto il pavimento, con curve e deviazioni ovunque. Sparse qua e là ci sono altre sagome, tappeti, coperte e quadri raffiguranti Peter Pan, Mickey Mouse, Bambi, E.T. … A quest’ultimo, addirittura, è dedicato un intero scaffale, pieno zeppo di nastri, videocassette e libri. Sarebbe un Paradiso per i bambini! Ecco perché ne arrivano così tanti. Ci si rende conto solo vedendo certe cose di quanto Michael abbia un cuore enorme! Lui ha costruito tutto questo per i bambini e per ritrovare l’infanzia perduta. Sarebbe fantastico se tutti al mondo avessero la possibilità di poter vedere ciò che sto vedendo io in questo momento. Ad ogni angolo sembra di trovarsi nella casa dei sogni dove tutto è possibile! Scendo di nuovo le scalette senza fare rumore e proseguo lungo il corridoio. Nella stanza successiva ci sono solo dei manichini e una piccola scrivania. Già, proprio dei manichini, come quelli che si trovano nelle vetrine dei negozi! Chissà a cosa gli serviranno… Ogni stanza sembra una sorpresa, qualcosa da scoprire che ti stupisce e che ti lega in qualche modo a dei ricordi. Poi il corridoio si divide. Decido di proseguire a destra, dove il corridoio si allarga ancora di più. E’ proprio qui che mi imbatto in un’indaffarata cameriera. Sobbalzo un attimo per lo spavento, è sbucata così dal nulla, ma appena la vedo sono consapevole che la mia corsa all’esplorazione della casa è finita. –Salve!– mi saluta con un sorriso.
–Salve! Sto cercando…
-Il signor Jackson?– chiede lei con un altro ampio sorriso.
Ormai, quando comincio le frasi con “Sto cercando” sanno già di chi si tratta. E’ normale il fatto di essere consapevoli che in un ranch di queste dimensioni non si riesce a stare nello stesso posto per meno di cinque minuti. Agito la testa ridendo.
–Esattamente.
-Se può esserle utile l’ho visto uscire qualche ora fa. Mi scusi– mi sorpassa e prosegue per la sua strada.
Perfetto, sono in un ranch di 3000 acri e devo cercare una persona che tutti hanno visto uscire, ma nessuno sa dove era diretto. Niente di più semplice!

Il sole californiano picchia determinato sulle strade lastricate e sui prati. Il venditore di granite e gelati, per l’esattezza il povero uomo che abbiamo colpito un po’ di tempo fa con un gavettone, è ancora al lato della strada, in divisa, e durante la mia passeggiata incontro circa una decina di giardinieri che sono intenti ad innaffiare le aiuole. Ognuno di loro, anche se mi conosce a stento, mi saluta cordialmente e mi rivolge un sorriso che mi fa sentire come a casa. Immagino che si possa imparare tanto da un uomo come Michael e che la sua influenza sulle persone di cui si circonda sia qualcosa di estremamente contagioso. Lui vuole a tutti i costi che i suoi dipendenti sfoderino sempre un sorriso agli ospiti, che siano cordiali, gentili, servizievoli e li trattino come dei re, perché devono godersi i pochi giorni a disposizione che trascorrono a Neverland con un’influenza di positività che li circondi sempre. Inoltre, ogni volta che Michael fa ritorno a Neverland dopo lunghi periodi di assenza, il personale lo deve accogliere con la frase Welcome home, Neverland missed you! perché Michael non considera Neverland solo come un pezzo di proprietà, un territorio inanimato, ma come un vero e proprio essere vivente che sente la sua mancanza, a cui manca il suo tocco, il suo calore, le sue cure, la sua presenza… La trovo una cosa molto dolce. In fin dei conti, Neverland è niente senza la presenza di Michael e continuerò ad esserne fermamente convinta.
Con questi pensieri e il cuore colmo di gioia, percepisco della musica che si fonde con quella di arpe e violini proveniente dagli altoparlanti che ti rilassa e crea un’atmosfera ancora più suggestiva; questi sono dei colpi di batteria. Billie Jean. E provengono proprio dal Movie Theatre!

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