In seguito facciamo una lunga visitina ad un antiquariato che scopro essere uno dei punti deboli di Michael, tanto che dopo essersi fatto illustrare tutti i mobili del negozio da una donna, acquista persino i due pezzi più costosi della collezione e se li fa spedire a casa.
L'ultima tappa del centro commerciale è un negozio di vestiti. Giriamo allegramente tra le stampelle tintinnanti, quando mi soffermo a guardare un vestito. E' proprio bello, tutto nero, con il ricamo di un fiore sul retro che lascia intravedere la schiena e con una gonna che ricade morbida leggermente sopra il ginocchio, più o meno a metà coscia. Come se mi leggesse nel pensiero, Michael si avvicina e mi dice: -Voglio che lo provi.-
Questo significherebbe che se il vestito mi sta bene è disposto a comprarlo e non voglio.
-Vuoi vedermi indossare questo vestito?
Annuisce.
-Perché?- chiedo.
-Sono sicuro che ti starà benissimo, dai. Fallo per me!-
I suoi occhi mi supplicano.
-Veramente non...- cerco di controbattere.
-Mettiamola così.- Incrocia le braccia. -Ho vinto la partita ad air hockey e il tuo obbligo ora è questo: provati il vestito che ti piace.
Oh, no! Mi ha messo all'angolo. Con tutto ciò che è successo, mi ero proprio dimenticata della nostra scommessa. Tiro un sospiro.
-Non puoi usare questi trucchetti, non vale!
-E' la regola- ribatte fermo.
-Okay, ma sappi che lo faccio SOLO per te.
Mi infilo nel camerino e ne esco un minuto dopo, con l'abito che mi scende morbido sui fianchi e le maniche della lunghezza giusta. Sembra sia stato cucito su misura per me! Come è possibile? Michael, sentendo il rumore degli anelli della tendina aprirsi, si volta immediatamente. Sulle prime si blocca e non dice assolutamente nulla, poi balbetta: -T-ti sta d'incanto. Sembri una principessa!
Mi guardo allo specchio. Di solito non mi lascio attrarre da questo tipo di sdolcinatezze, ma detto da lui è tutta un'altra storia! Senza accettare discussioni, chiede alla commessa di piegarlo accuratamente in una bustina, me lo regala e poi aggiunge: -Ah, acquisto tutti i capi d'abbigliamento del negozio...
Sia io che la commessa strabuzziamo gli occhi nello stesso momento. Abiti da uomo, donna, bambino, tutti con taglie diverse, per diverse occasioni, da quello più sportivo a quello elegante...
-...e spedite tutto a questo indirizzo- prosegue, scarabocchiando qualcosa su un foglietto.
Si fa calcolare con precisione il totale e si china sul bancone per compilare un assegno, mentre la cassiera annuisce senza controllo alla vista di tutto quel denaro.
Imbocchiamo le scale mobili e stiamo per raggiungere l'uscita, chiacchierando su quanto sia stato divertente, quando... il panico. Delle voci disperate. Urla soffocate. Cosa sta succedendo? Anche se è difficile da realizzare, ci metto un istante a capirlo. Le mani e le teste che si accaniscono contro le vetrate del centro commerciale ci fanno sobbalzare. Fans, una marea di fans. Il centro commerciale è circondato. Loro sono lì fuori e noi qui dentro, da soli. Come faremo ad uscire? Non saprei come comportarmi per impedire che accada il peggio.
Alla vista di Michael che finalmente sta per uscire, le urla diventano più forti e i nasi si schiacciano ancora di più contro il vetro. Ma da quanto tempo sono lì senza che ce ne accorgessimo? Rimaniamo immobili, paralizzati, mentre le scale mobili ci fanno scendere tranquillamente, ignari del fatto che ci stanno conducendo verso un vicolo cieco. Poi un rumore sordo, come un'esplosione... le vetrate si infrangono e i vetri schizzano dappertutto. Ci accovacciamo in un angolo per evitare di essere colpiti. Uomini in divisa, la polizia presuppongo, accorre per riportare l'ordine trattenendo i fans, mentre un altro gruppo ci circonda come uno scudo e ci riporta in macchina. Sorpassiamo corpi, altre urla, il vento mi fa cadere i capelli sul viso e non vedo più nulla, finchè non ci ritroviamo seduti sui sedili posteriori della Rolls Royce. Frank vorrebbe partire, ma Michael gli grida: -Fermo!- provocando la sua brusca frenata. Il mio corpo viene sbalzato in avanti, avvolto dal panico.
-Michael, dobbiamo andare! Che stai facendo???
-Io non mi muovo di qui finché non mi accerto che stanno tutti bene- incrocia le braccia come un bambino che mette il broncio.
-Signore- interviene Wayne -E' pericoloso.
Ma Michael ha già aperto il tettuccio superiore della macchina e, con i piedi puntati sul sedile, grida: -Stanno tutti bene?- per circa tre volte, finché non arriva un agente di polizia che lo tranquillizza e gli intima di andare via.
Fortunatamente c'è stato solo qualche danno che Michael provvederà personalmente a ripagare. L'auto parte in un silenzio surreale che in realtà suggerisce molte più cose di quanto si riesca a dire in una giornata.
-Okay, siamo tutti stanchissimi- commenta ad un certo punto Michael rompendo il silenzio. -Andiamo a mangiare un gelato tutti e quattro.
Annuiscono compiaciuti, quei sorrisi falsi che servono solo a stemperare la tensione, e la Rolls Royce sfila davanti alla prima gelateria in periferia, fortunatamente vuota.
Dopo il gelato, ritornando alla macchina, Michael nota un povero senzatetto con una ciotola per cani con qualche monetina al suo interno. E' veramente messo male, con vestiti che sembrano stracci, ed è talmente magro che è difficile stabilire l'ultima volta che abbia visto un pasto decente. Ha sicuramente vissuto tempi migliori. Sta dormendo, almeno così sembra, perché ha gli occhi chiusi e il corpo senza forze posato alla parete di un edificio. Michael si calca il cappello sulla testa e alza il collo della giacca coprendo quasi tutto il volto. Infila gli occhiali da sole. Sembra stia andando sulla neve, pronto a contrastare una bufera. Attraversiamo la strada e in un attimo siamo già dall'altra parte, mentre mi sembra di vedere le facce perplesse di Frank e Wayne e i loro occhi preoccupati dietro le lenti scure.
-No!- mi affretto a dire, cercando di tenere il passo. -Non possiamo. Michael, dico seriamente, non puoi rischiare di essere scoperto un'altra volta! Ti prego, potrebbe passare qualcuno...- ma lui è irremovibile e quasi con le lacrime agli occhi replica -Mia madre mi ha insegnato a fermarmi ad aiutare chi ne ha più bisogno. Non posso rimanere indifferente davanti ad una scena simile.
Così gli allunga all'incirca cinquecento dollari nella ciotola. Immagino solo la sua faccia quando si sveglierà e penserà che ciò che gli è successo o è un miraggio o è un miracolo di Dio.
Saliamo in macchina. Frank e Wayne ordinano subito con espressione corrucciata: -Signore, torniamo a casa. Direi che per oggi ne abbiamo combinati fin troppi di guai.
Così torniamo silenziosamente a Neverland.
Poi d'un tratto gli chiedo: -A proposito! Dove hai spedito tutti quei vestiti?
-Ad un orfanotrofio- risponde, come se all'improvviso gli stia brillando una candida luce negli occhi -che ho visitato un po' di tempo fa.
-E lo sanno che tutto questo è opera tua?
-Certo che no, avviene tutto nella massima segretezza e il mio nome non viene mai rivelato. Sono una specie di volontario che opera nel buio. Non voglio che le persone pensino che lo faccia per la pubblicità, lo faccio perché aiutare gli altri è l'obiettivo che mi sono posto, un pensiero che viene dal cuore. Spero che gli piaceranno!
-E' stato un regalo stupendo! Sì, perché, quando ti succede una cosa del genere, ti chiedi solo: ma come può essere successo tutto questo proprio a me? Come ha fatto a trovarmi in un mondo così grande? Ed è una sensazione bellissima. Non ti senti più solo.
Rimane in silenzio, ma riesco a capire perfettamente tutto quello che mi vuole dire dietro un'espressione del genere. Lo sa che, oltre a spiegargli quanto sia stato bello tutto questo per quelle persone, lo sto ringraziano indirettamente per ciò che sto vivendo io.
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We are Forever
Fanfiction《E poi sei arrivato tu, con un semplice cappello Fedora, un paio di mocassini e un guanto di paillettes...》 Claudia ha da sempre avuto una passione sconfinata per Michael Jackson e un sogno nel cassetto. Così, quando le si presenta l'opportunità di...