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-Quanto tempo ci rimane?– chiedo con un filo di tristezza.
-Circa una decina di minuti. Mi parli di Roma? L’ultima volta che ci sono stato sono praticamente dovuto rimanere segregato nell’albergo e di notte non ho potuto vedere molto.
-Roma? Beh, una volta le strade, i palazzi, le case e i negozi mi sembravano qualcosa di grande e spettacolare, ma venendo in America la prospettiva è cambiata. Di fronte casa mia c’è una strada, meno trafficata rispetto a quelle in centro sempre affollate di macchine, ma i taxi sono di meno che a New York, molti di meno! La gente non ne ha molta cura, sai, carte per terra, mozziconi di sigarette, gomme da masticare, le spiagge non sono come quelle della California, ma ci sono tantissimi monumenti! Il Colosseo, i Fori Imperiali, la Colonna Traiana, la Fontana di Trevi… Ne avrai sicuramente sentito parlare.
Annuisce mentre li elenco. E’ sempre stato un amante dell’arte e sa perfettamente di cosa sto parlando.
-Pensa, la mia casa è proprio a qualche passo dall’Altare della Patria. Ci vanno molti turisti ogni giorno. E in una piazza minore, proprio all’angolo, c’è la mia libreria…
-Quella con il libro sugli animali… E’ veramente carina!
-Avevo avuto l’impressione che ti fosse piaciuto quel libro. Hai lanciato uno sguardo alla vetrina!
-Che devo farci, ho sempre avuto un debole per gli animali.
Le nostre risate risuonano tra le foglie dell’albero, spensierate, e per un attimo riesco a cancellare dalla mente le preoccupazioni.
-Beh, penso che si sia fatta ora di… di andare– farfuglia, molto in difficoltà, lo sguardo perso nel vuoto. Poi si volta, facendomi una dolce carezza: -Sei pronta?
Tiro un sospiro e annuisco lentamente, ma prima che possa muovere solo un muscolo afferro Michael per la manica della camicia e lo blocco. Ho un’ultima domanda che mi tormenta da quando ci siamo visti la prima volta, in quell’albergo di Londra.
–Michael… devo chiederti un’ultima cosa prima che…
Non riesco a completare la frase e la lascio svolazzare lì a mezz’aria, portata dal vento.
–Dimmi– dice in tono sommesso.
-Perché hai scelto proprio me come ballerina? Perché io? Mi hai vista ballare mezza volta sotto un portico… Posso sapere in base a cosa hai preso la tua decisione?
Michael tira un sospiro e si guarda i mocassini, con un sorriso un po’ imbarazzato, e capisco che sta prendendo tempo per cercare le parole giuste da dire, senza sbagli o dilungarsi troppo.
–Vedi– comincia –in tutta la mia carriera, da quando è iniziata fino ad oggi, ho conosciuto tantissima gente, tantissima! Alcuni si sono rivelati degli ottimi amici, altri mi hanno solo usato per i soldi– contrae il sorriso in una smorfia di disgusto –ma anche quando erano presenti io mi sentivo sprofondare nella più totale solitudine.
Mi guarda dritto negli occhi, trafiggendomi il cuore.
–Quello che voglio dirti è che quando ho visto te, invece, quando i nostri sguardi si sono incrociati, sotto quei portici di Roma, io non mi sono più sentito solo, come se la mia solitudine fosse sfumata nel preciso momento in cui ti ho vista, e allora ho capito che non potevo perdere l’unica persona che stavo cercando da così tanto tempo.

Scendiamo fino al ramo più basso; è proprio lì che Michael grida: -Guarda Wendy, posso volare! Posso volare!– e spicca un salto atterrando sull’erba già ricoperta di rugiada, come se fossero improvvisamente comparse delle ali di angelo dietro la sua schiena.
Non so se l’ha fatto per rallegrarmi da questo brutto momento, ma a me piace ricordarlo così.
–Sarai per sempre il mio piccolo Peter.
Mi tende la mano con un sorriso e spicco un salto anche io, atterrando tra le sue braccia.

Faccio un breve salto a casa per salutare  le cameriere e il resto del personale e ringraziarli di tutto. Stringo a me Bubbles, quel piccolo scimpanzé-bambino con la camicia e il profumo Poison che mi ha fatto ridere e qualche volta anche spaventare. E’ incredibile immaginare che perfino un animaletto così piccolo è entrato a far parte del mio cuore. Mi mancherà tantissimo! 

-Per la mia timidezza non avevo mai invitato una ragazza a vivere con me– mi rivela mentre ci avviamo ai cancelli.
-E’ stato bello! In generale definisco le ragazze “qualcosa di veramente speciale”.
Ascolto con attenzione, pensando a quante cose avrò da raccontare ad Alessandra al mio ritorno.
-Mi piace osservarvi, anche se alle volte gli sguardi possono essere confusi…
-Sarebbe?–chiedo incuriosita.
-Beh, se qualche ragazzo ti osserva non  hai paura di avere i capelli fuori posto o il trucco disfatto?
Ci penso su un attimo.
-Ahahah, è proprio vero!

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