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Un candido tepore mi avvolge. Un tocco delicato e amorevole che mi accarezza la guancia, poi un profumo dolcissimo mi invade le narici. Quando, nel silenzio, compare quella voce che mi fa star bene ogni volta che la sento, non ho più alcun dubbio. Non è la mia immaginazione.
-Buongiorno! Siamo arrivati.
Mi stropiccio un po’ gli occhi.
–Buongiorno.
Sporgo la testa per vedere fuori dal finestrino. Eh sì, siamo proprio arrivati: Aeroporto Internazionale di Fiumicino. Tutta la zona è stata isolata, ma nonostante tutto facciamo sempre il più in fretta possibile per percorrere il tragitto dall’aereo alla macchina. L’altro aereo con Frank e Wayne è proprio davanti al nostro. Durante il tragitto lungo l’autostrada ci scortano ben quattro macchine di polizia, ma non ci sono solo loro, infatti ci sono poliziotti ad attenderci in tutte le zone “segnalate”, cioè quelle dove ci fermeremo. Sono all’incirca le sei di mattina e, anche se so che i miei genitori sono sicuramente già svegli, decidiamo di fare una sosta nelle vicinanze della mia casa. Ne approfitto per mostrare a Michael tutte le cose descritte la sera prima e passare ancora un po’ di tempo con lui. Quando arriviamo all’Altare della Patria per poco non mi prende un colpo: irriconoscibile. Tutto è transennato e ci sono poliziotti ovunque ti giri. Michael nota per un attimo la mia espressione spaesata e mi fa un sorriso per rassicurarmi. Si siede sulla scalinata e poi la percorre tutta per salire alle ringhiere e contemplare la città dall’alto. Giuro che d’ora in avanti, ogni volta che uscirò di casa, mi siederò sullo stesso gradino e mi affaccerò alla stessa ringhiera, perché i ricordi sono una cosa importante e perchè questa scena mi rimarrà impressa nel cuore… Semplicemente, la sua innocente felicità nel poter trascorrere una giornata da semplice turista. Gli chiedo il permesso di scattare qualche foto e lui annuisce contento.
Più tardi facciamo un giro nella piazza vicina, proprio quella con la libreria. Avevo tanta nostalgia di quel posto! La vetrina è rimasta esattamente come l’avevo lasciata e il libro con gli animali è ancora al suo posto. Le luci sono spente e tutto è silenzioso; aprirà tra poco. Passeggiamo sotto quei portici, luogo del nostro primo inaspettato incontro, che ora, alla luce del giorno, non sembrano più così tetri e misteriosi. E pensare che tutto è partito da qui… Non mi sembra possibile il solo fatto di poter camminare, come delle semplici persone, per le strade di Roma, nonostante le transenne e i posti di blocco. Penso sia la prima volta da quando l’ho conosciuto.
Verso le 12 arriviamo ad un ristorante prenotato appositamente per noi e, al termine di un pasto letteralmente “regale”, scopro che pasta al sugo e tiramisù sono ufficialmente le sue pietanze preferite.
Verso le due, quando lasciamo il ristorante, si è fatta proprio ora di andare. Mentre torniamo in macchina Michael non fa altro che esprimermi tutta la sua gioia e le sue emozioni per quella passeggiata. Io dò le direzioni a Frank per arrivare a casa, ma non riesco a condividere l’entusiasmo di Mike nè tantomeno riesco a sentire ciò che dice. La testa è entrata nella confusione più totale. Eccoci entrati nelle vie con i nomi dei fiori, pochi metri e sarò di nuovo nella mia piccola casa. Accostiamo al marciapiede. Quel prato, quegli alberi, quella stradina con le pietre messe in fila una dietro l’altra, quei fiorellini rosa ben curati che pendono fuori da un vaso del balcone… Ecco casa mia. Salgo in fretta le scale con il trolley che sbatte ai gradini, seguita da Michael, diventato improvvisamente nervoso e timido che si morde in continuazione le labbra. Suono il campanello.
-Spero di fare una buona impressione ai tuoi– bisbiglia ridendo.
-Figurati!– lo tranquillizzo. –Non hai da preoccuparti. Rimarranno senza parole.
Faccio appena in tempo a terminare la frase che la porta si spalanca e vengo soffocata dall’abbraccio di mio padre e mia madre che non fanno che ripetere: -Tesoro! Come stai? Ci sei mancata tantissimo!
–Anche voi!– grido gettandogli le braccia al collo.
Sto ancora male per avergli detto qualche piccola bugia inizialmente, ma l’importante è che ora sono con me e che la loro preoccupazione è finita. Dopo un’interminabile serie di domande a cui non riesco a rispondere in modo logico, annuncio: -Ehm… Mamma, papà, vorrei presentarvi una persona. Pronuncio quelle parole eccitata come se fosse la prima volta che lo vedo. Non riesco a credere che sto presentando IO ai miei genitori l’irraggiungibile persona, sogno, che ho sempre ascoltato tramite le canzoni. Da dietro la porta fa capolino Michael, che era rimasto un po’ in disparte imbarazzato, un po’ intimorito dalla situazione, ma pur sempre sorridente. Mio padre rimane immobile, mia madre porta una mano alla bocca farfugliando “Oh mio Dio, non è possibile!” Hanno avuto una reazione così incredula che sembra che fino ad adesso non avessero creduto possibile il fatto che fossi stata con Michael. E dove credevano che fossi andata allora durante questi mesi? Ma è sempre difficile realizzare che una persona così importante e irraggiungibile sia entrata in questo modo nella tua vita! Poso il trolley accanto alla cassapanca e sediamo tutti in soggiorno, disposti tra divano e poltrone, e cominciamo a chiacchierare. I miei genitori, che in parte si sono ripresi dal silenzio e soprattutto dall’immobilità, fanno qualche domanda (in particolare mio padre, che è la persona della famiglia che parla meglio l’inglese), ma non così tante come ci sarebbe da aspettarsi di solito. Vedere Michael gli ha veramente tolto le parole di bocca. Lo ringraziano in continuazione e lui non fa altro che ripetere “Siete fortunati, avete veramente una figlia meravigliosa!”. Io arrossisco. I miei genitori cercano di offrire a Michael qualsiasi cosa, ma lui rifiuta cordialmente, ascoltando per l’ennesima volta il primo giorno in cui l’ho ascoltato alla radio, un’altra versione direttamente raccontata dai miei genitori. Spero con tutto il mio cuore che ci siano sempre dei discorsi pronti per trattenere Michael accanto a me il maggior tempo possibile, ma dopo un po’ non ci sono più discorsi da tirare in ballo, non quando il Re del Pop, che siede nel tuo salotto, ha un aereo prenotato che aspetta solo lui per portarlo dall’altra parte del mondo. Dopotutto sono io quella che ascolta continuamente la sua musica e legge libri e riviste per sapere tutto della sua vita.
-Ecco, io dovrei andare a prendere una cosa in camera. Michael, ti va di venire con me?– dico alzandomi.
-Certo.
Lui ha condiviso il suo mondo con me e ora io faccio lo stesso con lui, anche se non sarà mai la stessa cosa. Lo dico con la naturalezza scioccante di chi l’ha sempre fatto, ma dopo un attimo io stessa non riesco a rendermi conto della mia idea assurda.

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