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La mattina dopo mi sveglio abbastanza presto. Michael non mi ha detto a che ora verranno i bambini e non voglio certo che mi trovino addormentata o che ancora mi devo preparare! Me li immagino piccoli e carini, di circa sei anni, curiosi, simpatici e (perché no?!) anche un po' vivaci, ma appena un po'. Gli piacerò? Mi passo dell'acqua fresca sul viso per eliminare i residui di sonno, faccio una doccia e rimpiazzo il pigiama con dei pantaloncini di jeans corti, i miei preferiti, una maglietta bianca scollata e le mie trainers porta-fortuna. Pronta! Scendo i gradini delle scale a due a due sorreggendomi alla ringhiera per evitare di cadere per il troppo slancio. Vado in cucina e per la prima volta faccio colazione con Michael perché di solito ha già finito da un pezzo...
Che splendore! Indossa dei pantaloni neri e una maglia a mezze maniche di Mickey Mouse, con il braccio destro del pupazzetto che termina proprio sul fianco. Come stampa è strana, ma bellissima. C'è qualcosa che non mi torna in quella maglia... Dove va a finire la mano di Mickey Mouse? Sulle braccia scoperte si possono notare le macchie dovute alla sua terribile vitiligine e la mente ritorna a quel giorno di pianti e tristezza allo Sheraton Hotel di New York. Scuoto un attimo la testa per scacciare il pensiero, ma più le guardo e più si espande come una macchia d'inchiostro. Mi si accappona la pelle al solo ricordo. In una recente intervista Michael ha annunciato: "Ho una grave malattia della pelle. Ho la vitiligine. Non è bello per un intrattenitore come me esibirsi con la pelle a chiazze. Molti giornali dicono che mi sono schiarito la pelle con operazioni e metodi chimici, che non volevo essere nero, ma non è vero! Sono americano e sono orgoglioso della mia razza. A causa di questa malattia devo andare in giro con un ombrello, perché stare al sole aggrava ancora di più la mia posizione."
-Buongiorno!- mi saluta smettendo di bere il succo di frutta.
-Buongiorno. Caspita, quant'è carina la tua maglia!
-Davvero?- chiede con una nota di entusiasmo. Sono convinta che va più fiero di quella maglia che di tutte le giacche che usa normalmente in concerto.
Annuisco.
-Ti ringrazio. L'ho presa quando sono andato a Disneyland. Ci sei mai stata?
-No, mai.
-Cavolo- esclama stupito, sgranando leggermente gli occhi. -Devi proprio andarci, è un posto magnifico.
Inclino leggermente la testa, come per dire "Okay, lo farò".
-Comunque...- inclina anche lui il capo in avanti e sento un assurdo bisogno di incrociare di nuovo il suo sguardo -anche tu stai benissimo vestita così, ma...
Avvampo. Cosa c'è che non va???
-Ma... cosa? C'è qualcosa che non va?
-Io avevo pensato di farti indossare qualcosa tipo quella. I bambini la adorano!- riesce a dire finalmente tra una risatina e l'altra e scosta la bocca dalla cannuccia del succo, indicando col mento una maglietta distesa sul tavolo.
Mi avvicino. Una maglia bianca con la stampa di Minnie e il braccio sinistro del pupazzetto che termina sul fianco. Il significato di quelle braccia mi sfugge, ma dato che ho fame mi affretto a dire: -Okay, ricevuto, vado a cambiarmi. Ci metto un attimo.
Dopo cinque minuti ritorno con la maglia di Minnie, un po' grande, che mi arriva fino a metà coscia. C'era da immaginarselo che la taglia di Michael mi andava grande.
-Ora siamo perfetti!- esclama lui gioioso. Non faccio in tempo a chiedergli il significato di quelle due braccia messe in quella posizione, perché lui si accosta piano a me, ma io per quella vicinanza non ci capisco più niente. Tutto d'un tratto il suo profumo così vicino, il suo profilo ravvicinato di cui è difficile distinguerne i contorni e quegli occhi così profondi... Mi viene una fitta allo stomaco. Sento il suo fianco, un po' più sopra del mio, premere contro la pelle. Strofino le mani sudate sul pantalone. Lui, ancora ridendo, mi fa cenno di osservare le maglie. Per lui era una cosa scontata, ma alla fine si sente costretto a farmi un segno accorgendosi che io in realtà ho lo sguardo da tutt'altra parte e sto osservando il suo viso, mentre delle strane farfalle mi divorano lo stomaco. Mi sento stupida, ma è più forte di me! Abbassando lo sguardo capisco tutto. La fine del braccio di Minnie termina nella stretta della mano di Mickey Mouse, così carini e leggiadri, volano mano nella mano felici nelle nostre magliette. Il problema è che Michael è un po' più alto di me, quindi i due pezzi non si congiungono perfettamente. Mi sollevo quanto basta sulla punta dei piedi. -Ora sì.
Non faccio in tempo a sedermi a tavola che qualcuno suona al citofono.
-Vieni, ti faccio conoscere i bambini!
Seguiamo il vialetto fino a quando non arriviamo al grande cancello d'entrata. L'erba è completamente bagnata per il temporale di ieri sera, ma non sarà questo ad impedirci di giocare. Inoltre oggi è una giornata particolarmente calda e il sole rovente della California è già alto nel cielo. Una donna abbassa il finestrino di un'auto scura e Michael le va incontro per salutarla. Io rimango in disparte. Si scambiano qualche parola e poi dall'altro sportello compaiono due visini con delle paffute guanciotte. Uno ha la pelle molto scura (Ben) e l'altro bianca (Peter). Gli corrono incontro e lo abbracciano gridando: -Michael! Michael! Come siamo contenti di vederti!
-Appleheads!- grida lui, mentre li solleva rispettivamente da terra in un dolcissimo abbraccio. Pensavo non fosse vero e invece è proprio così! Michael chiama i bambini Appleheads, cioè "Testoline di Mela". A quanto so, è cominciato tutto una sera quando Michael stava vedendo insieme alla famiglia Cascio "I tre marmittoni". Uno dei tre chiamò l'altro "Testa di Mela" e da quel momento in poi Michael e poche altre persone, generalmente bambini, si chiamano così, usandolo come un nome in codice.
-Vi ho portato una ragazza con cui potrete giocare.
-Davvero?- chiedono increduli, battendo le manine.
-Sì. Questa è Claudia. E' italiana.
-Ciao!- abbracciano fortissimo anche me e sento qualcosa all'altezza del petto troppo grande da poter contenere.

-Allora, che cosa vi va di fare?
-Vogliamo andare sul tuo albero, Michael!- esulta Peter.
-Sì, quello grande grande dove ti arrampichi sempre!- aggiunge Ben.
-Ma certo, andiamo.
Mentre ci incamminiamo verso il Giving Tree, i due bambini mi fanno molte domande.
-Com'è l'Italia?
-Oh, è bella! Ma l'America lo è di più.
-Bella come? Tanto? E anche lì ci sono gli zoo come a Neverland?
-Sì, è tanto bella e anche lì ci sono gli zoo, ma non ci sono tutti questi animali. Questo è proprio bello...
-Sì, è vero. Il tuo Michael è il più bello di tutto il mondo!
Si tengono per mano come tre bambini e mi fanno molta tenerezza, ma la cosa più tenera avviene quando Ben mi guarda e la sua piccola manina si avvolge nella mia, ci si perde dentro, la sua, piccola e scura, e la mia bianco latte, entrambe molto diverse ed uguali. Io la guardo sorridendo. Esistono momenti più belli?

I bambini si arrampicano sui rami (ma quelli più bassi, perché è pericoloso per loro arrivare in alto). Rimaniamo a mezz'aria a giocare e a parlare, tra le loro dolci e innocenti domande di curiosità e il fruscio del vento tra le foglie del grande albero, come una specie di ninna nanna che ti culla lentamente. Poi, tutt'un tratto, scendono e corrono via ridendo.
-Ma dove stanno andando?- chiedo preoccupata.
-Non lo so, ma tranquilla. Conoscono questo posto quasi meglio di me.
-E' da tanto tempo che vengono?
-Sì! Io e la madre di Peter siamo grandi amici.
-E Ben?
-Ben è il suo amichetto del cuore. Si vogliono molto bene, come due fratelli.
Non c'è assolutamente somiglianza tra i due, eppure è una cosa bellissima pensare: sono diversi in tutto e in niente nello stesso momento. E' vero, uno può avere la pelle chiara e l'altro scura, uno ha il nasino sottile e l'altro grande e schiacciato, uno ha il taglio degli occhi un po' a mandorla e l'altro tondo, ma entrambi condividono le stesse risate, gli stessi giochi e le stesse emozioni, e sono queste le somiglianze importanti, che nessuno potrà mai contestare, che vanno oltre ogni legame sanguigno. Tutti i bambini sono fratelli e sorelle, come un'unica, enorme, stupenda famiglia.
Mi viene in mente Alessandra. Quanto le sarebbe piaciuto essere qui...

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