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Ore 16.30.
Siamo già allo stadio di Wembley. Quel luogo bianco circolare dove pochi giorni prima sostava quella che mi sembrava una “grandissima” folla di fans ora è completamente sommerso di gente e non si riesce più a distinguere neanche l’ingresso, la strada, il contorno stesso dello stadio. Infatti, nonostante siamo arrivate con parecchie ore di anticipo (nella vana speranza di riuscire a trovare un angolo da cui poter vedere bene il palco), sul posto ci sono già migliaia di persone, penso di non averne mai viste così tante tutte insieme. Basta immaginare che, tutte accatastate vicino ai cancelli chiusi dello stadio, ci sono delle tende da campeggio. Esatto! Alcuni fans hanno dormito per chissà quanti giorni nei sacchi a pelo per essere sicuri di aggiudicarsi un posto in prima fila quando i cancelli si apriranno. Mimetizzati nella mischia, un cameraman e una giornalista si impossessano di un minuscolo spazio quadrato per il collegamento in diretta con The News. Non appena riceve il segnale, la donna comincia a parlare al microfono, riversando parole su parole, ma non riesco a sentire niente. Chissà cosa starà dicendo… Sono troppo lontana per sentire o tantomeno posizionarmi dietro di lei per salutare la telecamera come stanno facendo tanti fans urlanti accatastati l’uno sull’altro.
Di fronte alla circonferenza dello stadio corrono i binari di un treno, proprio quelli descritti sempre da mio padre nei suoi racconti. E’ tutto completamente diverso da come lo avevo immaginato o sognato, ma così reale e maestoso da far paura! In un angolo adocchio una bancarella e mi avvicino incuriosita, con Alessandra che cerca di starmi dietro. L'emozione è così tanta che non mi riesce di star ferma neanche per un secondo. La bancarella vende esclusivamente cose di Michael: cappellini da baseball, magliette, spille, collane, bracciali, striscioni, foto, cappelli di feltro nero (imitazioni dei Fedora usati da Michael), guanti paillettati… Cerco di aprirmi un varco tra la folla e dopo una fila pazzesca arriva finalmente il mio turno. Mi ritrovo così tante cose davanti e dopo una rapidissima occhiata scelgo a caso un set di quattro spille che appunto subito sulla T-Shirt. Lascio sul banco una manciata di soldi e ci mettiamo subito a correre. I cancelli potrebbero aprirsi in qualsiasi momento e voglio almeno giocarmi la possibilità di arrivare più sotto possibile al palco. Sono veramente agitatissima, non mi rendo conto di quello che sta per succedere e, colta da un impeto di felicità, stringo forte la mano di Alessandra per assicurarmi che rimanga al mio fianco come unica prova che è tutto reale e non sto vivendo un sogno.
–Tutto bene?– mi chiede accompagnando la domanda con una risata, ma io intuisco quello che ha detto solo attraverso il movimento delle labbra perché la confusione è enorme.
Vorrei fare cenno di “No”, che non va affatto bene perché questa confusione mi fa girare la testa, perché voglio solo che aprano quegli stupidi cancelli, perché voglio vedere Michael, perché voglio sentire di nuovo la sua voce, perché… Ma invece, con un movimento involontario della testa, faccio cenno di “Sì”, perché nonostante l’ansia dell’attesa sono qui tra un misto di panico ed eccitazione, e il semplice fatto di essere qui a Londra fuori dal Wembley Stadium mi fa sentire la persona più fortunata del mondo! Alessandra mi allunga una bottiglietta d’acqua che fa spuntare magicamente dalla borsa ed io la ringrazio con gli occhi, godendo di quel pizzico di sollievo che mi regala l’acqua fresca non appena scorre giù per la gola. Con tutto questo urlare sto perdendo sia la voce che la saliva, e queste grida sono solo l’inizio di una lunga serie. Dopo all’incirca un’oretta passata sotto il cielo perennemente coperto di Londra, le grida che non sono mai cessate, invece di attenuarsi, echeggiano ancora di più. Sollevo lo sguardo contemporaneamente a tante altre persone che mi circondano e anche se non vedo i cancelli, vedo consumarsi il delirio sotto i miei occhi. Esplode una bomba di gente che comincia ad agitarsi impazzita e a fare pressione in avanti peggio della corrente di un fiume e capiamo che quello è il segnale. Sembra impossibile, ma trascorro il periodo più terribile ed eccitante della mia vita. Passo dopo passo, un passo ogni dieci minuti, e l’ansia ti corrode lentamente, ma l’idea di ciò che ci aspetta è molto più forte dell’attesa e per il mio idolo attenderei anche una vita intera. Finalmente è il nostro turno, oh mio Dio! Mostro il biglietto ad un uomo alto e grosso, con una faccia poco amichevole che generalmente mi avrebbe messo sulle difensive, ma ora non ci faccio caso perché il mio sguardo è già puntato verso l’orizzonte, verso il luogo che ho atteso per così tanto tempo, dove la mia avventura sta per cominciare. Mi volto giusto in tempo per afferrare la manica della maglietta di Alessandra, poi non guardo più in faccia a nessuno e l’unica cosa che penso è “Corri Claudia!” Ad ogni passo mi accorgo che lo stadio è sconfinato! Ogni metro percorso è un battito che accelera e l’arrivo al traguardo sognato per una vita. Essendo abbastanza allenata corro velocemente e mi stupisco di me stessa, penso di non essere mai stata così veloce, punto ad uno dei primi posti dietro le transenne dove tutta la gente si sta accalcando, mentre sprono Alessandra che non riesce a starmi dietro. Mi fermo dietro ad una barriera impenetrabile di persone, un muro, e quando capisco che sono arrivata al capolinea sollevo lo sguardo, con il fiatone. Ce l’abbiamo fatta! Grande, bellissimo e con un’atmosfera magica… Tutta l’area delle tribune è piena di giornalisti e cameraman che ci stanno riprendendo con le loro telecamere. Ancora non è tutto pieno e ci sono dei varchi tra la folla. Alla fine, tra un po’ di spinte, riusciamo a guadagnarci un posto con una buona visibilità che affaccia sul lato sinistro del palco. Al centro dello spiazzo c’è un’immensa struttura con un proiettore e lo striscione LONDON. Il palco è altissimo, circa due metri, e il fatto di stare lì sotto, in mezzo a talmente tanta gente che sembra di navigare nell’oceano, mi fa sentire minuscola. Siamo eccitatissime, ma da quel che vediamo non siamo le uniche. Durante l’attesa parliamo con un gruppo di ragazze che si trova più o meno alla nostra altezza. Scopriamo che, come noi, c’è gente che viene da altri paesi: Italia, Cina, Giappone, America, India, Finlandia… da tutto il mondo! In molti raccontano che non è affatto il loro primo concerto, ma che ne hanno già visti cinque o sei e che non vi hanno mai rinunciato anche se i biglietti costano parecchio. C’è chi ha messo da parte i risparmi, chi l’ha ricevuti come regalo di compleanno, chi ha fatto file chilometriche per comprarli… Tutte queste cose mi turbano un po'. E se nel mondo c’è un uomo che ha dovuto ricomprare i biglietti o (peggio!) ha dovuto rinunciare al concerto perché non li trovava più? Distolgo il pensiero e mi giro verso Alessandra, che sta chiacchierando con un ragazzo dai tratti cinesi. E’ un attimo. Guardo alle mie spalle e un mare di gente ha occupato l’intero stadio mentre io stavo conversando tranquillamente. Mi prende il panico. Ecco cos’era tutta quella pressione alla schiena che sentivo aumentare sempre di più. E se mi sento male che faccio? Non c’è più via d’uscita. Non posso muovermi e anche se ci riuscissi non saprei come fare ad uscire da tutta questa massa di gente; sono immobile, mi guardo intorno e rifletto su quale sia la cosa più rassicurante da pensare. Come può un posto essere così grande da poter contenere tutta questa gente? Le altre persone spingono così tanto che non riesco neanche a muovermi, ho le gambe incastrate; il fiato mi si fa improvvisamente corto. Picchietto con la mano sulla spalla di Alessandra, ho come l’impressione che nemmeno lei si sia accorta di cosa stia succedendo.
-Ale, Ale… Alessandra!– grido disperata.
-Che c’è? Non vedi che sto parlando con…
-Girati– la interrompo secca.
Sgrana gli occhi, impaurita, e apre la bocca per dire qualcosa, ma rimane in silenzio.
-Che cosa facciamo adesso?– chiede con una faccia preoccupatissima.
-Ci godiamo il concerto e… cerchiamo di non sentirci male. Vedere i concerti in televisione è una cosa, stare in mezzo alla folla ne è un’altra! Solo ora mi rendo conto che se la gente si sente male un motivo c’è.
–In mezzo a tutta questa gente- cerca di farsi sentire Alessandra -fa così caldo che mi gira la testa.
Si è già cominciato a fare buio. L’ammasso di voci indistinte aumenta di volume man mano che il tempo passa e sono convinta che in qualsiasi luogo di Londra si sente un boato di urla. C’è chi grida, chi fischia, chi si sente male prima che il concerto cominci, chi chiacchiera eccitato con gli altri. Mi guardo intorno e riesco a distinguere le divise di polizia, forze dell’ordine, vigili del fuoco, la croce rossa nel caso qualche fans si sentisse male (il che è molto probabile)… e tanti, tantissimi fotografi! Dopo un’altra breve e impossibile chiacchierata scopro che qui al concerto, da qualche parte, c’è la principessa Diana in persona e che Michael ha avuto un incontro con lei, il principe Carlo e tutto il resto della famiglia reale e ha fatto una donazione per beneficenza di ben $450.000. So che Michael e Lady Diana vanno d’accordo e che Michael stima molto la principessa perché entrambi si interessano ai bambini, alle buone azioni, al mondo e a tutti i problemi del pianeta che si impegnano a combattere.
All’improvviso, tutti iniziano a gridare a squarciagola il nome di Michael (qualcosa di pazzesco e inimmaginabile, non sembrava possibile dato che già prima le urla erano incontrollabili) e ad alzare le braccia al cielo con degli striscioni pieni di scritte. La mia testa comincia a voltarsi in maniera irrefrenabile a destra e a sinistra, mi sollevo sulla punta dei piedi e inizio ad urlare così tanto che mi isolo dal mondo e sento solo il mio grido morirmi in gola per l’agitazione. Sento che sta per succedere qualcosa, ma sinceramente non so cosa aspettarmi di preciso. So solo che sono qui per lui. Un brivido mi corre lungo tutto il corpo e provo un miscuglio di emozioni che mi fanno sentire in parte nervosissima e in parte troppo emozionata per controllarmi. Qualche fan prova a sgattaiolare fuori dalla massa, ma viene immediatamente bloccato. Tutte le voci attorno a me gridano, come se fossero una sola persona, un nome. Quel nome… Sentito così tante volte, ripetuto all’infinito, amato da sempre. Passa all’incirca qualche minuto prima che accada l’inaspettato...

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