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-Eccoli, hai visto?- dice Michael, puntando il dito in lontananza. La sua risata vola via insieme al fruscio tra le foglie della chioma. -Sono ritornati.
-Ma che cos'hanno in mano?-
Le loro mani stringono qualcosa di allungato e colorato e un grande secchio.
-Sembrerebbero le mie Super Soaker. Hey, dove le avete trovate?- grida ai bambini, senza ricevere risposta.
-Super Soaker?
-Le mie pistole ad acqua. Sono i migliori giocattoli ad acqua mai prodotti. Hanno una mira infallibile. Sono qualcosa di preziosissimo per me!
-CHE COSA?
-Me le hanno regalate a Natale degli amici...- continua lui, tranquillamente. -Le desideravo tanto e loro me le hanno comprate! Ero contentissimo!
Lo guardo, non so se più presa dal panico o più divertita da tutta questa situazione. Sta per succedere quello che penso? I due bimbi corrono e non facciamo in tempo a scappare che già ci hanno bagnato.
-ALL'ATTACCO!- gridano all'unisono.
Sparano acqua con delle pistole di plastica e dal secchio tirano fuori dei gavettoni.
-No! No!- gridiamo tra le risate, tutti inzuppati.
Rubiamo qualche palloncino dal secchiello e ci difendiamo. Wow, vedere questo lato di Michael mi fa sempre la stessa strana sensazione! Un fan lo vede alla TV scatenarsi sul palco, cantare, ballare, piangere, ma non pensa minimamente alla sua vita privata. "Guardali, sono in sintonia. Si sente uno di loro. E' uno di loro" penso. E' tutto così perfetto quando ci sono i bambini!

Quando finiscono i palloncini e l'acqua nelle pistole giocattolo, la guerra termina. In verità, rimane un solo gavettone...
-Okay, adesso andiamo!
Ci afferrano con le piccole ma potenti manine e ci trascinano... non so dove.
-Dove ci state portando?- chiediamo con una leggera nota di preoccupazione.
I due bimbi si guardano con intesa ma non rispondono. Raggiungono la golf cart più vicina e salgono a bordo, cominciando a gridare: -La guido io! -No, io!
Michael li guarda con espressione seria e alla fine li blocca dicendo: -L'ultima volta hai guidato te Ben, ora lascia farlo a Peter!
Io lo guardo attonita e non riesco a credere alle mie orecchie: dovremmo salire su una golf cart di quelle dimensioni lasciando guidare un bambino di sette anni?!? A quanto pare sì. E' vero che non siamo in mezzo alla strada, ma l'idea è assurda! Penso che dovrò imparare ad abituarmi alle cose fuori dal comune, a... stravolgere un po' la vita. Mi sento proprio in un mondo parallelo, dove non ci sono regole e ogni cosa proibita nel nostro mondo qui è possibile, legale. Una volta saliti a bordo, l'auto parte lentamente, con i due bambini davanti e noi due accomodati dietro, seduti con le gambe penzoloni e la schiena rivolta al volante. -Allora, qui rimane un solo gavettone- osservo, afferrandolo dal sedile e lasciandolo a Michael. -Che cosa avete intenzione di farci?
-Non saprei... Anzi, no. Aspetta un attimo. Rallenta Peter.
Ora al lato della strada compare un piccolo carretto che distribuisce gelati e granite e dietro vi è un uomo nella sua divisa, tutto sudato per il calore di questa giornata. Le temperature sono molto alte, ci sono quasi 40° all'ombra. Gli passiamo alle spalle e lui non sembra accorgersi di niente, come se fosse tutto normale. Due bambini che guidano una golf cart, Michael con un palloncino in mano... tutto regolare fino a prova contraria. Poi sento Michael dire, con un tono di voce più alto del dovuto: -Certo che fa proprio caldo oggi, eh?!- sottolineando ogni singola parola e poi... lancia il gavettone che va a colpire esattamente le spalle dell'uomo. Si gira di scatto, con il ghiaccio per le granite ancora in mano e una chiazza d'acqua scura dietro la schiena, e Michael alza le mani come un innocente gridando: -Non sono stato io!!!
Dall'espressione non sembra arrabbiato, come se avesse trovato finalmente sollievo dal caldo. Scoppiamo a ridere tutti e quattro come matti. Peter accelera improvvisamente e noi, che eravamo in piedi per goderci la scena, cadiamo in avanti per l'improvviso aumento di velocità. Ci risediamo e stringiamo entrambi le mani sotto il portellone della vettura su cui siamo seduti, l'unico appiglio concreto, con i cuori in gola e lo stomaco sottosopra. Serriamo i denti, ma non riusciamo un attimo a smettere di ridere, nonostante la pericolosità della situazione, come due incoscienti. Già, incoscienti, ma felici. Siamo ritornati al punto di partenza: ai cancelli. Riprendiamo un attimo fiato non appena la vettura rallenta, poi accelerano nuovamente e ci fanno prendere una stradina tra querce e piccoli cespugli. I nostri corpi subiscono uno sbalzo in avanti nello stesso momento. Vedo i ricci di Michael agitarsi ribelli nel vento, mentre i miei capelli, lisci e ordinati, non si scompigliano di un millimetro. La golf cart inchioda improvvisamente e io e Michael scendiamo dal retro tenendoci lo stomaco, con un mezzo senso di nausea e la testa che gira incessantemente.
-Peter- biascica Mike, vagabondando come ubriaco sul prato -la prossima volta guido io, giuro! Ti... ti ritiro la patente!
Quando riusciamo a riprenderci, mi guardo intorno sbigottita. Forse era per i giramenti di testa che ancora non mi ero resa conto del posto in cui siamo. Abbiamo lasciato la strada circondata da erba, aiuole colorate con bellissimi fiori variopinti e alberi giganteschi. Ora i miei piedi sono su un mattonato e di fronte a me la piscina più bella che si sia mai vista! L'acqua è di un azzurro cielo tanto che si fa fatica a distinguerli e sul bordo spiccano uno scivolo bianco che si tuffa direttamente all'interno della piscina e delle scalette che portano ad un maestoso trampolino. Attorno si vede ancora qualche albero e in lontananza, alle mie spalle, il Lake Neverland, il lago, ci regala un panorama mozzafiato, anche se si vede solo qualche scorcio d'acqua, tra un albero e l'altro. Quando ritorno con i piedi per terra vedo Michael che si sistema la maglietta, prende un accappatoio bianco e se lo infila da sopra i vestiti.
-Bravi ragazzi! Mi piace tanto la piscina.
Si arrampica sulle scalette e sale sul trampolino. Inizia a ballare, fa il Moonwalk, muove braccia e gambe a ritmo di una musica immaginaria... penso: è proprio lui e questa è proprio la sua vita, non riesce a non ballare neanche in piscina! Peter mi fa segno di stare in silenzio e sempre silenziosamente si arrampica sulle scalette. Proprio quando Michael arriva alla parte terminale del trampolino, con il viso rivolto verso l'acqua, Peter allunga una mano e senza fatica dà una piccola spinta alla sua schiena, quanto basta per fargli perdere l'equilibrio. I miei occhi osservano a rallentatore la scena, impotenti. Michael si china in avanti in bilico, mezzo accovacciato per cercare di non perdere l'equilibrio, le sue braccia fanno tre giri verso avanti, ma senza successo. L'ultima cosa che sento è il suo urlo pazzesco: -No! Nooooooo!!
Mentre l'accappatoio fluttua nell'aria, il cappello vola dalla sua testa prendendo un'altra direzione. Un rumore d'acqua. Le bollicine create dal tuffo si sollevano in aria in mille spruzzi per poi dissolversi lentamente col trascorrere dei secondi. Lo vedo riemergere dall'acqua tutto bagnato, acciuffa il cappello che galleggia poco lontano e si sistema il ciuffo riccio di capelli che gli si è andato a spiaccicare davanti agli occhi.
-Ragazzi, se vi prendo...! Preparatevi a scappare!
Le loro risate echeggiano addirittura più forti degli schizzi creati dall'acqua. E' un attimo. Mi mettono le mani dietro la schiena e mi spingono più forte che possono. Cerco di puntare i piedi per terra, anche se ogni resistenza è inutile. Ma una volta non ero una loro complice? Non doveva finire in questo modo!
-No, vi prego! Nooo! Sono una brava persona...
Niente da fare. Finisco in acqua anche io. Altre bollicine, altri schizzi, ma per un attimo il mondo diventa confuso e i suoni ovattati fino a scomparire del tutto. Quando apro gli occhi, però, sono sott'acqua e sento uno strano calore. Urto qualcosa con la mano. Una chiazza bianca e nera. Ora ricordo: la maglia di Mickey Mouse! Forse è un'impressione o l'effetto dell'acqua, ma sento il corpo di Michael immergersi piano, vedo la matassa di capelli neri trasportati dall'acqua agitata e poi una mano, salda, forte, ma allo stesso tempo amorevole. Non dubito neanche un istante ad afferrarla e nel momento in cui lo faccio il corpo è pervaso da un'ondata, come una scarica elettrica che mi dà un flusso di energia. L'ultima cosa che vedo sono due occhi scuri e un sorriso paradisiaco che mi rischiara per un attimo la vista. Riemergo. Per quanto sono stata sott'acqua? Mi è sembrata un'eternità, eppure è trascorso solo un secondo. Non mi sarebbe dispiaciuto rimanere lì sotto per sempre. Il mio corpo reagisce come se avesse appena subìto un incantesimo. Non riesco a muovere neanche un muscolo. Con uno sguardo frettoloso mi accorgo che le nostre mani sono ancora sott'acqua, intrecciate l'una nell'altra e le sue dita affusolate sfiorano le mie. Michael si passa l'altra mano nei capelli per riportarli dietro l'orecchio, poi mi guarda e si stringe nelle spalle come per dire "Io te l'avevo detto". Le risate dei bambini sono così vicine, ma io le sento distaccate dal resto del mondo, lontane, e rimango appesa ad un unico filo: il suo sguardo. Uno sguardo che suggerisce molte cose, ma confuse. Ho sognato tutto quello che è successo sott'acqua? Perché mi ha dato la mano? Non riesco più a distinguere la realtà dall'immaginazione, ma sono sicura che se mi chiedessero di rifarlo lo rifarei, dieci, cento, mille volte!

Dopo lunghi momenti di bagnato divertimento, ci stendiamo nel prato ad asciugare. I bambini ci raccontano dell'espressione delle nostre facce quando ci hanno bagnato con le pistole ad acqua e scherzano sulle nostre urla terrorizzate quando ci hanno spinto nella piscina.
-Io sono asciutto!- grida un bambino.
-Anche io!- si alza in piedi l'altro.
-Non è vero!- ride Mike. -Manca un punto qui e qui, e anche qui...
Inizia a fargli il solletico e loro scappano.
-Prendici.
Si rincorrono felici. Vorrei unirmi a loro, ma rimango un attimo a guardarli. "E' difficile stabilire chi sia più bambino tra i tre" penso. Si vede che si trova bene con i piccoli, di gran lunga più degli adulti. I bambini ed io siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Questo è quello che dice sempre Michael. La noia per loro non esiste, è qualcosa che si può tranquillamente sconfiggere con le risate. Mi sento una stupida ad aver detto a Michael, ieri sera: "E tu ti lasci torturare da loro in questo modo?" Queste non sono torture, ma medicine contro la troppa serietà degli adulti. Se tutto il mondo si circondasse della semplicità dei bambini, a nessuno verrebbe in mente di fare guerre e di uccidere le persone!
-Claudia!- Peter mi chiama insistente. -Acchiappami!
-Arrivo! Preparati a correre!
Scatto in piedi e corro anche io. Sono appena entrata nel campo dell'elisir di eterna giovinezza. Se fossi rimasta tra il traffico di Roma, penso che avrei ritenuto questi giochi molto infantili, ma ormai non è più così... Ed è proprio in quel momento che arriva Wayne dicendo che c'è una telefonata per me dall'Italia. È Alessandra... così afferro Michael per un braccio.
-Hey, è Alessandra... Da quella volta che ti ha visto in concerto si è appassionata molto alla tua musica. Vorrei che le facessi una sorpresa... sempre se ti va.
Lui afferra il cordless. Non so quale sia la reazione della mia amica, pagherei oro per saperlo. Sento solo le risposte di Michael, molto gentili.
Ben mi bisbiglia: -Ma chi è Aless...?- Fa fatica a pronunciare un nome così diverso da quelli americani.
-Alessandra. Un'amica di Roma. Diciamo che le piace Michael, ma non l'ha mai conosciuto, quindi ho deciso di farlo rispondere al telefono al posto mio, per farle una sorpresa.
-Che cosa carina! Ed è contenta?
La immagino senza parole, distesa sul letto e il cuore che batte per l'emozione. E' vero, non è una fan come me, ma Michael rimane sempre Michael. La immagino pensare: "Claudia, cavolo, almeno potevi avvisarmi, così mi preparavo un discorso da fargli senza fare la figura di quella che non riesce a spiccicare parola, ma... oh Dio, grazie! Non posso crederci che sto parlando con Michael Jackson!" Già, la sua solita discordanza di idee...
-Sì- rispondo infine. -Immagino proprio di sì.
Credo che non mi chiamerà più per un po' di giorni, oppure, se mi chiama, si sarà preparata un discorso scritto di minimo tre pagine e mezzo nel caso non rispondessi io ma qualcun altro. Eh, beh, questa è Alessandra: precisa, meticolosa... ma fantastica. Forse è per questo che andiamo molto d'accordo.

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