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Inspiro a fondo l’odore di legno. Non so quante volte l’ho già fatto da quando siamo arrivati. Com’è bello essere di nuovo a Neverland! Mi è mancato tutto di questo posto, dall’inizio alla fine: i giochi, la casa, le risate sul Carosello, la musica prodotta dal Giving Tree, il frinire delle cicale non appena cala la sera… ogni minimo particolare, ma più di tutto mi è mancata la sua tranquillità. Andare in concerto con Michael non è stata solo un’esperienza indescrivibile, mi ha anche aiutato ad aprire gli occhi su ciò che prima, dalla parte della massa, non riuscivo a vedere. Per tutto il tempo in cui siamo stati a New York, non c’è stato un solo secondo in cui Michael si fosse potuto sentire un perfetto straniero; ovunque andavamo (l’aeroporto, il tragitto fino al Madison Square Garden, l’hotel, per non parlare delle strade) c’era sempre un’enorme folla di gente che si appostava e gridava. La notte non riuscivamo a dormire perchè sentivamo le loro urla, che continuavano incessanti nella speranza che il povero Michael si svegliasse e si affacciasse per l’ennesima volta al balcone. Non si poteva fare una passeggiata tranquilla nel pomeriggio, come qualsiasi persona normale, giusto per passare un po’ il tempo, perché appena mettevamo piede fuori c’era gente che urlava il suo nome, che tentava di toccarlo e strappargli qualcosa, o di estorcere un autografo. Sì, certo, all’inizio questo può essere piacevole ed è anche ciò che ti dà la carica e ti spinge ad andare sempre avanti, ma arrivati a questi livelli ti accorgi che vorresti tornare indietro, ma non puoi; ormai la cosa è inarrestabile. Capisco ora più che mai uno degli aspetti di Neverland: un posto completamente isolato dal mondo esterno dove Michael può essere sé stesso e fare quello che gli è negato, anche se molte volte i fans si trovano anche fuori dai suoi cancelli. Ma ditemi, è forse vita questa? Michael è ancora un ragazzo! La fama può essere tanto gratificante quanto distruttiva. Non riesco a pensarci, e per un attimo la mia idolatria che ho avuto nei suoi confronti per tutti questi anni mi sembra totalmente sbagliata.
Sono seduta sul divano, Michael sta preparando un buon tè. Mi guardo intorno e sprofondo ancora di più nei cuscini. Fuori piove. E’ un’ingiustizia, non vedevo l’ora di correre spensierata sulle distese di prato e salire sul Giving Tree… Invece dobbiamo rimanere chiusi in casa (una casa da sogno, okay, ma io e Michael da questo punto di vista siamo uguali: adoriamo l’aria aperta e i giochi).
Sono stanca. Ieri, quando l’aereo è atterrato, abbiamo trovato la solita accoglienza di giornalisti e fans. Ma come fanno a sapere sempre giorno e ora esatti dei nostri spostamenti? Dubbi esistenziali.
-Ecco il tuo tè.
Mi porge la tazza bollente e io gli faccio posto accanto a me sul divano.
-Grazie. Mmh, che buono!
-E’ quello che ci vuole durante queste brutte giornate. Qui d’estate si sta bene,  ma quando comincia a piovere è meglio chiudersi in casa.
-E’ così brutto però! Io mi aspettavo di tornare e iniziare a correre sui prati, o andare alle giostre…
Bevo un altro sorso.
-Domani ci divertiremo un mondo!– esclama facendo traballare pericolosamente il tè nella tazza.
-Che succede domani?– chiedo sempre più curiosa.
-Vengono a trovarmi due bambini davvero molto simpatici, Peter e Ben. Durante l’estate vengono spesso a giocare con me. Te l’ho detto, non mi piace stare da solo…
-Sarebbe bellissimo!
-Ti devo avvertire però: fanno molti scherzi!
-Scherzi? Di che tipo?– Il modo in cui ha sottolineato quella parola mi incute un po’ di paura. Mi metto a ridere.
-Una volta, ad esempio, hanno preso un secchio d’acqua e mi hanno teso un agguato, oppure c’è stata quella volta che mi hanno rotto un uovo in testa…
-E tu ti lasci torturare in questo modo?– chiedo sarcastica.
-Sono bambini, mi piace il loro modo di divertirsi, la loro sincerità e schiettezza. E’ una cosa stupenda! E’ per questo che me ne circondo. Mi sento come loro: un eterno bambino.
-Anche io la penso così.
Mi sorride. Poso la tazza vuota sopra un tavolino lì vicino.
-Caramella?
-Dopo il tè?
-Perché no?!
Sul volto appare quel sorriso così bello e raggiante che illumina la serata anche se sta piovendo e fuori è tutto buio. Il cappello nero Fedora che ha sempre sulla testa si inclina di lato. Lo fisso e lui, attentissimo, se ne accorge.
-Ti piace?
-Moltissimo! A casa ne ho uno simile che avevo trovato ad un mercato… Certo, non è la stessa cosa, ma da piccola mi divertivo ballando con quello… e anche adesso– arrossisco e l’attimo dopo, ripensandoci, scoppio a ridere.
Se lo toglie, si dà un’aggiustatina ai capelli e me lo posa delicatamente sulla testa. Mentre fa questo movimento mi accorgo che nella parte interna del cappello, in caratteri dorati, c’è scritto “Michael Jackson”.
-Ma che carina che sei!
Mi specchio nel tavolino di vetro. Quanto avrei dato un tempo per toccare il cappello indossato dal Re del Pop. Quando vedevo un concerto in televisione e lui lanciava il Fedora ai fans, saltavo sul divano come se avessi potuto prenderlo e l’attimo dopo mi rattristavo, consapevole che non sarebbe mai stato possibile.
-Grazie, ma a te sta meglio– dico sollevando leggermente la falda troppo grande che mi ricade continuamente sugli occhi.
Dal barattolo di caramelle ne prendo una arancione. Mike accende la tv e infila la videocassetta del concerto ripreso dalle telecamere. E’ emozionante! Iniziamo a commentare ogni passo che ci fa ridere, le facce che fanno i fans disperati, i progetti di miglioramento per un concerto futuro…
E’ tutto così perfetto, quando qualcosa mi salta letteralmente addosso. -Aaaaaaaah!!!!!!
Michael grida insieme a me. Poi tutto un tratto scoppia a ridere e anche se sono ancora spaventata, la sua risata mi fa arrivare in Paradiso con un biglietto di sola andata.
Michael si china dietro il divano.
-Esci fuori birbante che non sei altro!
-Ma che stai facendo?– chiedo allibita.
La videocassetta continua ad andare noncurante di urli, strilli e risate. Sulla sua spalla appare Bubbles!
-Bubbles, la devi smettere di fare i dispetti. Su, da bravo, chiedi scusa.
Proprio come un bimbo obbediente, Bubbles mi sorride e passa dalla sua spalla alla mia, si aggrappa alla schiena e mi dà un bacetto sulla guancia.
-Che carino che sei! Grazie.
-Gli stai indubbiamente simpatica! Con gli altri non fa amicizia così in fretta… Ma da dove sei entrato, eh? Dalla finestra?
Lo scimpanzé agita la testolina pelosa e batte un po’ i denti, lasciando intendere che ha freddo.
-Oh Bubbles, povero cucciolo, sei rimasto fuori con questa pioggia?–
Lo scimpanzé si avvinghia a me e sale a cavalcioni sulle spalle, come se avesse capito che sto prendendo le sue difese. Insomma, mi ha fatto prendere un bello spavento, ma è veramente dolcissimo!
-Scusa se ti ha spaventata, ma è fissato con gli scherzi– riprende Michael, ignorando gli strilli di Bubbles.
-Ahahah, da qualcuno deve aver preso– e gli rivolgo un’occhiata d’intesa.
Michael mi guarda un attimo (forse non si aspettava questa risposta) e poi scoppia a ridere.
E così continuiamo a guardare la TV, solo io, Michael e… un bimbo-scimpanzè!

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