Eccomi nuovamente in camera. Prendo le cuffie nuove, grandi, bianche e arancioni, proprio come le volevo io; me le avevano regalate i miei per il mio quindicesimo compleanno e ancora ricordo l’emozione quando ho scartato l’inaspettato pacco. Le metto sulle orecchie e collego il cavetto allo stereo, in questo modo potrò dare un po’ di sollievo alle orecchie di mia madre. La musica parte. La mia canzone preferita dell’album Bad: Man in the mirror. La dolce e calda voce di Michael mi avvolge. Chiudo gli occhi. Me lo immagino davanti a me, con il microfono in mano, che canta fissandomi con quei suoi occhi scuri e penetranti. Mi alzo dal letto con gli occhi ancora chiusi e inizio a ballare e cantare, col cuore pieno di felicità. Perché gli altri non mi capiscono? Apprezzo lo sforzo dei miei genitori, quando ne ho bisogno mi appoggiano e cercano di capirmi, ma quando si tratta di Michael Jackson non c’è proprio verso. Non riescono a vederlo come lo vedo io. Penso a lui notte e giorno, lo considero come un angelo, il MIO angelo, e morirei senza la sua musica. Forse è una cosa normale il fatto che lo considerano solo come un semplice cantante e ballerino (d’altra parte non sono fan), ma devono capire che io lo vedo in modo diverso da loro, che sono innamorata anche della persona che si cela dietro l’artista. Ho bisogno di qualcuno con cui possa condividere i miei sogni su Michael, che capisca quella sensazione che ti fa togliere il fiato quando senti la sua voce, che provi il mio stesso dolore quando realizza che vederlo sarà praticamente impossibile… Alessandra scherzando dice che la mia è una “malattia ossessiva”, ma quando dice questo ci rido su perché so che non lo dice con cattiveria. Le persone che mi vedono da fuori la chiamano “ossessione”, a me piace chiamarlo “legame” tra Michael e noi fans: lui stesso rivela sempre che ci ama e che lui non sarebbe niente senza di noi. E intanto sono ancora qui, con gli occhi serrati, e ho quasi paura di aprirli. Michael, davanti a me, che mi guarda, si avvicina, ma non riesco mai a toccarlo. Lo vedo avvolto da una luce, un insolito bagliore che ha un qualcosa di magico, speciale. Vedo la sua bellezza, percepisco la sua dolce risata, ma è solo una fantasia della mia mente, so già che quando aprirò gli occhi avrò l’ennesima delusione. Non fa niente, è più forte di me. Ci provo. E continuerò a provare fino a quando non realizzerò il mio sogno. Spalanco gli occhi. La voce di Michael è ancora in testa, ma ora sembra quasi finta perché aprendo gli occhi tutti i miei pensieri e i miei sogni sono volati via, spariti, come spaventati dall’improvvisa luce. Di fronte a me c’è una comune camera, con armadio, letto, mobiletto, il poster che mi fissa appeso alla porta e l’odore del pranzo che aleggia ancora nella stanza. Tutto è al suo posto, immobile nella normalità che mi circonda. “La magia è finita Claudia. Hai aperto gli occhi. Ora puoi anche sfilarti le cuffie”.
Okay, devo prepararmi per uscire. Apro l’armadio. Nella parte interna dell’anta lo specchio riflette la mia immagine, il mio corpo ancora immerso comodamente nel pigiama e alle mie spalle le stampelle che dondolano al loro posto. Infilo la testa tra i vestiti e inizio a cercare qualcosa da mettermi. Decido che va benissimo una maglia turchese molto larga e leggera e un pantaloncino di jeans corto. Prendo le scarpe da ginnastica dalla scarpiera, infilo qualche moneta in tasca e sono finalmente pronta.
-Io esco, ci vediamo stasera- dico raggiungendo mia madre in soggiorno.
Le pile di fogli e la sua faccia stanca mi suggeriscono che, come al solito, nonostante sia estate, è ancora sommersa di lavoro.
-Va bene, ma non fare tardi.
Le lascio un bacio a stampo sulla guancia e infilo la porta di casa.
L’edicola non è molto lontana da casa. Devo solo sorpassare quattro/cinque isolati, svoltare l’angolo e attraversare la strada per arrivare in una piccola piazza. Sono più o meno le tre e mezza, il caldo è soffocante e per questo motivo non c’è quasi nessuno in strada. Ecco la piazzetta e, proprio all’angolo, l’edicola verde con le tende a righe scolorite dal sole calate per metà per fare più ombra.
Da dietro il bancone un uomo mi accoglie con un sorriso: Marco. Ha una cinquantina d’anni, ma si direbbe quasi sessanta, capelli grigi, occhiali da vista che rimpiccioliscono ancora di più le già strette fessure degli occhi. Mi raggiunge il forte odore del suo dopobarba. Quando ero più piccola, mio padre veniva sempre qui a prendere giornali e riviste di musica. Ora sono io la cliente abituale che compra magazine di Michael.
-Ciao Marco. Il solito- e gli riverso sul bancone una manciata di monete.
-Ecco il tuo giornale- dice con voce roca e mi porge il tesoro così tanto atteso, come sempre rivolto al contrario, con il retro all’insù.
-Mi stavo giusto chiedendo come mai non fossi ancora venuta. Di solito sei qui la mattina appena apro l’edicola- e sghignazza, portando di nuovo sul naso gli occhiali scivolati per il sudore.
-Mi sono svegliata tardi…- dico ridendo. -Buon lavoro!
-Grazie! E a te buona lettura- mi fa l’occhiolino e vado via.

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We are Forever
Fanfiction《E poi sei arrivato tu, con un semplice cappello Fedora, un paio di mocassini e un guanto di paillettes...》 Claudia ha da sempre avuto una passione sconfinata per Michael Jackson e un sogno nel cassetto. Così, quando le si presenta l'opportunità di...