Gli altri si saranno chiesti che fine abbiamo fatto. Perché siamo così in ritardo.
-Michael, io penso che sia ora di andare.
-Hai ragione- annuisce in tono sommesso.
Mi volto per aprire la porta, ma sento una mano afferrarmi il polso e un attimo dopo mi ritrovo avvolta tra le sue braccia. E' un abbraccio caldo e confortevole, vorrei rimanere tra le sue braccia per l'eternità, avere tra le mani il suo volto e sentire quel buon profumo che ormai è rimasto impresso anche sulla mia pelle.
-Grazie per essere qui-
Avrei tante cose da rispondere a queste semplici quattro parole, molti pensieri, fiumi di emozioni non identificate che scorrono dentro il mio corpo, ma l'unica cosa che riesco a fare è aggrapparmi per un attimo alle sue braccia e fissarlo negli occhi. Sono sempre stata convinta che uno sguardo possa comunicare molto di più delle parole stesse. Gli occhi sono lo specchio dell'anima. Sul suo volto appare un timido ma bellissimo sorriso, tanto da essere contagiata, quindi sorrido anche io.
Sulla soglia della porta è tornato vigile Wayne. Quando vede uscire anche Michael sorridente dietro di me e la camera in ordine, con il piccolo scimpanzé che si avvolge nelle coperte del letto, mi rivolge uno sguardo interrogativo; io rispondo con un semplice cenno della testa, facendogli intendere che ora è tutto okay. Mi soffermo un attimo sul viso di Wayne. C'è qualcosa di strano. Trattengo una risata e cerco di fargli un segno, ma rimane impassibile. Quando anche Michael si volta a guardarlo sfila i brandelli di giornale da dentro la tasca e glieli consegna: -Fanne quello che vuoi, ma falli sparire. Non li voglio più vedere- e appena li lascia nelle sue mani tiriamo insieme un sospiro di sollievo. Sentiamo di esserci liberati da qualcosa di pesante, come una nave quando leva l'ancora. "Meno male che non se n'è accorto" penso tra me e me.
Invece, mentre ci avviamo verso il corridoio per scendere nel ristorante, grida saltellando senza voltarsi: -Ah, dimenticavo! Wayne, sei sporco di zucchero a velo!- e sgattaioliamo giù per le scale tra le risate e il sussulto imbarazzato di Wayne.Nel pomeriggio continuano le estenuanti prove per il concerto. Speravo di lasciare dietro le spalle tutto ciò che era successo stamattina, invece in macchina, mentre Frank ci accompagna al luogo dove si terrà il concerto, il discorso esce di nuovo fuori, insistente.
-Ti prego- chiede abbassando lo sguardo -dimmi la verità, sei arrabbiata con me?
-Per cosa? Per oggi?
Annuisce.
-Pensavo fosse acqua passata. Come puoi...
-Accetterò tutto- mi blocca senza lasciarmi finire la frase -persino se mi volessi dire che lasci New York, Neverland e tutto il resto per tornare a Roma e fuggire da me e tutto questo tremendo mondo di cui mi circondo!
-Michael- gli stringo forte la mano -io non tornerò a Roma, né tantomeno mi allontanerò da te. Sei una persona fantastica, non ti giudico certo per quello che dicono i giornalisti. Il concerto è alle porte e voglio godermi tranquillamente questa settimana con te, a New York.
Ma lui non sembra convincersi con le mie parole e prosegue.
-Il fatto è che ti ho catapultato nel mio mondo così in fretta, senza neanche chiederti se era quello che volevi realmente...
-Devi credermi, non sono mai stata più felice di così.-
Gli stringo più forte la mano e lo guardo negli occhi per fargli capire la verità delle mie parole.
-Quando ti ho visto la prima volta ho pianto lacrime di gioia. Tu mi hai accolto facendomi sentire a casa, mi hai dato amore e gioia e mi hai confortato quando ne avevo bisogno. Oggi l'ho fatto io. E' stato un piccolo modo per sdebitarmi. E ora non ci pensare più, okay? Hai un impegno da portare avanti per i tuoi fans!
Sorride stupito. Mamma che sorriso!
-I MIEI fans? Forse volevi dire i NOSTRI fans!
Anche stavolta è riuscito a superare il problema, sempre con il sorriso sulle labbra. Quest'uomo ha una forza inimmaginabile. E' questo che la gente dovrebbe prendere come esempio, sapersi rialzare dopo una caduta, e ogni volta essere più forti della precedente.Arriviamo sul posto: il Madison Square Garden di New York, grande, imponente, tutto per noi. C'è un'enorme distesa di prato dove degli operai sono intenti ad avvitare viti e bulloni di quello che a prima vista sembra un palco gigantesco, posto verso il fondo in modo che tutta la gente possa disporsi davanti. Tutt'intorno ci sono, seppur lontanissime, delle tribune. Nel complesso il posto è così grande che è difficile immaginare tanta gente da riuscire a riempirne ogni singolo spazio, eppure so che anche questa volta, come tutte le altre, succederà. Il palco prende forma lentamente; è molto complesso (chissà quanto avranno lavorato per realizzarlo) e ancora arrivano camion e camion con la scritta gigante Bad World Tour stampata sopra! Me ne colpiscono particolarmente due: uno pieno di luci, fari, fuochi artificiali e altri oggetti da applicare nei punti voluti del palco come effetti speciali e un altro da cui spuntano dei teschi di scheletri a dimensioni reali. Immagino saranno quelli che useremo per Thriller... Gli altri non si stupiscono più nel vedere posti così grandi e tanti preparativi, ma per me è la prima volta e cammino lentamente in fondo al gruppo catturando con lo sguardo ogni minimo particolare. Ad un tratto la voce ferma di Michael mi fa riprendere il controllo. -Okay ragazzi, preparatevi! Tra cinque minuti iniziamo a provare. Nei camerini ci sono i costumi di scena. Indossateli.
Entro nel mio camerino. Alle stampelle sono appesi dei pantaloni neri attillati, una maglia bianca con l'applicazione di strass in qualche punto e due giacche: una nera con delle borchie argentate, un po' come quella che Mike ha usato per il video di Bad, l'altra è tutta grigia, con dei drappi malconci attaccati a caso sulle maniche e che pendono dalla schiena; sopra ci sono degli strani dispositivi trasparenti. Dall'insieme deduco che dovremo indossarla per Thriller, ma meglio non toccare niente, ho paura di combinare qualche disastro! Infilo pantaloni, maglia e giacca nera. L'altra la prendo con due dita. E' così pesante! Mi guardo allo specchio e mi sembra di rivedere il poster attaccato alla porta della mia camera.
-Hey, Dominic- lo chiamo dal camerino -sai che cos'è questa strana giacca?
-E' quello che mi stavo chiedendo. Non ne ho idea. Pesa tantissimo!
-Parlate della giacca?- chiede LaVelle, avvicinandosi.
Michael esce dal suo camerino tutto rosso, vestito da schianto con gli abiti che avevo provato io stamattina, e ci sorride.
-Indosseremo questa giacca per la performance di Thriller. Questi congegni trasparenti che vedete sono come delle piccole lampadine e quando le luci si spegneranno nel pezzo che vi avevo accennato l'altro giorno, premeremo questo bottone rosso nell'interno, vedete?
Ormai tutti i ballerini e anche qualche componente della band si sono avvicinati incuriositi.
-Nel buio questi congegni si accenderanno, producendo una luce intermittente, mentre noi balleremo. Sarà un effetto fantastico.
La genialità di Michael nel curare ogni minimo dettaglio ci stupisce sempre di più. Ed espertissimo nel suo campo è Michael Bush, il suo stilista personale che realizza i modelli e soddisfa in modo impeccabile tutto ciò che passa per la testa di Mike.
-Sono un perfezionista!- ribatte lui, ridendo. -Su forza, andiamo a provare.
La batteria ci dà il tempo, Michael inizia a cantare e noi balliamo dietro di lui. Tutto il mondo intorno a me svanisce e ci siamo solo io, il palco, la musica e il mio Maestro. E' tutto così bello, così eccitante, così perfetto, ma non per Michael, che ogni tanto chiede: -Potresti alzare un po' di più la nota? Possiamo ripetere di nuovo questo pezzo, lo voglio un po' più deciso! No, non è quello il passo giusto, rifacciamo.
Quando ballo mi sento fuori dal tempo e dal mondo, ma se ci fermiamo per un attimo e osservo tutte le persone di cui sono circondata, mi dico "No, non è possibile che sono qui, sto sognando!" Tutte le emozioni si mescolano così tanto che non so più definirle con chiarezza.
Il palco è altissimo per impedire ai fans di arrampicarcisi sopra e magari questo è un punto che va a mio vantaggio perché non sarò costretta a guardare le persone negli occhi. Le prime telecamere sono già state posizionate. I cameraman riprendono le prove e sono agitata. Starò ballando bene? Le luci ci illuminano in continuazione, proiettando le nostre ombre sulla superficie liscia, rivelando la sagoma di ognuno, così uguale e allo stesso tempo diversa: persone diverse che hanno indosso tutte lo stesso cappello, la stessa giacca, gli stessi pantaloni... Sembriamo un esercito che segue il suo capo, ma non di quelli armati e pronti a fare la guerra, piuttosto pronti a diffondere amore attraverso la musica. Proprio come ci ha chiamato Michael, siamo i suoi Army of Love, e il nostro compito è quello di prenderci cura del prossimo, saper donare e ricevere amore ed essere fieri di ciò che siamo e ciò che sappiamo fare.
Più il tempo passa e più sento salire l'ansia che mi stringe la bocca dello stomaco in una morsa, ma pensare che affronterò questa cosa insieme a Michael mi fa tranquillizzare e so che non avrò nulla di cui aver paura, perché la sua presenza mi dà un senso di protezione e conforto come fa di notte la luce della luna, rischiarando il cielo. Quando c'è lui sul palco compare una bellissima magia che ti avvolge completamente e ti fa diventare parte del suo mondo, un tutt'uno con la musica. Vedi le cose sempre per il verso positivo e ti accorgi di avere sempre il sorriso sulle labbra, anche quando è difficile.
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We are Forever
Hayran Kurgu《E poi sei arrivato tu, con un semplice cappello Fedora, un paio di mocassini e un guanto di paillettes...》 Claudia ha da sempre avuto una passione sconfinata per Michael Jackson e un sogno nel cassetto. Così, quando le si presenta l'opportunità di...