Capitolo 2

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CAPITOLO 2

-Ops…sorry!- alzai il capo.

-Hi!- incrociai subito gli occhi di quell’uomo dalla voce bassa e rauca. Erano di un verde insolito. Anche io avevo gli occhi verdi, ma come quelli non ne ho mai visti! Erano di un verde smeraldo, profondi, potevi perderti… ma misteriosi! Il mio sguardo poi, si posò sulle labbra. Erano rosse e carnose. Si incurvarono in un dolce sorriso che definì due fossette ai lati. Ho sempre amato le fossette ma con quel sorriso…era la fine del mondo! La barba appena fatta. Si poteva vedere dal taglio quasi vicino l’angolo della bocca. E infine, dei biondi ricci ornavano quel viso angelico. Non erano proprio biondi. Erano di un biondo più scuro, che si avvicinava di molto al castano. Insomma, non ho mai visto tanta perfezione nella mia vita!

-è tutto ok? Ti sei fatta male?- mi chiese in inglese. Portava un jeans nero, le converse bianche e una t-shirt a mezze maniche anch’essa bianca, si potevano benissimo intravedere due grandi uccelli tatuati sul petto e una grossa farfalla sulla pancia. Ma la domanda era: come poteva stare a mezze maniche con quel freddo? 

- Si, sto bene.- mi affrettai a rispondere, cercando di celare il mio accento italiano. Ma subito mi sgamò. 

-Non sei di qui vero?- disse continuando a sorridermi. 

-No! Sono italiana.- risposi a stento. Non avevo mai parlato inglese specialmente con un inglese, ed era molto strano.

-Sei qui per lavoro?- diventò serio.

Mi feci coraggio e iniziai a parlare. Un mio difetto? Se mi dai corda, non finisco più di parlare.

-Ehm… no, veramente io e mia cugina siamo venute in vacanza. Staremo qui per due settimane. Stavamo andando a visitare il Big Bang quando mi sono ricordata di aver rimasto il cellulare a casa. E ora non solo non so come si fa a fischiare per chiamare un taxi, ma non ricordo più nemmeno dove abito!

Scoppiò a ridere.

-Scusa ma che c’è da ridere?- dissi infastidita.

-No è che, non so come si usa al tuo paese, ma qui non bisogna fischiare come un cowboy per chiamare un taxi. - iniziai ad arrossire. Che imbarazzo!

-Se vuoi ti accompagno io a casa. Mi so orientare bene qui. È la mia patria! Basta che mi dai qualche indizio.

Fortunatamente parlava così lentamente che riuscivo a seguirlo.

-Comunque, piacere di conoscerti. Io sono Harry!

-Oh! Ehm… grazie ma non vorrei darti fastidio! Comunque, piacere, sono Lucia!

Ci stringemmo le mani, in segno di pace, come era solito fare in chiesa, la domenica, a messa. La sua mano era così calda,soffice e… grande! Tanto è vero che avvolse tutta la mia mano.

-Ma non c’è nessun problema ho la giornata libera. E poi una bella ed imbranata ragazza come te a Londra… è pericoloso sai?-disse con un sorriso malizioso. Ma chi si credeva di essere? Mio padre? E poi tutta quella confidenza, chi gliel’ aveva mai data? Imbranata? A me? Pff.

Mi limitai a sorridere e accettai. 

Non mi capivo. Non avevo mai parlato con uno sconosciuto e non avevo mai accettato un passaggio. Ma con lui era diverso. Sentivo di conoscerlo già.

-Vieni, ho la macchina a pochi passi.

Mi prese per mano e attraversammo la strada. Mi sentivo protetta, al sicuro. Non mi ero mai sentita così. A parte con mio padre. Quando ero piccola, la notte, avendo paura dei mostri e dei fantasmi, mio padre si sdraiava accanto a me e abbracciandomi forte mi rassicurava, e mi faceva addormentare tranquilla. 

Aprì lo sportello e gentilmente mi fece sedere. Chiuse. Allungò il passo e in un batter d’occhio me lo ritrovai affianco. Mise le mani sullo sterzo. Notai anche sui polsi dei piccoli tatuaggi. Mio Dio, quanti ne erano! Poi con la mano sinistra girò la chiave accendendo il motore.

-Allora dov’è che dobbiamo andare?- disse guardandomi negli occhi e sorridendomi.

Il mio stomaco era in subbuglio.

-Ricordo che davanti casa mia c’era una villa tutta rosa! Sembrava la casa di Barbie! E non perché era rosa ma perché la padrona è bionda e assomiglia a Barbie e il suo fidanzato o marito sembra Ken!- dissi quasi ridendo.

Scoppiammo entrambi a ridere,ma io subito mi ricomposi e riflettei sulla figura appena fatta. 

-Ho capito. Non so se sarà una buona o una cattiva notizia ma a quanto pare… abitiamo vicino.

-Noo! Non ci credo!- dissi con un sorriso a 32 denti. Non so perché ma ero davvero felice. Mi faceva piacere avere un vicino di casa che conosco in un posto sconosciuto. È vero ci conoscevamo da appena dieci minuti ma, come ho già detto, sembrava di conoscerlo da una vita.

-Sei felice?- disse con un sorriso malizioso ingranando la prima marcia.

-Certo! Almeno avrò un punto di riferimento, e forse anche un accompagnatore privato!- dissi scherzando! Stette al gioco.

-Ai vostri ordini, signorina! Dove la porto?- a quelle parole,sobbalzai. Ricordai una scena del mio film preferito, Titanic. Al che io gli risposi:

-Su una stella.

Con la coda dell’occhio mi guardò e sorrise. Ed io sorrisi con lui.

-Mettiti la cintura!-

Mi piaceva quella situazione. Mi piaceva il modo in cui mi guardava, il modo in cui accarezzava il volante, il modo in cui guardava la strada, il suo modo di muovere la sua bocca così lentamente… la nostra complicità e la nostra intesa.

-Potresti accendere lo stereo,per favore?- mi chiese tendendo sempre gli occhi incollati alla strada.

-Certo!- dissi cercando il pulsante. Lo ammetto. Non sono mai andata d’accordo con la tecnologia. Non mi piace. Ecco perché mi limito ad avere un cellulare che sappia telefonare e mandare messaggi e mi limito a usare il computer solo per scrivere qualcosa o andare qualche volta su facebook e twitter.

-ehm… come si accende?.-dissi facendo vagare le mie dita sull’oggetto.

Diede uno sguardo sullo stereo e avvicinò la sua mano quando io trovai il pulsante.

Le nostre dita si sfiorarono.

-Ahi!- dissi ritirando la mano.

-Sei elettrica?- tirando la mano anch’egli e facendomi una smorfia.

Gli feci una linguaccia e gli chiesi quanto ancora ci volesse e lui mi disse cinque minuti.

Stava per dirmi qualcosa ma s’interruppe quando sentii una canzone. La conoscevo anche io,forse.

-La conosci? Ti piace? Io la adoro.- disse sorridendo.

-Forse.-dissi dicendo con un filo di voce concentrandomi sulla quella canzone.

-Come forse?. O la conosci oppure no.-disse con una faccia alquanto perplessa ma buffa.

-Ecco io…- non sapevo se dovevo dirglielo. Non ne avevo mai parlato con nessuno prima d’ora. Ma comunque decisi di raccontarglielo.

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