capitolo 25

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CAPITOLO 25

Arrivammo per ultimi nel ristorante. Oramai c’erano solo i camerieri che pulivano e qualche famiglia che si intratteneva ancora a parlare. Tuttavia i camerieri si armarono di buona volontà e servirono anche noi. Harry apprezzava molto la cucina italiana ma quella sera mangiammo un pò troppo. Io sembravo incinta e Harry sembrava un vecchio pensionato.

-Che ne dici di smaltire un po’?-  chiesi toccandomi il ventre.

-D’accordo. Ma devi sapere che sei molto carina con quella pancia- disse ammiccando prima di lasciare l’albergo.

Chiamammo un taxi e andammo a visitare dapprima Porto Cervo. Negozi delle migliori marche giacevano a destra e sinistra della strada. Prada, Cartier, Gucci, Louis-Vuitton, Moschino, Hogan. Era  bellissimo.

-Guarda!- indicò qualcosa in vetrina.

-È identica alla mia.- sfoderò dal suo petto una collanina con un ciondolo alquanto simpatico. Era un’areoplanino di carta. Giocò per un po’ con quel ciondolo sorridendo. Capii che era importante per lui. forse aveva a che fare con il padre o forse riguardava qualche suo ricordo.

-Come è possibile che…?- non finì nemmeno la frase che mi trascinò all’interno.

-Vieni!- mi trascinò dentro la gioielleria Cartier. Anche lì la commessa sapeva parlare bene l’inglese. Ma non c’era da stupirsi dato che arrivavano lì turisti da tutte le parti del mondo. Harry spiegò subito cosa voleva,dunque la commessa si affrettò a prenderla dalla vetrina.

-Questo è un pezzo unico e raro. Le altre sono solo copie, ma questo è l’originale.- disse l’uomo alle spalle della commessa. Forse era il proprietario del negozio.

-Prego.- la porse ad Harry, che rimase per minuti a fissarla col sorriso stampato in faccia. Io ancora non riuscivo a capire quale era il significato. Tuttavia la comprò e fu molto soddisfatto del suo acquisto. Ma non gli chiesi nulla. Se lui non mi aveva ancora detto niente, voleva dire che non voleva o non poteva. Dunque lasciai stare. Continuammo a passeggiare per ore, finché non arrivammo sul lungo mare dove stavano yatch di ogni genere. Ci sedemmo su una panchina ammirando le piccole luci che si riflettevano nell’acqua.

Harry aprì lo scatolino e prese la collana.

-Voltati.- mi sorrise. Feci come mi disse. Appoggiò delicatamente il ciondolo al mio collo. Mi girai di nuovo verso di lui sorridendogli.

-Perché?- dissi tenendo in mano l’aeroplano.

-Guarda attentamente il mio ciondolo. Vedi? Questa è una “L”. ora guarda il tuo.-

-C’è una “H”.- rimasi sbalordita. Come mai c’erano le nostre iniziali? Perché gli stava così a cuore quell’areoplanino? Mi guardò negli occhi e iniziò a parlare.

-Vedi, io avevo una vicina che era la mia migliore amica. I nostri genitori si frequentavano spesso così anche i rispettivi figli, e dunque diventò la mia migliore amica. Mio padre e il suo facevano lo stesso lavoro, e morirono entrambi quella stessa notte. La madre invece morì pochi giorni dopo in un incidente stradale.-

-Mi dispiace. Che sfortuna!-

-Già… lei era la mia migliore amica e mi faceva così male vederla piangere e disperarsi.- gli vennero gli occhi lucidi.

-Che fine ha fatto?-

-Non so con certezza che fine abbia fatto, il mio unico suo ricordo è questo.- indicò l’areoplanino.

-Come si chiamava?-

-Lucy. Lucy Smith-

-Non hai foto di lei? non hai provato a cercarla ora?-

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