CAPITOLO 29
-Ceni con me stasera?- domandai al mio amico Pasquale che accettò senza esitare. Anche mia cugina mangiò con noi quella sera. Finalmente potevamo comunicare in italiano senza pensare due volte alla risposta. Si era fatto tardi e nemmeno un messaggio di Harry. Tuttavia me ne andai a dormire tranquilla sapendo che erano tornati a casa sani e salvi, dato che Liam aveva avvertito già mia cugina. Magari se ne era dimenticato, o aveva il telefono scarico, o era stanco.
La mattina successiva trovai una miriade di chiamate perse, tutte della stessa persona:Harry. Provai a chiamarlo ma nessuno rispondeva. Nel frattempo mi arrivò un messaggio.
“Come va la vita lì in Italia?” Era Chris. Non ci sentivamo più da quando sono ritornata a casa.
Messaggiai con Chris per qualche minuto, poi arrivò la telefonata di Harry.
-è successo qualcosa?- chiesi spedita.
-No, non è successo nulla. Volevo solo dirti che sono arrivato a Londra sano e salvo e volevo ricordarti che giovedì c’è il compleanno di Liam e che martedì dovete già essere qui.-
-oggi che giorno è, scusa?- chiesi
-Domenica.- puntualizzò
-vabbè c’è tempo!-
-Lù prenota presto il volo altrimenti non troverete i biglietti, Mary ti ucciderà e io rimarrò per sempre solo e triste.- scherzò. È vero avrebbe potuto prendere lui i biglietti, ma io assolutamente non volevo che mi pagasse tutto.
-E se ti dicessi che non so come fare per prenotare un paio di biglietti, tu mi crederesti?- sentì Harry scoppiare dalle risate. Restai per un minuto ad ascoltarlo ridere.
-guarda che è molto semplice. Devi solo…- lo interruppi. Odio quando qualcuno mi tratta d imbranata e vuole risolvere il problema.
-lo farò fare a mio padre e starò attenta. Visto che oramai la tratta Londra-Napoli la percorro spesso.-
-Per il resto tutto bene?- gli chiesi.
-Si, oggi andrò da mia madre, a Holmes Chapel, per dargli i souvenir di Potasino.-
-Harry si dice Positano - risposi ridendo.
Stemmo a telefono per più di due ore. Avevo le orecchie rosse come il pomodoro. Se non fosse stata per mia madre avremmo continuato a parlare.
Aiutai mia mamma con le faccende di casa, ma solo per poco perché me la svignai dicendo che avevo molto da studiare. In effetti agli inizi di settembre avrei dovuto dare la tesi e avevo ancora molto lavoro da fare. Per cui quella mattinata la passai chiusa nella mia stanzetta, isolata dal mondo intero. Giusto il tempo di pranzare che mi rinchiusi nuovamente in cameretta. Non avevo portato con me ne telefono, né computer, né niente in modo che non potessero disturbarmi. Ho bisogno di molto tempo per concentrarmi al 100% e quando ci riesco non voglio che mi disturbino altrimenti è tutto lavoro perso. Nemmeno una mosca o una zanzara ha il diritto di disturbarmi. Ma mia mamma, come al solito, interruppe il mio dialogo con Platone, facendo scomparire la scena che si era creata a miei occhi mentre leggevo il Fedone. Sono fatta così. Mi immedesimo completamente nelle letture. Divento la prima protagonista. Immagino la scena che si svolge intorno a me. Così gli autori sembrano più vivi e loro messaggio più forte.
-Lù è Pasquale.- conoscendo il motivo potevo accettare quell’interruzione.
-Lù stasera ho invitato Rose a mangiare a casa mia. Che ne dici se te la faccio conoscere? Staremo solo noi e mia sorella.-
-Ok, ma Raul c’è?-
-No, è in vacanza con i suoi. Per questo mia sorella si è unita a noi. Non sapeva dove andare o che fare.-
-Va bene. Allora verso le sette sono lì da te. Ah! Dimenticavo! Ma la cena la cucini tu?- dissi divertita.
-è proprio questo il punto. Non sapresti darmi una mano visto che mia sorella sta da mia zia?-
-Non avevi detto che tua sorella non ha niente da fare?-
-Stasera! Ma ora sta da mia zia. Ti prego Lù fallo per me.- mi implorò.
-è che stavo… vabbè ho capito tra mezz’ora sono da te.-
-Grazie. A dopo.- staccai la telefonata. Lasciai il mio amico Platone sulla scrivania e mi avviai in bagno. Feci una doccia molto veloce. Indossai il vestito che mi regalò Harry e mi alzai i capelli, dato che avevo molto caldo. Quella giornata fu particolarmente afosa e umida. Passò un’ora quando arrivai a casa del mio migliore amico.
-Che cosa hai pensato di cucinare?- dissi sedendomi sul marmo freddo del tavolo in cucina.
-Non lo so magari prendiamo qualcosa qui nel frigo.- aprì la porta e per poco non volarono le farfalle.
-Ma non hai niente in questo frigo. O meglio niente per stasera. Sei una frana. Io ti lascerei subito.- scoppiai a ridere. e lui con me. Andammo al centro Campania. Un centro commerciale molto grande che si trovava molto vicino alla sua abitazione. Entrammo nel Carrefour e comprai di tutto. Dall’aperitivo al dolce. Pagò velocemente per poi andare a casa. Si era fatto davvero tardi mancavano solo tre ore all’arrivo di Rose e noi ancora dovevamo preparare niente.
-Sei capace di mettere questo gelato i questi bicchieri e abbellirli?- scherzai.
-Penso di si.- rispose mettendosi una mano dietro la nuca.
Nel frattempo che Pasquale preparava il dolce. Io mi occupai degli antipasti, del primo , del secondo e anche della frutta.
Come antipasto preparai quello all’italiana. Melone e prosciutto crudo, formaggio, mozzarella e poi aggiunsi anche il mais fritto, le bruschette con i pomodori e sotto-oli. Come primo piatto feci la lasagna, su insistenza del mio amico, dato che gli piaceva molto. Per secondo feci pollo con patate e piselli cotto al forno e infine una bella macedonia di frutta, decorata nei minimi dettagli. A quanto pare Pasquale se l’era cavata col dolce. Avemmo giusto il tempo di darci una sistemata che bussarono al campanello. Pasquale per l’occasione aveva indossato un semplice jeans, con una polo azzurra che richiamava il colore degli occhi.
-è lei! Cosa faccio?- era in preda al panico.
-Sta tranquillo. Non ti mangia mica?- in effetti non l’avevo mai visto così ansioso.
-Io nel frattempo chiamo Martina la faccio venire.- gli dissi mentre andava avanti e indietro per il salone. Sentii alcune voci ma stavo ancora al telefono con la sorella. Quando staccai la telefonata erano già in cucina.
-Ciao, piacere sono Lucia- gli strinsi la mano sorridendogli.
-Io sono Rose, piacere. Tu devi essere la sorella, giusto?- era una ragazza alquanto bassina, minuta, portava i capelli neri lunghi e lisci. Gli occhi erano anch’essi neri. Le labbra erano sottili e aveva una voce acuta. Ma stranamente la sua pelle era bianca. Indossava degli short rossi abbinati a una maglia con la bandiera inglese e le converse rosse. Non sembrava una di quelle ragazze serie, a dir la verità, dava l’impressione più di una di una notte e via.
-No, sono la sua migliore amica.-
-Oh! Si mi ha parlato di te. Quindi tu sei la ragazza di quel cantante inglese?- era meravigliata.
-Si, Harry.. Quello con i capelli ricci, gli occhi verdi, le fossette ai lati, le mani…-
-Si, abbiamo capito chi è, Lucia.- mi interruppe Pasquale.
-Scusate il ritardo.- urlò entrando in cucina Martina. Salutò dapprima Rose e poi mi venne vicino.
-Come va con l’inglese?- domandò.
-Oh! Magnificamente.- Iniziammo a mangiare. Rose apprezzò tutto, ma più parlava e più pensavo che non fosse la tipa giusta per il mio amico. Non aveva niente in comune con lui. non gli piace l’essere romantico, dolce, non gli piaceva avere una famiglia, né lavorare. Aveva le idee un po’ rivoluzionarie. Non era adatta a Pasquale, assolutamente. Lui era un tipo sensibile, dolce, affettuoso, premuroso. Lei l’opposto. Dopo la cena gli spiegai tutto quello che pensavo su di lei e su loro e lui, stranamente, mi diede ragione.
-Allora perché ci stai insieme?- domandai.
-Perché volevo conoscerla meglio. Sai a volte l’apparenza inganna. E poi penso che comunque anche se mi piaceva per davvero dovevo lasciarla.-
-E perché?-
-Perché, a quanto pare, una compagnia di Londra ha notato il mio talento di scrittore, per cui dovrei trasferirmi lì.-
-Davvero?- rimasi a bocca aperta. Acconsentì.
-E tu solo ora me lo dici?- gli saltai addosso abbracciandolo.
-Mi lascerai qui da sola?-
-No, tu verrai con me a Londra, da Harry.-
-Non ne sono sicura. Non so se sono disposta a lasciare tutto qui e a cominciare in una nuova città.-
-Ma ci sarò anche io con te.- mi abbracciò.
-Allora, penso che c’è una possibilità in più per trasferirmi a Londra da Harry.- scherzai.
-Wow, davvero conto più io che Harry?- si staccò.
-Tu sei il mio migliore amico. Ti conosco da 18 anni. Non potrei mai fare a meno di te o magari dimenticarti. Harry per quanto possa amarlo sono sicura che prima o poi se ne andrà comunque.-
-Perché lo pensi?-
-Non lo so Pà. La sua vita così è difficile. Ho paura che sarà un padre assente, un marito assente. Ho paura che questa storia non duri perché siamo troppo diversi. Però da una parte sento che è lui, che lo conosco da tanto tempo, perché Harry mi fa sentire bene, mi tratta come una regina, è bello ed è…-
-Secondo me è solo paura di perderlo. Ma tu lo ami, stammi a sentire. Lo vedo dai tuoi occhi. E poi non hai mai guardato un ragazzo come lui, non sei mai stata attaccata come fai con lui. hai cercato sempre di mantenere le distaste con i tuoi ex. E guai se durante un lento la sua mano scendeva più in basso. Invece con Harry no. Con lui sei molto più aperta. Ascolta non fartelo scappare per una tua paura. Lui ti ama, come tu ami lui. non fare che per la distanza per i tuoi genitori, per tuo padre, tu perdi l’amore della tua vita. E guarda che se andrai a Londra avrai un futuro professionale, sicuramente. Qui no. - continuammo a discutere per più di un’ora. Ma si erano fatte le due. E dovevo andare a casa.
Quei giorni li passai sui libri a studiare. Solo il tempo di dormire, mangiare e andare in bagno. Certamente spendevo anche qualche minuto con Harry al telefono ma le nostre chiamate si concludevano sempre con “Harry, scusami ma ora ho da fare, ci sentiamo più tardi”. Lui sapeva benissimo che quel “da fare” era studiare perché a breve avrei dovuto laurearmi. Per cui non poteva nemmeno dubitare di me. Arrivò il martedì della partenza e come promesso ad Harry cercai di sbrigarmela da sola con i biglietti. Come prima volta non andò male, stavo solo prenotando un volo per la Finlandia. Tuttavia ci riuscì e quella mattina ci alzammo presto per partire. Avevamo l’aereo per le dieci. Avvisai Harry che stavo per partire e lui mi disse che veniva a prenderci all’aeroporto. Arrivati all’aeroporto di Heathrow, vidi subito un uomo molto alto che scuoteva velocemente la mano in alto.
-Harry mi sei mancato!- gli saltai letteralmente addosso. Avvolsi le mie gambe attorno al suo bacino, le braccia accerchiavano le sue possenti spalle, mentre la mia testa sfregava nell’incavo del suo collo. Finalmente sentivo il suo odore. L’odore di mele dei suoi capelli. Le sue mani grandi e calde sul mio corpo. Una sensazione bellissima. Mary salutò anch’ella in un modo molto romantico Liam.
-Dai a me le valigie, le porto io. - fece Harry afferrando i miei bagagli.
-Ma che gentlemen!- gli volsi un sorriso per poi dargli un bacio casto sulle labbra. Quelle labbra rosse, carnose. Mi misi sotto il suo braccio e uscimmo fuori.
-Styles, posso guidare io? Lo sai che tu mi fai paura alla guida- scherzò Liam.
-No, la mia Charlie non la guida nessuno, a parte me.- strinse le chiavi della sua auto in pugno.
-Harold hai dato un nome ad una macchina?- risi.
-Certo! La Range Rover, cioè questa, si chiama Charlie. -era alquanto serio.
Lo guardai un po’ sbigottita poi accesi lo stereo e misi un cd a piacere, oramai era diventato un rito.
-Harry è ancora libero l’appartamento accanto a te vero?- gli chiesi.
-Si ho avvisato la proprietaria. Non ti preoccupare, starete una meraviglia. E poi abito io vicino a voi, se vi serve qualcosa basta chiedere.- aveva gli occhi incollati alla strada. Non potetti non notare le fossette che spuntarono quando sorrise leggermente.
Arrivammo a destinazione. Harry parlò con la proprietaria della casa. Era una piccola villetta e si trovava proprio accanto alla sua. Quello era il nostro appartamento. O meglio, quella villa sarebbe stata la futura casa di Mary, se avrebbe trovato il lavoro adatto a lei. Anche perché ero sicura che io avrei passato quei giorni a casa di Harry. La proprietaria ci consegnò le chiavi della villa e ci diede delle indicazioni riguardo il pagamento dell’affitto. Dopodiché vennero tutti nel nuovo appartamento per brindare.
-Ciao Perrie. Finalmente un giorno libero, eh?- l’abbracciai.
-Sì, grazie al cielo si. Comunque mi dispiace per quello che successe, davvero.- mi sorrise.
-No, ma è passato, non ti preoccupare.- si intromise Harry. In realtà non sapevo di cosa stava parlando, ma poi il riccio mi spiegò tutto. Dopo circa un’ora vennero Eleanor e Louis. In casa entrò dapprima Eleanor, raggiante. Si scusò del ritardo poiché erano in giro a fare compere per il matrimonio. Poi entrò Louis goffamente.
-Hey, italiane! Come va?- quanto mi era mancata la sua voce e la sua allegria!
-Ciao Louis!- lo abbracciai forte.
-Come va col matrimonio?- chiesi.
-Bene, ma è una faticaccia.- sorrise.
-Bene chi vuole brindare?- Harry prese lo champagne e i bicchieri.
-A un futuro felice!- urlò Louis.
-A un futuro felice- urlammo in coro, alzando i bicchieri.
-Harry, non hai qualcosa di solido da mettere sotto i denti?- disse Niall girandosi in torno.
-Niall, lo sai, non c’è bisogno che me lo chiedi, il mobile è lì.- disse Harry quasi sbuffando.
-Allora, ordiniamo le pizze?- propose Louis. Harry subito mi guardò negli occhi con il suo solito sguardo malizioso. Si avvicinò stringendomi per la vita e facendo aderire le mie spalle al mobile.
-Che ne dici se le prepariamo noi?- mi sussurrò nell’orecchio. Sorrisi leggermente a quella proposta. Sapevo che le pizze erano solo una scusa per stare un po’ da soli.
-E va bene Styles, ma ad una condizione- guardai dritto nei suoi occhi luccicanti senza nemmeno sbattere le palpebre.
-Quale?- sorrise maliziosamente addentando il suo labbro inferiore.
-Che passeremo un po’ di tempo insieme- gli aggiustai il colletto azzurro della camicia.
-Non me lo farò dire due volte- sorrise brima di baciarmi il collo.
-Erm… ragazzi? Ci siamo anche noi.- urlò Zayn. Io e Harry scoppiammo a ridere.
-Faremmo noi le pizze.- affermai.
Io ed Harry andammo a piedi al supermercato. Prendemmo tutto ciò che ci serviva e ritornammo a casa. Trovammo una guerra. Niall e Zayn che si tiravano pop corn, Liam e Mary a giocare alla play-station sbraitando come due matti. Perrie, Amy e Eleonor a cerchio che parlavano e poi c’era Louis che dava fastidio sia a Niall e Zayn che Mary e Liam.
-Hey! Niall sta attento che scivoli.- osservò il riccio. sorridemmo e senza curarci di cosa stava avvenendo in quel salone ci avviammo in cucina. Harry chiuse la porta alle sue spalle.
-Perché chiudi?- aggrottai le sopracciglia.
-Non avevi detto che dovevamo stare un po’ insieme?- si avvicinò ondeggiando col bacino, come se stesse ballando.
-Styles? Cos’hai? Sembra che hai il mal di schiena!- scoppiai a ridere mentre sistemavo la spesa sul grande tavolo. Harry prese i grembiuli e gentilmente mi fece il fiocco dietro. Mise le sue mani sulla mia pancia e avvicinò le mie spalle al suo petto. Sfregava il suo volto nell’incavo del mio collo, lasciando qua e là dei baci umidi.
-Mi sei mancata tantissimo. Il tuo odore, i tuoi capelli, i tuoi baci, i tuoi occhi, le tue risate, la tua voce.- gli strinsi i ricci cercando di allontanarlo, ma senza successo.
-Styles, dovremmo preparare le pizze. Altrimenti si farà troppo tardi. - mi girai verso di lui, facendo incrociare i nostri sguardi, persi, l’un nell’altro.
-Appunto! Dovremmo!- iniziarono una serie di baci che finirono quando, sedendomi sul tavolo, feci cadere la bottiglia di olio.
-Ops – dissi con un sorriso tirato. Harry scoppiò a ridere.
-Sai, mi mancavano i tuoi pasticci!- continuò a ridere, mentre raccoglieva i pezzi di vetro.
-Non scendere, faccio io- affermò il riccio.
-è successo qualcosa?- era Louis e alle sue spalle potevo vedere ancora Niall a torso nudo, in piedi sul divano che continuava a lanciare pop corn a Zayn. Mi venne da ridere.
-Oh Lou, niente è solo caduta una bottiglia d’olio.- disse Harry pulendo con uno strofinaccio quell’enorme macchia di olio a terra.
-Allora vi lascio stare. E mi raccomando la pizza buona come l’altra volta!- disse. Poi si voltò e chiuse la porta.
-Ho combinato un grande pasticcio questa volta, non è vero?- facevo dondolare le mie gambe all’aria. Alzando i miei capelli con un mollettone.
-Dovrei dirti di si, ma… so che mi ripagherai.- alzò il capo guardandomi con quel solito sorrisetto.
- Non ti avevo mai vista con i capelli legati! Sei bellissima!- sorrise mostrando due profonde fossette al lato, facendomi arrossire. Mi fece scendere gentilmente e iniziammo ad aprire i pacchi di farina.
-Styles! Non fare come l’altra volta che mi sporchi tutta di farina!- sorrisi.
-Ma se sei stata tu che hai iniziato!- si lamentò
-Non è vero, non fare il bambino, ammettilo!.- continuammo a giocare in questo modo, lanciandoci frecciatine. Ma puntualmente finiva sempre con i soliti baci appassionati. Non che questo mi dispiacesse. Dopo aver impastato raggiungemmo gli altri.