Capitolo 44

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Capitolo 44

HARRY’S POV

Sento suonare la sveglia e la maledico mentalmente. Sono già le cinque e ho un sonno incredibile. Non so come faccia Lù ad alzarsi da questo letto. Gliel’ho ripetuto più volte che non c’è bisogno che lei andasse a lavorare, ma dice che vuole essere indipendente. Sono combattuto dal desiderio di accompagnarla a scuola con la macchina o restare a dormire come ieri. Magari potrei fare due chiacchiere col preside, Chris. Mentre penso a ciò sento le sue labbra sulla mia guancia.

-Ciao, piccolo-

-A più tardi, amore- rispondo. Quando sento la porta dell’ingresso chiudersi mi giro dall’altro lato del letto, abbracciandomi il suo cuscino. C’è ancora il suo odore. Certamente non mi piacerebbe abbracciare un cuscino, ma purtroppo devo accontentarmi. Dopo un po’ però mi alzo dal letto, in quanto non so perché, ma non ho più sonno. Controllo l’orologio e sono le 8.00. Scendo giù e preparo la colazione. È così strano farla da solo in questa casa. Avrei voluto che ci fosse lei seduta al bancone, con i capelli disordinati e arruffati che sbadigliava appoggiando la testa sulla mano, mentre mi guardava preparare la colazione con un sorriso timido. Mi cucino un paio di uova alla benedict. Mentre sto mangiando il pane squilla il mio cellulare. Corro di sopra e con un po’ d’affanno rispondo.

-è lei il signor Styles?- è una voce di una donna adulta. Aggrotto le sopracciglia concentrandomi su quella voce per capire chi fosse.

-Sono la dottoressa Wilson. Volevo avvisarla che la sua ragazza ha avuto un incidente con la macchina e ora…- sbarro gli occhi incredulo. Mi siedo sul letto e porto una mano nei capelli. Ascolto solo dove è stata ricoverata e stacco la telefonata. Sarò stato anche un grandissimo maleducato. Ma chi se ne frega.

Velocemente indosso qualche cosa a caso e corro verso la porta afferrando le chiavi dell’auto. Sono furioso, ansioso, abbattuto e mille domande mi frullano per la testa. Se è grave? Se si è spezzata una gamba, un braccio? Se si è fatta male alla testa e non mi riconoscerà più? Se si dimenticherà di me? Non faccio altro che darmi la colpa di tutto questo. Se l’avessi accompagnata io, questo non sarebbe successo. Se l’avessi convinta di più a non andare a lavoro, questo non sarebbe successo. Se non le avessi comprato un’auto lei sarebbe andata a scuola con l’autobus o la metropolitana e questo non sarebbe accaduto.

-Hey sta attento, stronzo!- mi urla un uomo dalla sua vettura. In effetti sto guidando come un pazzo ma non mi interessa.

Quando arrivo all’ospedale parcheggio da qualche parte e mi precipito dentro. Mi guardo intorno e ciò che vedo sono anziani a braccetto di infermieri e uomini su sedie a rotelle. Sto facendo di tutto per non piangere. Vado alla reception e quasi non urlo.

-Smith, Lucy Smith.- so di avere gli occhi lucidi comunque, ma il fatto è che non posso farne a meno. Devo vederla, ora. L’infermiera sembra una poco di buono e non sa come rispondermi. Mi altero con la donna dietro il bancone e mandandola a quel paese corro verso il corridoio cercandola come se fossi un pazzo. Penso che starà in sala operatoria o qualcosa del genere e cammino a passo svelto, senza neanche voltarmi indietro. So che mi sta inseguendo quella donna, ma ho bisogno di vedere Lù. Da una stanza esce una dottoressa e prendo l’occasione per chiederle informazioni.

-Mi scusi, sa dove posso trovare Lucy Smith?- la dottoressa mi guarda sorridente e poggia una mano sulla mia spalla. Cosa c’è di così divertente? Sto quasi morendo di crepacuore e lei ride?

-La signorina Smith è in questa stanza. Stiamo facendo le ultime analisi. Ma come le ho detto a telefono sta bene. Non c’è nulla di cui preoccupasi, solo qualche graffietto e qualche livido,ma niente di più. Non deve preoccuparsi, signor Styles.- poggio la mano sulla porta per aprirla ma la dottoressa mi ferma.

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