Capitolo dieci

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Alex si sta allacciando le scarpe, io sono in piedi davanti alla porta.
Fremo all'idea, che fra poco scopriremo il nostro futuro. So che lei non ci crede, ma io sono superstiziosa e ho sempre desiderato farmi leggere le carte, poi sono finita in prigione e... Beh la storia la conoscete.

<Dobbiamo andarci davvero?> Chiede alzandosi a fatica dal letto.
<Non dobbiamo andarci.> Specifico. Lei si rallegra per un attimo, <Vogliamo andarci.> Concludo. Un'espressione annoiata si posa sulle volto di Alex, scaccio via quella brutta faccia, dandole un bacio.

Camminiamo per le strade di Cuba, mano nella mano. Ogni tanto ci fermiamo, per entrare in un bar, o in un negozio. Siamo qui da poco, però non ho pensato nemmeno un secondo a mia madre e al resto. Alex aveva ragione. Avevamo bisogno di una vacanza, lontane da discussioni, urla, caos e da ex-capi killer.

<Come hai detto che si chiama?> Domanda Alex, guardandosi intorno.
<Naily. Ho preso l'appuntamento per le nove di sera. Mi ha assicurato che è la migliore.> Gesticolo e parlo come un presentatore da circo.
Alex si volta verso di me e attraverso le lenti dei suoi occhiali neri, intravedo uno sguardo di rimprovero, ma sotto sotto divertito.
<Ci credo che ti ha assicurato che è la migliore. Che doveva dirti? "Io faccio schifo a leggere le carte, ma venite pure a spendere i vostri soldi da me." Dai Pipes!>

Nonostante la sua critica, il mio sguardo vola su di lei. Si atteggia con nonchalance, la sua mano stretta nella mia, ondeggia qua e là. I suoi capelli svolazzano al vento, risaltando l'intensità del colore.

<Non mi chiamavi Pipes da un po'...> Non posso evitare di farglielo notare. Quando le sue labbra pronunciavano il mio nome, aggiungendo quella "s" finale, ogni fibra del mio corpo vibrava.
E anche adesso, per le strade di Cuba, le mie arterie stanno esplodendo, i muscoli si attorcigliano e le budella sono sottosopra.
Solo perché ha detto "Pipes." Riesce a farmi quest'effetto, solo chiamandomi con un nomignolo.

<Mi piace variare, così cambio il tuo nomignolo ogni tanto.> Scrolla le spalle, come se niente fosse. Possibile che non si accorga di quello che sta succedendo dentro di me? Possibile che non lo veda?
Che non veda, quanto mi fa sentire viva, il modo in cui mi fa star bene, in cui riesce a farmi felice. E chissà, forse anch'io le faccio quest'effetto, ma non lo vedo, perché a volte le parole, non sono abbastanza.

Vorrei spiegarle come mi sento, ma non esiste una frase corretta, né una parola sul vocabolario, per descrivere quello che provo, anche quando semplicemente pronuncia il mio nome.

Alex scuote la mia mano, tirandola prima giù, poi battendola contro la mia stessa coscia.
Torno alla realtà.
Mi indica una casa gialla davanti a noi, con un insegna in alto, scritto in spagnolo... Ovviamente noi non sappiamo tradurre, ma c'è una mano, la quale stringe una palla di vetro viola. Dev'essere questo.

<Siamo ancora sicure di volerlo fare? Di condizionare ogni nostra scelta, dopo quello che dirà quella ciarlatana?> Chiede Alex, prima che riesca ad aprire la porta del negozio.
<Alex...> Sposto una ciocca dei suoi capelli dietro all'orecchio, con un gesto lento e dolce <Lo faccio per divertirci. Tutto quello che dirà non influenzerà niente. E poi... Sarebbe meglio che tu non dicessi ciarlatana, potrebbe... Potrebbe non prenderla bene.> Le dico, in difesa del lavoro di quella donna.
Alex mi guarda, toglie la mano dalla mia e incrocia le braccia al petto, piega leggermente la testa e con un sorriso ironico mi domanda
<E cosa farà? Mi maledirà?> Fa strani versi con le mani e suoni che dovrebbe risultare spaventosi, con la bocca.
La prego di smetterla e la trascino dentro all'edificio.

Saliamo due rampe di scale, prima di ritrovare la mano con la sfera viola, stampata sulla porta di legno.
Suoniamo al campanello.
Io sono emozionata come una bambina al luna park ed Alex è più il genitore che accompagna il figlio al luna park, per vederlo contento, ma che non salirà su nessuna giostra.

Una donna con il turbante rosso in testa viene ad aprirci. Ha delle unghie lunghissime, smaltate come si deve. Ombretto verde abbondante sulle palpebre, rossetto rosso sulle labbra e un vestito decorato con smeraldi finti.

<Naily? Siamo Alex e Piper.> Dico sorridendo.
Ci fa segno di accomodarci dentro.
È un posto piuttosto piccolo, profuma di incenso. Non c'è un solo spazio bianco. I pavimenti sono coperti da tappeti, le pareti coperte con dei poster, in alcuni punti, in altri con tappezzeria da quattro soldi.
Ci sediamo su delle poltrone rosse, Naily si mette di fronte a noi, ma dietro ad una scrivania. Tira fuori le sue carte e ci guarda, sospirando atterrita.

<Quanta energia negativa c'è qua dentro.> Inizia a mischiare le carte, senza neppure guardarci. È concentrata, ma quanto basta, si muove con leggerezza e spontaneità, deve fare questo lavoro da molto.
<Avete delle domande precise?> Chiede, posizionando le carte sul palmo della mano.
Alex sta per dire qualcosa, ma conoscendola, è sicuramente una domanda sciocca, per prenderla in giro.
<No!> Mi affretto a rispondere. Naily guarda per un secondo Alex e poi riporta lo sguardo su di me, annuendo.

Alza la prima carta, posizionandola sul tavolo.
È un simbolo così strano, che non riesco neanche a capire cosa ritragga.

<Ci sono stati molti tradimenti, nel vostro passato.> Alex si agita sulla sedia, io mantengo la calma e le dico che è proprio così.
<Avete commesso brutte azioni...> Dice svelando la seconda carta.

<Ok senta, noi vorremo sapere il nostro futuro, il passato lo conosciamo fin troppo bene.> La riprende Alex, prima che la terza carta di poggi sul tavolo.
Le tiro un calcio da sotto il tavolo, senza farmi notare, la colpisco sul polpaccio. Alex si gira di scatto verso di me, fulminandomi con lo sguardo. Quegli occhi bellissimi.

<Il vostro futuro non inizia con il piede giusto.> Ammette guardando la prima carta. Mi sporgo un po' sul tavolo, interessata più che mai.
<Ostacoli. Dovrete affrontare molti ostacoli, problemi che vi sembreranno distruggervi, se volete una vita insieme, dovrete essere forti.> Alex non si scompone, non crede neanche un po' a queste cose, ma io inizio a preoccuparmi.
Io e lei ne abbiamo già passate tante, dobbiamo continuare a lottare? Pensavo che avessimo già vinto e invece...
<Entrambe avete dei conti da sistemare, persone che temete, ma prima o poi sarete costrette ad affrontare e poi...> Mette sul tavolo l'ultima carta.
Nera, cupa, terrificante.
Anche Nilay si spaventa e per un secondo non dice niente, ci lancia delle occhiate veloci e poi conclude
<È la carta della morte. C'è della morte nel vostro futuro.>

Alex e Piper || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora