Capitolo venticinque

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Il mio telefono squilla, svegliando me ed Alex. Lei brontola qualcosa, girandosi dall'altra parte.
Con gli occhi mezzi socchiusi e ancora nel dormiveglia, cerco il telefono sul comodino e rispondo.

<Pronto?> Non so che ora siano, ma sicuramente presto, ancora non è sorto il Sole e abbiamo tirato su il morale a Larry, bevendo fino alle una di notte... Non sono nelle condizioni migliori.
<Pioer Chapman?> La voce autoritaria dall'altra parte della cornetta, non promette niente di buono. Confermo di essere io. <Chiamo dall'ospedale, per informarla che sua mamma ci ha lasciato questa notte... Dovrebbe recarsi qui.> Deglutisco, non riesco a dire niente. Sento un peso sul petto, che mi comprime lentamente. Un piccolo pezzo del mio cuore, si è spezzato, un pezzetto irrecuperabile.

<Pronto? È ancora lì?> La voce squillante della mia interlocutrice, mi disturba. Sembra essere così felice, mentre mi avvisa che mia madre è morta.
<Si... Si. Vengo subito.> Attacco velocemente. Non mi interesso di sapere se mio padre sia stato avvertito, se sia già li, o se stia dormendo beatamente, crogiolandosi nella speranza, di rivedere la mamma... Non voglio essere io a dargli la notizia.
Non siamo in buoni rapporti, sono sicura che preferirebbe ricevere la notizia da qualsiasi altra persona, ma non da me.

Alex si è voltata verso di me, saltellando nel letto, per trovare una posizione comoda. Allunga la mano, per abbracciarmi, quando trova il letto vuoto e allora apre gli occhi, vedendomi in piedi, nell'intento di vestirmi.

<Dove vai?> Chiede preoccupata. Si alza sul gomito, stropiccia gli occhi, svegliandosi del tutto.
<All'ospedale... Mia mamma è morta.> Ho la voce tremante, rotta. Non voglio piangere. Era mia madre e nonostante tutto, le volevo bene, ma l'unico bel ricordo che custodisco di lei, è dell'altro giorno, quando abbiamo parlato e mi ha dato la sua benedizione, solo perché stava per morire e non voleva portarsi dentro la tomba, alcun rimpianto.
Perciò, era una vera benedizione, o una personale purificazione dell'anima, prima di morire?

<Oh cazzo, Pipes mi dispiace.> Alex tiene lo sguardo basso, non c'è molto altro da dire... Non la conosceva nemmeno, perché mia madre, non le ha mai dato la possibilità di farsi conoscere <Vengo con te.> Scivola fuori dal letto, cercando i pantaloni al buio.

<Non importa Alex. Posso andare da sola.>

<Non mi fa fatica, vengo volentieri...> Non le lascio terminare la frase, interrompendola bruscamente.
<Ho detto che vado da sola! Dammi le chiavi della macchina.> Porgo il palmo, aspettando che lei mi consegni le chiavi. Ha uno sguardo deluso, ma allo stesso tempo comprensivo.
Estrae dalla tasca dei jeans, il mazzo di chiavi e lo mette sulla mia mano.
Vado via camminando velocemente e sbattendo la porta, lasciandola in piedi al centro della stanza, al buio e sola.

Guido più veloce che posso, sorpassando macchine e non rispettando i semafori.
Ho una sensazione raccapricciante. È come se un masso mi stesse schiacciando, non permettendomi di respirare.
Arrivo fino a centodieci chilometri orari, supero il limite di velocità, ma non mi importa.

Arrivo all'ospedale, prima del previsto. Corro verso la stanza di mia mamma, pregando che sia uno scherzo, o che avvenga un miracolo, ed invece la vedo distesa sul letto, con un lenzuolo bianco sulla testa.
E in un secondo, è tutto finito.
Le litigate, le sue continue lamentale, i suoi principi morali, ogni discussione, nella quale ho sempre ceduto, accontentandolo in tutto e per tutto. Se ne va, lasciandoci, ogni singolo sbaglio.

In sala d'attesa, riconosco mio fratello, seduto pensieroso sulla sedia.
Anche lui mi vede, alza leggermente il braccio per salutarmi e riabbassa subito lo sguardo.
Prendo posizione accanto a lui.

<È morta. Mamma se ne è andata Piper.> Ha una voce calma, ma rotta dal pianto.
I miei genitori, non sono stati in grado di essere parenti efficienti, nemmeno con mio fratello, eppure lui sembra essere distrutto, io ho solo un peso indefinito sullo stomaco.
<Lo so. Lo so.> Non aggiungo altro. In certe occasioni bisognerebbe ricordare quanto una persona fosse buona, gentile, accondiscendente, ed invece nessuno dei due, ha nient'altro da dire.

Sto per domandargli se papà è stato avvertito, quando vedo un uomo, che assomiglia a lui, ma molto più triste, più debole, uscire dalla stanza, insieme ad un medico, in camice bianco.
Si stringono la mano, dopodiché l'uomo si gira verso di noi. Ha gli stessi occhi di mio padre, le stesse labbra, gli stessi zigomi, lo stesso naso, stessa pelle rugosa e bianca, ma quest'uomo ha dei sentimenti.
Gli occhi arrossati dal pianto, le labbra inclinate verso il basso, rattristato e perso.

<Stanno per leggere il testamento...> Ci informa. Nemmeno la voce è la sua, esce appena, facendosi sentire a malapena. Mio fratello si alza, battendo due pacche sulla sua schiena e accompagnandolo nuovamente nella stanza.
Io li seguo a ruota.

Mia madre è ancora distesa nel letto, coperta dal telo. Mio padre stringe quel lenzuolo bianco, immaginando di afferrare la sua mano.
Un uomo con gli occhiali, in giacca e cravatta, apre un foglio bianco, leggendolo ad alta voce.

<Vostra madre desiderava che il suo testamento, fosse letto qui, nel luogo della sua morte. Leggerò le due testuali parole...> Si schiarisce la voce, ci squadra a tutti, da dietro i suoi occhiali e inizia a leggere.

<Lascio i miei quadri, la mia gioielleria a mio figlio, augurandogli il meglio e un matrimonio felice. Al mio amato marito, lascio la casa fuori città, quella dove ci piaceva tanto passare l'estate... Adesso potrai passare lì, il resto dei tuoi giorni.
Ed infine, alla mia unica figlia Piper, lascio la casa, la mia più grande eredità ed il mio anello da matrimonio, sperando che sia la misura giusta, per la sua ragazza.
Mamma.>

Terminato di leggere, ci guardiamo tutti, sconcertati. Mia mamma ha davvero scritto quello? Ha menzionato Alex, nel suo testamento, pregandomi di darle il suo anello?
Mio padre è il più sconvolto fra noi, ma cerca di nasconderlo, mimando un sorriso e stringendo più forte il lenzuolo fra le mani.

Usciamo tutti ordinatamente, mi fermo un attimo, per salutarla e vorrei dirle quanto le voglio bene, ricordarle la sua immensa bontà e invece, l'unica cosa che riesco a dire è...

<Spero tu sia felice, come non lo sei stata su questa terra.>

...

Tornando a casa, trovo Alex in soggiorno. Mi sta aspettando e sono già le quattro inoltrate. L'ho trattata davvero male prima, ero sconvolta e molto confusa, ma adesso voglio solo abbracciarla.

Faccio un passo, ma le gambe non reggono e inginocchio a terra, prendendo la testa fra le mani e scoppiando in un pianto liberatorio.

Alex accorre verso di me, inginocchiandosi davanti a me e prendendomi fra le sue braccia, stringendomi forte e baciandomi la fronte, poi con la mano accarezza il punto, dove ha lasciato i suoi dolci baci.

<È morta Alex... È morta.> Dico singhiozzando.
<Shhh..> Le sue mani mi accarezzano sulla schiena, portandomi al suo petto e stringendomi in seguito.

Mi lascio andare, perché so di essere nel posto più sicuro al Mondo... Fra le sue braccia.

Alex e Piper || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora