Capitolo quarantasette

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Credi che vada tutto bene, stai semplicemente guidando come ogni giorno, mentre sorridi alla ragazza al tuo fianco, o canti a squarciagola, ma basta un attimo, per farti perdere tutto, per spedirti nell'oblio: un biglietto di sola andata.

Basta un attimo e dentro di te non c'è più niente, né bianco, né nero, nessuna sfumatura di grigio, solo un gran vuoto, che non sai come combattere, perché come fronteggi un mostro senza volto?

L'inferno può arrivare in due secondi, o due anni, ma la verità è che, se ti sta aspettando, non puoi sfuggirgli.

<Signorina... Signorina è già mezzanotte inoltrata, dovrebbe andare a casa e riposarsi. Se qualcosa cambia, la chiameremo.> Lei è l'infermiera Vicky, capelli biondi raccolti sempre in una coda, legati con un elastico rosa. Mi sveglia ogni notte, dicendomi la stessa cosa, ed io puntualmente rispondo

<No grazie. Sto bene qui.> Da quando Alex è tornata dalla sala operatoria, non ho mai lasciato il suo capezzale. Stringo la sua mano da giorni, dormo su una sedia aspettandomi che si svegli, perché si deve svegliare.

Non ho mai pregato molto, ma ultimamente mi rivolgo molto spesso a Lui, supplicandolo di lasciare che Alex viva, che se proprio qualcuno deve andarsene, allora quella sono io, ma non lei cazzo. Non lei.

Nicky è venuta spesso a trovarla. Resta con me, parlandomi ogni giorni di un'avventura diversa avvenuta in prigione, alcune volte ricomincia da capo, perché ha finito le storie, altre volte resta in silenzio, perché fa paura ridere senza Alex.
Non so se può sentirmi, ma le ripeto ogni giorno quanto abbia bisogno di lei, che deve lottare perché io non ho finito di amarla, ho appena iniziato.
Le ho descritto come saranno i nostri bambini, i loro nomi, il colore dei capelli e degli occhi, soffermandomi anche sui più piccoli dettagli, come la voglia a forma di chicco d'uva, che Aiden avrà sul braccio destro.
Le ho detto che uno di loro sarà una pesta, proprio come lei e che ci farà passare dei giorni orribili, ma che questo ci aiuterà ad apprezzare doppiamente i giorni speciali.
Mentre l'altro bambino sarà ordinario, ma non per questo non l'ameremo di più, anzi... Quando commetterà degli errori, invece di brontolarlo, rideremo.

E poi le ho detto di come mi piacerebbe fare l'amore, mentre lei mi stringe i capelli urlando il mio nome.
Ma lei non ha reagito. Nessun movimento.
È frustante vederla distesa in un letto, con dei fili che le penzolano dal naso, dalle braccia.. Dovunque. E lei non fa niente.
Si è arresa, ed io non posso permetterlo, perché le ho promesso che l'avrei protette, che l'avrei amata e non può finire così, è ingiusto.

...

È quasi un mese. Non ce la faccio più. Se non si sveglia, giuro che mi addormento anch'io, così posso stare con lei.
Non so dove trovo la forza ogni mattina, di passare l'intera giornata accanto al suo letto, illudendomi che muoverà le dita, o che apra gli occhi.

<Non posso vivere senza di te. Non voglio vivere senza di te. Mi hai sentito Alex? Se tu te ne vai, me ne vado anch'io.> Una lacrima solca il mio volto sfinito <Ti seguirò, ovunque andrai, io ci sarò.> Le bacio la mano molle, premendola con forza contro la mia guancia e mi addormento sul suo ventre, che si contrae a malapena, con la sua mano sotto la mia guancia.

...

<Non ci sono miglioramenti, né peggioramenti. Forse dovrebbe considerare l'opzione di lasciarla andare...> Mi propone un medico, dopo un mese e mezzo, che Alex non recupera.
Scuoto la testa, guardando le sue palpebre chiuse e pallide.

<Non se ne parla nemmeno.> Rispondo con un filo di voce. Il medico annuisce, fingendo di capire, ma lui non capisce, non capisce.
Scrive qualcosa sulla cartella, poi si avvicina. Con la coda dell'occhio, noto che mi sta guardando, da dietro la montatura fine dei suoi occhiali, ma io non mi smuovo.
<Dovrebbe almeno andare a casa a...> Lo interrompo arrabbiata.

<Sono già a casa.> Stringo più forte la mano di Alex, accarezzandole la guancia.

...

È un giorno qualunque, la mattina è appena iniziata, tengo la testa sulle coperte bianche e ruvide, che ormai conosco a memoria.
Le nostre dita sono intrecciate, da tutta la notte, poggiate sul suo ventre.

Tra poco i medici verrano a dire le cose degli stessi giorni precedenti, abbattendo ogni mia speranza.

Tutto ad un tratto, sento un solletico sulla mano, una vibrazione leggera, un calore familiare.
<Pi..Pipes...> Alzo immediatamente la testa. Sto sognando?! Gli occhi di Alex sono leggermente schiusi, le sue dita si muovano lentamente contro le mie.

Mi avvicino a lei, incredula. Lei ripete di nuovo il mio nome ed io esploso in un sorriso, l'abbraccio forte, facendo attenzione a tutti quei macchinari complessi e le bacio ripetutamente la fronte, lasciando infine un bacio sulle sue labbra.

<Sei tornata. Sei tornata.> Ripeto sorridendo. Scosto delle ciocche di capelli dal suo volto, baciandola di nuovo.
È il giorno più bello della mia vita! Cazzo.
<Lo sapevo che non ti saresti arresa. Io lo sapevo.>

<È bello vederti.> Accenna ad un sorriso sbilenco.
<Sapessi per me, amore mio.> Mi siedo accanto a lei sul letto, appoggio la testa contro il suo petto. Il suo cuore batte più forte del solito, chiudo gli occhi respirando contro il suo petto. Non ha perso il suo profumo, anzi adesso, ha un odore più marcato, qualcosa che dice "sono una sopravvissuta."

<Non te ne sei mai andata vero?> Chiede accarezzando il mio capo. Non c'è cosa più bella, giuro.
<Non ti avrei mai lasciata da sola.> Dico contro il suo petto, mi alzo solo per darle un bacio sul collo e mi accucciò di nuovo su di lei, questa volta più in alto. Immergo la testa nel suo incavo del collo.
Le mani di Alex accarezzano la mia schiena debolmente.

<Non fare più uno scherzo del genere.> La prego, trattenendo le lacrime.
<Mai più.> Mi assicura. Le lascio un bacio sulle labbra, mi sposto lentamente, mettendomi in piedi accanto a lei.

<Vado a chiamare i dottori.>

Alex e Piper || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora