Le ore scorrevano lente e silenziose. Non sapendo assolutamente dove andare, decisi di fare quello che mi riusciva meglio: uccidere.
Feci, lo ammetto, un lavoretto da principiante, giusto per scaldarmi un po'.
Entrai in un'appartamento al secondo piano di un condominio nel centro di Parigi.
La casa era abitata da una coppia di novelli sposi in dolce attesa per lo più.
Io: che palle, mi tocca non uccidere lei.
Sgattaiolai nella camera matrimoniale, i due dormivano abbracciati e quieti.
Legai prima lui, imbavagliandolo, poi lei, lasciandola invece con la bocca libera.
Accesi la luce e mi sedetti sul letto davanti a loro.
Io: allora. Lo scopo del gioco è che tu non devi urlare.
X: s-sennò?
Io: ti ammazzo, ovviamente.
Oh mio dio, aiutami tu!
Io: è inutile che ricorri a Dio, lui non ascolta mai alcuna preghiera.
X: e tu come fai a saperlo?
Io: non so affaracci tuoi. Comunque, dicevo. Il gioco consiste in io che ammazzo lui e tu che guardi senza parlare o urlare, sennò ammazzo anche te e il tuo bambino. Ci stai?
X: ma... Amore...
L'uomo annuì con la testa, piangendo.
Anche la ragazza si mise a piangere.
Io: che schifo. L'umanità è così poco originale. Lui che si sacrifica lasciando lei e il figlio vivere. Senza minimamente considerare che nell'aldilà starebbero tutti insieme.
X: ma tu cosa ne sai dell'amore?! Sei un mostro!
Io: sai, mostro significa 'qualcosa che suscita stupore'. Le tue parole, troia, non mi sfiorano neanche di striscio. Io so di amore più di quanto ne possa mai immaginare tu. Entrambi i miei figli, d'altronde, sono di mio marito. Al contrario del tuo che... Ops, forse lui non lo sapeva.
L'uomo era evidentemente incazzato nero, l'avrebbe uccisa in quel momento se avesse potuto.
X: amore ti giuro che io-
Le misi il bavaglio.
Io: tu sei così noiosa, come hai fatto a sposarla?
Levai invece il tovagliolo nella bocca di lui.
Y: L'HO SPOSATA SOLO PERCHÉ ERA INCINTA, E ORA SCOPRO CHE NEANCHE È MIO.
Io: ehi, ti propongo un altro gioco. Tu guardi me mentre uccido lei, senza fiatare.
L'uomo la guardò, con disgusto per un attimo.
Y: no. Nessuno merita la morte per una cosa del genere.
Ho capito che puoi leggermi nel pensiero. Fallo. Fallo.
Lo guardai e sorrisi, facendogli anche l'occhiolino.
Io: a che mese sta?
Y: dovrebbe nascere in settimana.
Io: e allora potevi dirlo prima.
Le aprii piano la pancia, mentre lei cercava di non urlare.
Cacciai il bambino, tagliandogli il cordone e dandolo al padre.
Io: tienilo, non è colpa sua se è così. Non trattarlo mai di merda, se ha un problema ascoltalo e non incolparlo mai di nulla.
Y: lui è mio figlio. Lei era solo una rompicoglioni.
Io: ti ho liberato di un peso.
Il piccolo non la finiva più di piangere.
Io: ora ti rimbavaglio, così quando arriveranno sembrerai vittima anche tu.
Scrissi sul muro la mia frase, decisi però di marchiare il bambino.
Incisi sulla spalla del bambino una D.
Io: sarà sempre devoto al diavolo, da ora e per sempre. Mi spiace, ma diventerà come me.
Y: tanto io sono ateo.
Io: ti conviene iniziare a credere in qualcosa amico, perché quelli esistono davvero.
Il suo sguardo sconvolto me li ricorderò per sempre.
Me ne andai dopo averlo imbavagliato per bene.
Onestamente me ne pentii, dovevo ammazzarlo, insieme al bambino. L'errore da principiante non potevo permettermelo assolutamente.
Purtroppo, quella sera ero troppo agitata per capire che cazzo fare. Così, decisi di prendere la via più calma e semplice: tornare a casa.
Decisi, a caso, di farmela a piedi, arrivando con il teletrasporto solo all'inizio del bosco.
Entrata in quello, riflettevo ad alta voce mentre la nebbia si infittiva sempre più.
Io: quando ci sarà il suo giudizio? Il mio avvenne dopo una settimana terrestre! Non posso aspettare così tanfo. Devo sapere.
In quel momento, sentii un ramoscello rompersi alle mie spalle.
Mi girai e trovai Crook.
Io: ehi, mi hai spaventata.
Crook: scusami Clock ahahah, abitudine.
Io: ti capisco. Torni a casa?
Crook: in realtà sono uscito proprio ora. Lì in casa... Beh, si respira tensione allo stato puro.
Io: cosa intendi?
Crook: con il dramma per Katy e i casini di Jill, non si sa cosa abbia stupito di più.
Io: casini di Jill?
Crook: non l'hai saputo? Ci ha provato com LJ e Nina lo ha scoperto! Fortuna LJ non l'ha mai assecondata, sennò sarebbero stati proprio cazzi amari.
Io: ah, beh, grazie Crook. Ci vediamo domani a colazione?
Crook: come sempre! A domani.
Continuai per la mia strada, incontrando molti dei miei compagni che uscivano per rinfrescarsi le idee e non stare in casa.
Purtroppo, io ci arrivai e una volta entrata, me ne pentii tanto.
Nina strillava a destra e a manca, Liu continuava a dare i pugni dove capitava, Jill che sbraitava con LJ e Toby, Masky, Hoodie, Jeff e Off si sorbivano tutto quello.
Masky: per fortuna sei tornata!
Io: yeeeh. Allora, che cazzo sta succedendo?
Nina: è una zoccola, ecco cosa sta succedendo!
Jill: io?! TU ME L'HAI FREGATO!
Nina: QUANDO TU TE NE SEI ANDATA, CON I CATTIVI!
Jill: NOI SIAMO I SANTI?!
Nina: TU SEI SOLO UNA TROIA.
LJ: potrei parlare?
Io: se stai zitto è meglio.
Nina: CLOCK! CACCIALA!
Io: no.
Nina: cosa?
Io: abbiamo dato sempre a tutti le tre possibilità, spesso anche di più. Ne ha usata una, se ne sprecherà altre due per queste cazzate, sarà cacciata.
Jill: dai spago a lei?!
Io: io do spago alla mia testa. Hai fatto una palese stronzata, non provare a convincermi del contrario. Ora va in camera tua.
Jill: sei mia madre per caso?
Io: assolutamente no, ma comando io qui.
Jill: vedremo.
Scomparve, probabilmente ritirandosi davvero in camera sua.
Hoodie: forse dovresti dire a Sland quel che è successo.
Io: siamo in lutto Hoodie, non ne ho la minima intenzione per il momento.
Hoodie: anche questo è vero. Ma non sottovalutarla, è pericolosa.
Io: non la sottovaluto, ma non può neanche immaginare quanto io possa essere pericolosa. Ora, parlando di cose serie, il whisky c'è ancora?
Toby: sì, ma in cantina.
Io: dannato chi l'ha finito e non l'ha rimesso a posto. Sì LJ, sto guardando te.
LJ: la colpa sempre a me oggi! Perché non può essere stato Jeff?!
Io: a lui fa schifo il whisky.
Jeff: sbaaam.
LJ: e Nina?!
Nina: tesoro, sono incinta.
LJ: vabbe vabbe, so stato io... Dannati voi.
Io: oh, non sai quanto.
Scesi giù in cantina, cercando al buio la cassa di whisky.
Io: dove cazzo sta...
Sentii un fruscio strano, come fosse vento.
Io: chi c'è?
X: non fidarti di Jill.
Io: chi sei?
X: nessuno di tua conoscenza.
Effettivamente non riconoscevo la voce, capivo solo che fosse di una donna.
Io: voglio sapere chi sei e come la conosci.
Uscì dalla penombra una ragazzina, di sedici anni circa, con una grande cicatrice sulla guancia.
Io: allora, chi sei?
X: sono Lianne, detta Lia.
Io: ciao Lia. Perché sei qui?
Lia: mi ha guidato qui lo Sland, dovete riguardarvi da Jill!
Io: Sland? Ummm. Cosa sei? Una proxy? Una Creepy?
Lia: nulla di tutto ciò. Ora ascoltami, state attenti.
La ragazza scomparve nuovamente nella penombra.
Io: che strana... Ohhh ecco il whisky.
Tornai di sopra, facendo finta che il discorso con quella Lia non fosse mai avvenuto.
Masky: rieccoti.
Io: eh sì. Qualcuno gradisce?
Toby: amore, è mezzanotte.
Io: quindi?
Toby: è ovvio che lo vogliamo.
Hoodie: io passo.
Masky: ed ecco il vecchio che ogni tanto si anima.
Hoodie: non sono vecchio!
Io: Hoodie, amico mio, non c'è nulla di cui vergognarsi nell'essere anziani!
Hoodie: vaffanculo.
Si versò tre dita di quella bevanda marroncina nel bicchiere basso e la bevve tutta d'un fiato.
Hoodie: pff, bambini.
Ridemmo tutti, tranne LJ che era molto pensieroso.
Io: a che ora uscite?
Masky: noi proprio ora. Jeff, esci con noi?
Jeff: sisi. LJ?
LJ: io... Io resterò dentro casa. Non sto bene, sapete, troppi zuccheri.
Hoodie: e tu smettila di mangiare caramelle!
LJ: e tu di fumare.
Hoodie: ritiro tutto. Ci vediamo dopo ragazzi.
Io: a dopo. Masky, fa attenzione. Non voglio ritrovarmi un morto sul curriculum da demone.
Masky: ah ah ah. A dopo.
Toby: ciao amore.
Mi lasciò un bacio sulla guancia e io ricambiai dolcemente.
Jeff: bella.
Uscirono tutti e quattro insieme, ridendo e scherzando.
Nina uscì poco dopo, anche se LJ non era d'accordo
La casa si svuotò, rimanemmo solo io e LJ al piano di sotto e Pupp, Zero, Jill, Sally e Liu al piano di sopra, senza contare i bambini. Persino Pros era uscita quella sera.
Io: cosa è successo?
LJ: riguardo a cosa?
Io: non fare così con me. Mi spieghi tu o devo scoprirlo con le cattive?
LJ: okok mi arrendo. Ha fatto tutto quella matta! Stavo mettendo i panni in lavatrice e lei è entrata al bagno per prendere un non so come si chiami.
Io: wow.
LJ: la saluto, giusto perché sono garbato, e quella mi blocca al muro e inizia a palparmi! Non sapevo che cazzo fare, allora l'ho respinta e lei mi si è appiccicata ancora di più. Fortunatamente in quel momento è passata Nina, che l'ha scaraventata dall'altra parte del corridoio.
Io: non so più cosa cazzo pensare. Ogni tanto vorrei sapere davvero cosa devo fare, così da evitare tutti questi casini.
LJ: dai vieni qui scimmia.
Mi strinse a sé, così poggiai la testa sulla sua spalla sospirando.
Io: come facciamo a sopravvivere è un cazzo di mistero.
LJ: almeno stiamo insieme, dopo tutto quello che ci è successo, noi stiamo ancora insieme!
Io: eh sì, almeno questo. Whiskey?
LJ: e lo chiedi pure. Versa va.
Ci bevemmo circa tre bottiglie di whisky, ma essendo demoni non avvertivamo il minimo senso di ubriachezza.
Eravamo in cucina a terra, buttati contro il muro e con le bottiglie in mano.
Io: che merda.
LJ: cosa?
Io: non potersi ubriacare. Sai, perdere la concezione del tempo, la ragione e il buon senso. Sotto certi punti di vista ubriacarsi è fantastico.
LJ: ahah lo so. Puoi dire quello che cazzo ti pare tanto nessuno ti prende sul serio e il giorno dopo neanche te lo ricorderai. Nella tua mente sei invincibile: potresti sollevare una macchina se solo ti dicessero di farlo. Insomma, si sta da dio. E ora ci hanno tolto anche quello.
Io: andiamo a fumarci una sigaretta?
LJ: andiamo.
Lo presi per mano e ci ritrovammo nella stessa posizione di prima, solo che eravamo sulla veranda del portone principale a guardare le stelle, che quella sera erano visibilissime.
Io: guarda quante!
Allungai una sigaretta al ragazzo, per poi prenderne una per me e accendermela.
Io: passerei tutto il giorno a bere e fumare.
LJ: non ti annoieresti?
Io: no. Il mondo sarebbe come piace a me.
LJ: non lo è già?
Io: se lo fosse, non saremmo di certo qui a parlarne.
LJ: giusto. Da piccolo, ho sempre immaginato un mondo di caramelle.
Io: ahahahah serio?
LJ: scherzi? Era il mio sogno nel cassetto!
Io: io invece ho sempre sognato un marito perfetto, due bambine, una casa al mare, la spesa il pomeriggio, le cene in famiglia, i litigi, le estati in montagna, i primi fidanzatini delle figlie. Ho sempre sognato una vita... Normale.
LJ: se permetti, ti è andata mooolto meglio!
Io: ah questo lo so. Ma, come dici tu, era il mio sogno nel cassetto. E ogni notte, guardo la stella più luminosa nel cielo, alla quale esprimevo i miei desideri, e non posso fare altro che pensare di aver deluso quella bambina speranzosa... È come se l'avessi fatta sperare invano, creando mille aspettative e promesse, che non ho mai realizzato. Ma ora sto divagando.
LJ: se ti consola, io non mi sono mai creato aspettative. Da piccolo capii che la mia famiglia era disastrosa. Nessuno mi filava. Sai quando dicono 'il circo è una famiglia'? È una grandissima minchiata. Cioè, è una famiglia, ma come in ognuna di esse, c'è sempre la pecora nera. Quella, ero io. Ero preso in giro, bullizzato, pestato, rinchiuso con le bestie, malmenato dalla propria madre. No, non mi sono mai creato aspettative, perché sapevo le avrei deluse e quindi, nella mia mente di bambino di 6 anni, già capivo che il mondo non mi avrebbe regalato altro che delusioni e merda. Ma ora, sto divagando anche io.
Io: che vuoi farci Jack, il mondo ce l'ha sempre avuta con i più forti.
LJ: non era con i più deboli?
Io: sì, certo. Ma il mondo, prendendosela con i più deboli, li fortifica a tal punto da fargli superare qualsiasi cazzo di muro. Invece, quelli che ha sempre premiato, adorato, vestito bene, adornato, sono gli stessi che ora sbattono il muso. La gola, o ingordigia, non è mai piaciuta al mondo. Quindi, i deboli, a cui nulla è mai stato regalato, ora se la cavano alla grande, facendosi bastare tutto. I forti, o meglio quelli che erano forti, non riescono a farsi bastare più nulla. Quello che per noi è lusso, per loro è un cazzo. Quello che per noi è assurdo, per loro è normalità. Quello che per noi è un sogno, per loro è un incubo. Capisci? Noi siamo i deboli, ma, secondo te, è meglio farsi sputare addosso merda e morire circondati da persone oneste, o vivere sotto un albero d'oro e morire in mezzo a luride persone che hanno sempre e solo puntato al tuo patrimonio? Pensaci.
LJ: beh, se la metti così è semplice.
Io: ummm ne sei sicuro?
LJ: certo!
Io: perché conosci la tua realtà. Per te è scontato e reale vivere con la tua ragazza e i tuoi amici, fare quello che ti piace, essere nella semplicità. Ma se non conosci altro che lusso, per te la risposta cambierebbe. Anzi, cambierebbe, la prospettiva con cui rispondi. Sai, Socrate diceva che chi fa del male, lo fa solo perché non conosce il bene. E ha ragione. Se sono figlia di un miliardario, spendere 20.000 euro al giorno è normalità! Se sono invece figlia di un semplicissimo operaio, un avvocato di una cittadina, un'infermiera o anche di un impiegato, per me avere 10-20 euro a settimana con cui andare al cinema con gli amici è galattico!
LJ: capisco, ma secondo me si può scegliere. Quindi, in parte quel dice Socrate, è sbagliato.
Io: sì, se conosci entrambe le realtà. Altro esempio: se vivi in una famiglia di cristiani e vai in una scuola con compagni atei, tu riesci a riconoscere entrambi i punti di vista e quindi scegliere. Ma sarai sempre spinto verso quella che conosci meglio e quindi quella cristiana, seguendo l'esempio.
LJ: beh, sì. Insomma, noi siamo i deboli senza scelta.
Io: non scordare, che a noi il mondo, sta regalando finalmente qualcosa.
LJ: cosa?
Mi avvicinai a lui, sorseggiando una birra e poggiando la mia testa, rivolta al cielo, sulla sua spalla.
Io: una casa.
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Ticciwork| Vero Amore 2
FanfictionIl seguito della mia precedente storia, Ticciwork-Vero amore. I nostri 'amici' resteranno fedeli fin proprio la fine?