Capitolo 44-Tutte le sfortune.

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Avevo calcolato male la situazione: i ragazzi, non presero bene il ritorno del figlio al prodigo.
Quindi, invece di ridarle la sua vecchia camera, Sland decise di affidare a Jill una delle camere al piano di sopra, alla destra di quella di Zeta, poiché lui non la conosceva ci sembrò ovvio metterla con lui, per evitare risse.
La camera da letto era fredda più del solito, forse colpa della finestra spalancata in pieno inverno. Toby ci soffriva un pochino, ma io avevo bisogno del freddo per sopravvivere, era parte di me. La ricerca del caldo, invece, era come quella dell'amore: dolorosa e implacabile.
Toby: cosa vuoi per cena?
Io: non saprei.
Toby: se andassimo in un ristorante solo io e te?
Io: e i bambini?
Toby: li lasciamo a Masky e Hoodie, loro li adorano.
Io: chi non li adora?! Comunque non saprei...
Toby: sai da quanto non siamo solo io e te?
Io: abbiamo scopato per tre ore filate fino ad ora.
Toby: ah wow, abbiamo scopato. Questo sì che è stare insieme.
Io: non vuoi più scopare?
Toby: non sto dicendo questo, ovviamente! Non sono mica scemo. Solo non usciamo a cena io e te forse da due anni. Anche tre, volendo.
Io: e va bene. Ma scelgo io il luogo!
Andai nel bagno e telefonai in un ristorante italiano, prenotando un tavolo per due per l'ora successiva.
Io: vestiti allora.
Toby: quanto chic?
Io: non troppo. La camicia a scacchi nera e blu sarà perfetta.
Toby: okay.
Ci vestimmo senza troppi sfarzi, io misi un pantalone nero a sigaretta e una camicetta rosa antico, con un paio di scarpe lucide sul genere maschile. Mentre Toby camicia a scacchi, jeans neri, sneakers bianche e giubbino nero di pelle.
Io: andiamo?
Toby: sisi.
Io: con Masky e Hoodie?
Toby: hanno detto che ci baderanno loro.
Bussarono alla porta proprio in quel momento.
Hoodie: ancora qui siete? Che premurosi.
Masky: no, che pallosi! Susu, muovetevi!
Toby: mi conduce lei signorina?
Si mise ad inchino.
Io: ma certo mio signore.
Lo presi sottobraccio e ci ritrovammo nel vicoletto dietro il ristorante.
Entrati, un cameriere ci condusse ad un tavolo davanti all'enorme vetrata, con una vista sulla torre Eiffel da far perdere il fiato.
Io: che meraviglia.
Toby: come hai fatto così all'ultimo minuto?
Io: oh ieri ho fatto fuori un paio di conti, baroni o quel che erano. Ho visto che avevano una prenotazione a questo ristorante prima che uccidessi lei, per fortuna. L'ho fatta chiamare e spostare la prenotazione a nome della nipote Natalie.
Toby: tu sei un genio. Avevi già calcolato la cena insomma.
Io: veramente volevo andare con Lucas, ma lui non è tipo da ristoranti... Importanti, ecco.
Toby: ah grazie.
Io: ma ora sono con te. Allora, con Zeta tutto bene?
Iniziammo a sfogliare il menù svogliatamente.
Toby: abbiamo chiacchierato a lungo durante la sua assenza, sai, non conosceva lei...
Io: vostra sorella?
Toby: mia sorella.
Io: Toby...
Toby: è mio fratello, ma lei... Lei è solo mia sorella. Per sempre. Comunque, abbiamo fatto una bella chiacchierata sul più e sul meno.
Io: per esempio?
Toby: le solite cose: in quale istituto di igiene mentale lo aveva messo, quali farmaci prendeva e a quanto l'elettroshock.
Io: le solite cose, figo.
Toby: ma anche di cose più noiose, come il suo colore e piatto preferito, l'arancione e la pasta al sugo.
Io: dai che bello, mi piace vedervi creare un rapporto, quantomeno basico. Lei avrebbe voluto vedervi felici entrambi.
Toby: lo so. Comunque, con Jill?
Io: onestamente non mi va di parlarne, vorrei godermi una cenetta romantica con mio marito finalmente.
Ordinammo cose che sinceramente col senno di poi non potrei pronunciare senza ridere.
A fine serata, forse dopo aver bevuto un bicchiere di troppo, ci facemmo portare per colmare il tutto un bicchiere a testa di pregiatissimo scotch. Non trovai nessuna differenza con quello della mia bettola di fiducia, così tornammo subito a casa per passare qualche altra ora in intimità.
Io: sono le 2.
Toby: perfetto.
Mi strinse prima a sé, poi mi alzai, nuda, per prendere una sigaretta e sedermi sul davanzale a fumare.
Io: che bella brezza c'è.
Toby: se vengo là mi prende un coccolone come minimo.
Io: infatti statti fermo, non mi va di sorbirmi tutta la casa malata. Ti ricordi quando arrivò la varicella? Io e LJ eravamo gli unici ad averla presa, fu una rottura di coglioni immensa.
Toby: sì ahahahah, quand'è stato?
Io: un anno esatto dopo che ci fidanzammo. Passammo l'anniversario sul divano con gli altri mentre tu ti grattavi disperato e io ridevo.
Toby: tornerei indietro mille volte, sorbendomi anche quel tremendo dolore, pur di rivivere quel momento.
Io: anche io amore... Senti, vogliamo uscire?
Toby: passeggiata notturna?
Io: sì. Ma ehi, tu non puoi... Devi assolutamente dormire.
Toby: purtroppo sì.
Io: andrò da sola, mi fa bene non sentire voci ogni tanto.
Toby: sicura?
Io: certo. Non vorrei vi beccaste di nuovo una ramanzina per colpa mia.
Toby: hai preso tu tutte le colpe l'ultima volta.
Io: perché lo erano. Dai, dormi ora.
Mi alzai da davanzale, buttando di sotto la sigaretta spenta.
Mi abbassai a prendere le mutande e il ragazzo ridacchiò.
Io: che ridi?
Mi girai sorridendo.
Toby: cercavo di mascherare l'emozione, tesoro.
Io: deficiente!
Continuai a vestirmi, mentre lui giocava a qualche giochino complicato.
Io: ciao tesoro.
Gli lasciai un bacio sulla fronte, lui però mi prese le anche e baciò la pancia.
Toby: a domani mattina. Sta attenta fuori.
Io: tranquillo. A domani!
Presi la borsa e uscii dalla stanza, passando a salutare Jeff appena ritornato che mangiava un ghiacciolo in cucina.
Jeff: passeggiatina?
Io: eh sì.
Jeff: dai, andiamo!
Io: sei sporco di sangue ovunque.
Jeff: dubito tu voglia andare chissà dove, hai i pantaloni della tuta.
Io: beh, prendi un gelato anche per me allora e muoviti.
Aprii il freezer e guardò dentro.
Jeff: come lo vuoi?
Io: menta.
Prese un ghiacciolo verdino dentro ad una bustina sigillata e me lo tirò.
Io: su.
Uscimmo di casa, parlando del più e del meno come sempre.
Poi, arrivò l'argomento maledetto.
Jeff: perché ti fidi di lei?
Io: stavamo parlando tanto beatamente, perché ricacci argomenti negativi?
Jeff: voglio capire.
Io: mi fido e basta.
Jeff: vorrei avere un briciolo della tua fiducia.
Io: io un briciolo del tuo menefreghismo e rancore
Jeff: tu sei rancorosa e menefreghista, altrimenti non saresti qui con noi.
Io: sì, ma non con le persone a cui tengo. Vorrei solo riuscire a lasciare andare una persona senza che il suo ricordo tormenti la mia anima.
Jeff: forse questo D non te l'ha spiegato.
Io: cosa?
Jeff: perché sei un demone?
Io: perché una volta morta sono finita all'inferno. È ovvio.
Jeff: sì, ma non tutti diventano demoni, o il mondo non avrebbe più viventi. Tu sei tra quelle anime che non sono riuscite ad andarsene in pace, pur essendo destinate a inferno o paradiso, quello non importa. Tu, cara Natalie, sei un'anima dannata costretta a tornare sulla terra per ristabilire l'ordine della natura.
Io: cosa?
Jeff: angeli e demoni sono uguali, in fondo: anime che non hanno trovato una ragione per andarsene completamente, o che invece, in modo più semplice, hanno lasciato qualcosa in sospeso. Le prime, vagano alla ricerca di quel qualcosa, girano il mondo se non hanno potuto farlo o assaggiano una pietanza che in vita li tormentava poiché irraggiungibile. Le seconde non possono espiare il proprio debito: sono destinate a servire la natura come meglio possono, per evitare che il mondo crolli in mano alla morte o che sia sovrappopolato. Questi infatti diventano angeli, nel primo caso, e demoni, nel secondo.
Io: wow. Quindi, sono dannata davvero.
Jeff: in vita non sei riuscita a salvare Jill quindi sei dannata.
Io: lo avevo immaginato.
Jeff: la cosa però non finisce qui. Saprai della legge del Contrappasso di Dante.
Io: certo che sì.
Jeff: tutti i demoni ne subiscono una. Tu non ti sei fidata di Jill, quindi sei destinata ad affezionarti a chiunque mostri un briciolo di amore nei tuoi confronti.
Io: ma che merda è?!
Jeff: eh lo so, perciò cerco di non morire. Non saprei proprio cosa dovrei espiare una volta tornato e sinceramente non voglio saperlo.
Io: LJ?
Jeff: lui si è sacrificato per qualcuno, un gesto ammirevole. Ma rimane un demone e non avendo messo se stesso al primo posto, la sua condanna è quella di non poter aiutare chi ne ha bisogno.
Io: che merda. Pupp?
Jeff: chiedilo a lui?
Io: non me lo dirà mai!
Jeff: ehi, io non lo so. Comunque, dove siamo?
Ci guardammo in dietro, solo nebbia, come anche davanti a noi.
Io: ah non saprei proprio. Quanto abbiamo camminato?
Jeff: ah boh.
Vidi una luce in lontananza.
Io: andiamo là, magari riusciamo a trovare anche qualche preda.
Jeff: oh sì.
Ci avvicinammo alla luce, proveniva da un fuocherello vicino a due tende.
Intorno al fuoco vi erano due ragazzi e due ragazze, che mangiavano patatine e ridevano.
Io: io i ragazzi.
Jeff: oh oh oh, mi riempi di gioia così.
Ci dividemmo, io a sinistra lui a destra.
W: ehi, avete sentito?
X: cosa?
W: mi sembrava un fischio.
Sentii anche io fischiettare.
Io: cretino.
Y: oddio, ho sentito una voce.
Z: cosa?!
X: state calme, sarà qualche uccello.
Z: di notte?
X: magari un gufo.
Di nuovo Jeff che fischia.
Io iniziai a ridacchiare, facendoli cagare sotto tutti.
Z: NON DOVEVAMO MORIRE!
Y: zitta oca giuliva!
W: andiamo via, la macchina sta qui dietro!
Sentii una macchina che si accendeva e dopo qualche secondo un botto e del fumo denso.
Io: AHAHAHAHAH.
Jeff li distrasse, facendoli girare di spalle.
Quando arrivai nessuno mi sentì.
Jeff: fare campeggio non è sicuro, non lo sapevate?
W: chi sei?
Io: direi che siamo il vostro peggior incubo.
Si girarono di botto, impallidendo.
Io: credo mi vedano per come sono.
Jeff: oh sì.
Ero poggiata su un tronco a braccia conserte, così mi misi dritta e cominciai a camminare.
Io: sapete, prima di morire, posso farvi rivivere dei bei momenti.
Z: davvero?
Io: oh sì. Sapete che morire felici è meraviglioso?
Y: te che ne sai?
Io: oh, lo so, ve l'assicuro.
Mi trasportai varie volte, mi avvicinai ai ragazzi e sfiorai entrambe le loro mani, per poi tornare nel punto iniziale.
Io: dopo poi, è ancor più divertente. Ok, dato che avete rifiutato, faccio un altra proposta. Ma, purtroppo, è rivolta solo ai maschi.
In due secondi le ragazze erano a terra sgozzate.
Io: grazie Jeff. Allora, posso rendere uno di voi due, e so già chi sarà, davvero importante, potente, rispettato e forte. L'unica cosa che dovrà fare, è uccidere l'altro.
Cacciai dei coltellacci dalla borsa e li porsi ai due.
Io: scegliete, sopravvivenza dell'uno, o morte di entrambi? O uno muore, o muoiono entrambi.
W: cosa intendi, per potente o forte?
Mi avvicinai ai due, portando i loro visi vicino al mio.
Poi, sussurrai dolcemente nelle loro orecchie.
Io: posso rendervi invincibili, immortali, capaci di dominare tempo e spazio, di essere circondato da persone uguali a lui. Tutto questo, per una morte. Cos'è un individuo in confronto al potere?
I due iniziarono a combattere come matti, finché quello moro accoltellò svariate volte l'altro, ridendo.
Jeff lo fece rialzare, era divertito.
Io: bene, ho scelto bene. Sarai un cavaliere della morte, un Angelo della discordia, un servitore delle tenebre. Vedi tu come definirti. Ora però, manca una cosa solamente.
Gli affondai un coltello nel cuore, la morte più veloce di tutte.
Arrivò subito M, accompagnato da Katy.
Io: dove avete lasciato quelle due?
Katy: si stanno addestrando. Chi abbiamo qui?
Io: umm, non gli ho chiesto il suo nome. Oh beh, lo sapremo.
M: pensi possa essere lui il terzo?
Io: ne sono certa.
Io: il quarto, volevi dire.
M: tu non sei il mio angelo della morte, tu sarai la morte.
Katy: fino a quel momento, preferisco così.
M: ok. Grazie mille Clock. Sarà addestrato, lo rivedrai tra qualche giorno. Jeff, lavati, sei fradicio.
Jeff: no mea culpa.
Io: andiamo Jeff. Katy, vai con M?
Katy: sì, devo ancora capire come sintonizzarmi con il mondo intero.
M: ce la farai, ma ora andiamo, qualcuno deve essere giudicato.
L'uomo, accompagnato dalla figlia, prese per mano l'anima del ragazzo, portandola con se in una nube densa.
Una volta scomparsi, io e Jeff dovevamo decidere cosa fare.
Io: li lasciamo qui?
Jeff: sì, ma vediamo cos'hanno nelle tende.
Entrammo ed era pieno di cibo e birra.
Io: hai avuto un'idea sublime.
Arraffammo tutto.
Io: prendiamo anche le tende, sembrerà stato un incidente, si sono fermati qui per caso accendendo un fuoco e poi, un lupo li ha attaccati.
Jeff: un lupo?
Lasciai che la bestia sbranasse un po' dei loro corpi, aveva fame d'altronde.
Jeff: adoro questo trucco.
Io: modestamente. Vieni, afferrami il braccio.
Quando mi toccò, ci trovammo in salone.
Io: va da Jane, io sistemo il cibo.
Jeff: okay. A dopo.
Se ne andò tutto baldanzoso al piano di sopra, mentre io smistai il cibo nel frigo e in dispensa.
Io: che birra scadente. Ma ehi, noi beviamo tutto.
Una volta finito, afferrai una bottiglietta e mi buttai sul divano, sorseggiando la birra calda.
Io: ci fosse qualcosa in tv. Mai una volta. E gioia.
Feci qualche giro, senza trovare granché.
Poi, un servizio notturno attirò la mia attenzione.
Pres.: -...è stato trovato il cadavere di un ragazzo di sedici anni, morto per un'emorragia esterna, causata da un taglio al torace. La polizia crede sia stato opera del noto Jeff the Killer, che ha appunto rivendicato l'attacco-
Io: uhuhuh, grande Jeff.
Pres.: -le autorità sono già a lavoro per trovare questo killer, poiché sembrerebbe abbiano ritrovato un capello nero, per la prima volta nella storia di questi omicidi, i killer hanno lasciato del DNA. Ora passiamo alla cronaca rosa-
Spensi la TV, basita.
Io: ora sono cazzi amari.
Andai subito da Sland, che era nel bel mezzo di in rapimento.
Io: Sland, codice rosso, blu, nero e tutti i colori percepibili all'occhio dell'uomo.
Sland: sono a lavoro Clock.
Io: purtroppo anche io. Hanno trovato il DNA di Jeff.
L'uomo mi rivolse uno sguardo preoccupato, o almeno così capii io.
Tornammo subito a casa e convocammo un'assemblea notturna.
Per fortuna non mancava nessuno.
Io: guardavo il telegiornale e mandava la notizia dell'omicidio di un ragazzo, dove hanno trovato il DNA di Jeff.
Il ragazzo mi guardò stupito.
Jeff: ma io sta sera non ho ucciso un ragazzo! Sono andato a casa di una donna, a Sud di Parigi.
Io: cosa? Mandava la notizia di un ragazzo di sedici anni!
Jeff: impossibile, ho ucciso quelli che mi ha detto Sland!
Sland: ha ragione, nessun ragazzo.
Zero: ci vogliono incastrare.
LJ: come l'hanno preso il tuo DNA?
Io: ovviamente uno dei suoi cazzo di capelli.
Zeta: e come hanno fatto?
Scoppiammo tutti a ridere.
Io: capirai che in questa casa è più facile trovare capelli di Jeff che del sangue.
Jeff: sono entrati in casa, per forza.
Hoodie: è la cosa più plausibile.
Jeff mi lanciò un'occhiataccia, che sfortunatamente capii al volo.
Io: Jill dove sei stata tutta la sera? Sai che non vorrei farti questa domanda, ma-
Jill: invece credo sia azzeccatissima. So che il mio passato è stato quel che è stato, con o senza la mia volontà. Non sono uscita questa sera, dovevo disfare le valige.
Mi parve una cosa strana da parte di Jill, come già detto lei non era una ragazza sedentaria.
Jill: ahahah sì Clock, ho deciso di rimanere. Voglio cambiare, e forse posso riuscirci solo cambiando tutte le mie abitudini.
Pros: si è vero, fino all'una l'abbiamo aiutata io e Sofia.
Sofia: anche l'una e mezza credo.
Zeta: io sono rientrato a l'una spaccata e le ho sentite chiacchierare. Poi sono sicura non sia uscita, la sentivo canticchiare.
Jill: oh, mi dispiace.
Zeta: non preoccuparti, hai una bella voce.
Vidi Jill arrossire lievemente.
D: libera fino a prova contraria.
Jill: ciao D.
D: non è un piacere, come al solito.
Io: papà...
D: hai ragione, perdo le mie buone maniere. La controllo da quando ha messo piede in questa casa, ho un intero gruppo che guarda ogni suo minimo movimento. Ahimè, non si è mossa questa sera.
Io: come ha già detto, libera fino a prova contraria. Le prove ci sono in abbondanza, quindi non può essere stata lei. Ora il problema è, se Jill non c'entra nulla, chi è stato?
Jeff: Jill, quando eri sotto Zalgo, eri sola o avevi un gruppo?
LJ: mi stupisce la tua intelligenza, Jeff.
Ridacchiai e battei il cinque al ragazzo di fianco a me poggiato sul divano.
Jeff: simpatici.
Jill: sì, eravamo un gruppo. Può sembrare assurdo, ma solo io ero obbligata a stare lì. Pensate, che mi tenevano incatenata ad una parete.
Nina: non stento a crederlo.
Lanciai un'occhiataccia alla ragazza, che impallidì.
Nina: emm, scusa...
Jill: non preoccuparti, ti ho fatto penare così tanto che se fossi al posto tuo, mi sarei già ammazzata in malo modo. E ti chiedo scusa per tutto, anche a te LJ.
Nina: su qualcosa siamo d'accordo. Ma ti perdono. Sono incinta, il rancore non mi fa bene.
LJ: ok, chi eravate?
Vidi che la ragazza assunse un'espressione delusa, probabilmente per il fatto che LJ non si era filato le sue scuse.
Jill: tra tutti, quelli che comandavano eravano 5: io, Sara O'Bannon, la ragazza nella foto, o più semplicemente Linda, l'Uomo Storto e...
Lucas: ed io, com'è ovvio che sia.
Jill: sì. Lucas era il suo braccio destro, ci reclutò lui stesso.
Io: gruppetto niente male.
Crook: uh, l'uomo storto lo conosco. Diciamo che grazie a lui sono diventato ciò che sono.
Zero: credevo foste la stessa persona.
Crook: oh no, lui è mooooolto più vecchio di me. Forse più vecchio del tempo stesso. Ha assunto tanti nomi nel corso del tempo, come Uomo Nero, il Mostro sotto al Letto, e tutte quelle figure che traumatizzavano i bambini.
Zeta: perdonate la mia stolta ignoranza, ma chi è la ragazza della foto?
Jill: Linda. Una ragazza che uccide tramite le foto, nulla di ché.
Nina: non se ti ci devi arregnare per un panino. La odio da quel momento.
LJ: tesoro, tu odi qualsiasi persona ti rubi del cibo.
Sofia: e fa bene! Comunque, chi è quella Sara?
Pupp: oh, un demone. Purtroppo Zalgo la reclutò subito. Era molto forte, ma dal carattere piuttosto poco personale.
Lucas: oh, me la ricordo.
Jason: ahimè tutti se la ricordano prima dell'avvento di Zalgo.
Lucas: è un essere spregevole e tutto quello che volete, ma lui mi mise su un piedistallo quando nessuno ormai credeva in me.
Jason: tu hai scelto di non credere più in te stesso.
Lucas: mentre voi due eravate lì a guardare. Ah no, scusate, voi ve ne siete andati.
Pupp: io ero arrabbiato per ottimi motivi con te.
Lucas: certo.
Io: basta litigare, ora sei a casa e non c'è bisogno di pensare ancora al passato.
Lucas: lo so.
Avvolse il braccio attorno a me e mi strinse forte.
Io: allora, ne discuteremo alle 10 di domani mattina. La colazione sarà alle 9, ora andate a dormire. Passerò in ogni stanza a controllare e chiudere personalmente porte e finestre.
Mi guardarono tutti.
Io: non è un consiglio, muoversi su.
Se ne andarono tutti e come promisi, feci il giro di ogni stanza, iniziando da Jill.
Finii alle 5 del mattino e la cosa mi stressò un bel po'.
Mi ributtai sul divano, ma quel giorno quel mobile sembrava attirare tutte le sfortune del mondo.
Sentii dei passi provenire dal corridoio, così mi armai e mi feci coraggio.
Quando vidi quel ragazzo, ricoperto di sangue e ferite, il cuore morto riprese a battere per un secondo.
Io: oh no.

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