La vita nella casa non era mai tranquilla, tranne nel mio momento della giornata preferita: la notte. A mezzanotte la casa si svuotava completamente e io ero l'unica, oltre ai piccoli, Sally e le mortali, ad essere lì dentro.
Aspettavo infatti, circa un'ora prima di uscire anche io, per godermi della sana tranquillità notturna.
Non l'amavo perché conciliava il sonno, a parer mio non portava neanche consiglio. Mio fratello mi diceva sempre, quando ero bambina, che la notte era per gatti, artisti e chi si annoia e quindi beve. Sicuramente ero almeno due dei tre requisiti.
Quella sera, ad ore di distanza dall'attuazione del piano con Liu, ero seduta sul tetto a bere una birra e a cercare il vento.
Io: una serata senza vento.
Non mi aspettavo alcuna risposta.
X: effettivamente, noiosa come serata.
Io: chi sei?
Non persi tempo e afferrai il mio coltellaccio.
X: ehi ehi calma, non mi conosci, ma io conosco te. Beh, più che conoscere te, conosco la tua storia.
Mi risedetti, poggiando il coltello.
Io: quindi sai che questo non mi servirebbe a nulla per ucciderti.
X: ti basterebbe uno schiocco di dita se solo volessi, ma ti assicuro che non vorrai.
Io: allora, armi giù. Chi sei?
X: nessuno di importante.
Io: ognuno è importante.
X: un punto a te.
Comparve un ragazzo alto fin da coprirmi la luce della luna sul volto, con i capelli neri come la pece e dei buffissimi occhi neri, non castani o marroni, ma neri, di quelli che passeresti ore a distinguere le varie parti. Aveva un aspetto piuttosto stravagante: indossava una camicia nera non del tutto chiusa, una cravatta blu notte allentata sul collo e molto stropicciata, i pantaloni di un completo, delle scarpe laccate e una giacca che teneva sulle spalle, come per ripararsi dal freddo ma rimanendo al contempo libero nei movimenti.
Io: un demone. Ti manda papà?
X: ahahah, è buffo sentir chiamare il proprio capo 'papà'.
Io: qual è il tuo nome?
X: piacere, Zeta.
Io: nome vero?
Zeta: ahahah, mi chiamo Alex.
Io: perché ti fai chiamare Zeta?
Zeta: perché sono l'ultimo.
Io: di che cosa?
Zeta: l'ultimo ad essere stato ucciso nell'attacco alla mia scuola.
Io: mi dispiace.
Zeta: a me no, sono stato io ad attaccarla. Odiavo bulli e cheerleader. Per non parlare degli atleti, così pieni di sé perché sapevano correre o battere una palla con una mazza di legno. Quel giorno gli dimostrai che io sapevo battere benissimo le loro teste, con quei legnetti tanto amati.
Io: come andò a finire?
Zeta: mi sparai, il compito era stato eseguito. Sai, lavoravo già per tuo padre. Il grande D.
Io: noi lo chiamiamo così.
Zeta: ormai tutti lo fanno, per merito tuo, s'intende.
Io: esattamente cosa ci fai qui, Zeta?
Zeta: sei una leggenda tra noi laggiù. E poi non avevo proprio nulla da fare, le mie vittime di oggi sono morte in dieci minuti. Dico io, se morite subito che gusto c'è?!
Io: ahahahah. Beh, è stato un piacere Zeta.
Zeta: magari non accennare il nostro incontro a tuo padre, eh?
Io: come se mai fosse successo.
Zeta: addio, Clockwork.
Mi alzai e gli strinsi la mano.
Io: chiamami Clock e basta.
Il ragazzo, sorridendo, se ne andò e ciò mi fece ricordare che sarei dovuta uscire anche io, o il mio record sarebbe stato battuto da quei cretini di Jeff e LJ.
Io: oggi me ne vado... Al centro, ho voglia di parigini.
Mi trasportai in un vicoletto dietro ad una discoteca, dove una ragazza vomitava.
Io: ehi, stai bene?
X: credo... Credo mi abbiano drogata...
Io: dove abiti?
X: sono italiana, sono qui da un'amica.
Io: beh, ricordi qualcosa. Aspetta qua la tua amica e non fare cazzate.
X: ma chi sei tu?
Io: sono un demone, ma puoi definirmi il tuo angelo. Anche se lui è là dietro e mi guarda piuttosto male.
X: cosa?
Le diedi una botta sulla nuca e la ragazza svenne.
Arrivò, come un paladino, il suo angelo.
A: ehi, non puoi farlo!
Io: e perché? Perché uno con delle ali bianche e un vestito da donna mi ha detto che non posso? Non ditemi cosa posso fare grazie.
A: lei deve fare le sue scelte.
Io: questa l'ho presa io per lei. Ti conviene far meglio il tuo lavoro, l'avevano drogata. Addio poppante.
A: ehi, chi saresti tu?!
Mi bloccai in mezzo alla via e mi girai, con un sadico sorriso sulle labbra.
Io: sono quella che ti farà perdere il lavoro da custode, se non la smetti.
A: come potresti?
Io: D!
Mi padre comparve di fianco a me.
D: dimmi.
Io: potresti dire a questo custode di smetterla di rompermi?
D: gira a largo da mia figlia, poppante.
A: figlia? Mi scusi signore non ne avevo idea.
D: ora ce l'hai, puoi andartene via.
A: sua figlia ha interferito con la mia protetta, signore.
D: a quanto pare dovresti difenderla meglio. Sciama via.
Indispettito l'angelo se ne andò, mentre io ridevo come una matta.
D: ha ragione, non dovresti interferire.
Io: l'avevano drogata. E poi, volevo solo vedere la sua faccia quando avrebbe capito tutto, davvero epica.
D: dove vai?
Io: ho trovato la ragazza che mi avevi chiesto, l'ho spiata in questi giorni. Quindi, andrò lì a prenderla e a rubacchiare.
D: ottimo. Quella ragazza è una richiesta di M, per il suo gruppo. Senti, potresti portarti con te una nuova?
Io: dipende, mi sarà d'intralcio?
D: non lo so, dipende da come insegni.
Io: ci sto.
D: Mia, vieni qui.
Comparve una ragazzina di 16 anni scarsi, aveva lunghi riccioli nero corvino e degli occhi nocciola grandissimi. Naso alla francese e bocca finissima. Indossava dei jeans strappati sulle ginocchia, un maglia a maniche corte colorata con una felpa blu e delle scarpe bianche di gomma.
Io: piacere, Clock.
Mia: M-Mia.
Io: non essermi d'intralcio Mia, grazie. Hai un'arma?
Mia: sì.
D: vi lascio sole.
Scomparve.
Io: come al solito. Che arma hai?
Caccio da dietro la schiena una mazza da baseball in acciaio con degli spuntoni.
Io: efficace.
Mia: oh, non sai quanto. Dove andiamo?
Io: villa francese di ricconi.
Mia: interessante.
Io: sai già teletrasportarti?
Mia: sì, cioè, spesso capito in luoghi assurdi, ma sì.
Io: conosci lo Sland?
Mia: certo.
Io: una volta sono finita nel suo mondo per sbaglio.
Mia: oddio ahahah.
Io: scoperto già i tuoi poteri?
Mia: posso far avverare il desiderio di qualsiasi persona.
Io: tipo?
Mia: pensa a un dolce che ti piacerebbe mangiare ora.
Pensai ad una coppa di gelato con panna e quella si materializzò davanti ai miei occhi.
Io: fantastico!
Mia: e tu?
Io: ne ho tanti, te ne dirò solo uno però. Quello più noioso è che posso vedere nel passato e nel futuro, posso portarvici le persone o essere il possessore del ricordo.
Mia: e sarebbe quello più noioso?
Io: rispetto agli altri.
Le ammiccai, poi le presi la mano e ci ritrovammo illuminate dalla luce di una piscina.
Io: eccoci qua.
Mia: ho un po' paura...
Io: conta fino a 5, non concedere un secondo di più alla paura.
Mia: ok... 1...2...3...4...5. Ci sto.
Entrammo di soppiatto nella villa, per fortuna avevano lasciato la porta sul retro aperta.
Al piano di sopra si accese una luce.
X: amore, hai chiuso le luci della piscina? L'ultima volta si è riempita d'insetti!
Y: ora vado tesoro. Il piccolo è a letto?
X: dorme come un angelo. Ora muoviti, che ho sonno.
Y: ahahah ok.
Erano una coppia sulla quarantina, nessun domestico quella sera. Il figlio minore era in camera sua mentre la maggiore nel salone.
Io: come te la cavi coi bambini?
Mia: li odio.
Io: perfetto, vai dal bambino. Passa per le scale quando il padre sarà sceso per andare fuori. Legherò la madre con la figlia nella camera e quando arriverà il padre, ci divertiremo.
Mia: okay.
Ci nascondemmo dietro le scale a chiocciola, in attesa che il padre scendesse. Una volta allontanato, Mia entrò nella camera del bambino, io stordii la ragazza e la portai nella camera della madre, dove stordii anche quest'ultima. Dormirono per tutto il tempo necessario a legarle.
Mia portò anche il corpo morto del bambino, che nascondemmo dietro al letto.
Il padre risalì in fretta e attraversata la soglia della camera da letto, si prese una botta dalla mazza di Mia.
Io: ottimo.
Legammo anche lui, dalla parte opposta però, attendendo il suo risveglio.
Io: allora, tutti svegli? Perfetto.
Mia levò i vari bavagli.
Io: ora state meglio?
X: chi sei?!
Io: Anne, per favore, un po' di silenzio! Mia qui è nuova e non è ancora abituata alle voci?
Mia: ha ragione cara. Non preoccuparti, tuo figlio sta bene. È stata dura fracassargli il cranio, ma poi alla fine in due colpi è morto.
La donna scoppiò in lacrime.
Mia: ho detto qualcosa di sbagliato?
Io: non mi sembra. Lela ti chiamano, giusto ragazzina?
Lela: sì. Come lo sapete.
Io: noi, noi sappiamo tutto. Anche tu potresti unirti a noi, vedo un animo forte dentro di te.
Mia: sai, io avvero i desideri di tutti. I tuoi genitori desiderano solo sapere del figlio, ma tu. Tu vuoi una pizza in questo momento.
Lela: ho fame.
Io: Marco ti chiami, giusto?
Marco: lasciate stare lei e prendete noi.
Io: il piano era questo infatti. Lela, sei sociopatica?
Lela: sociopatica, misantropa e sento le voci. Secondo il mio medico almeno.
Io: sei molto più di questo. Sai, io e Mia siamo speciali, vuoi sapere perché?
Lela: sì.
Marco: lasciatela in pace! È una ragazza disturbata.
Mia: sta zitto.
La ragazza gli fracassò il cranio in una botta sola.
Mia: ti serviva Clock? Scusami.
Io: mai chiedere scusa per la propria BM, okay?
Mia: sì.
Io: allora, prima che tuo padre ci interrompesse, ti stavo dicendo che siamo speciali. Mia, potresti farmi quello che hai fatto a lui.
Mia: certi.
Mi spaccò tutta la faccia e la testa, dopo un minuti mi rialzai.
Io: wow, ora so che si prova.
Lela: ma come...
Io: siamo già morte Lela. Io mi sono uccisa per salvare il mio gruppo da un mostro.
Mia: io sono morta per un incidente d'auto, guidava il mio ragazzo. Io, che avevo la cintura rotta, fui scaraventata fuori dalla macchina e quello stronzo ubriaco neanche un graffio. Ma ora è in galera, almeno.
Io: ognuno ha una storia sulla propria morte. La tua quale sarà?
Lela: io voglio andarmene da questi mostri, NON SONO IO QUELLA MATTA, SIETE VOI! VOI LURIDE SANGUISUGHE SENZA ONORE! LADRI, ASSASSINI, SPACCIATORI.
Io: sfogarsi è buono.
Lela: cosa devo fare?
Anne: amore mio, no...
Lela: ti ho sempre odiata Anne.
Io: non è tua madre?
Lela: legalmente.
Mia: anche io ero stata adottata.
Io: la mia è meno bella come storia. Ma ora, Lela, si parla di te.
La slegammo.
Lela: cosa volete?
Io: ho un certo rapporto con la Morte io, sarebbe mio zio. Lui e mio padre, Satana anche detto D, avrebbero un interesse lavorativo per te.
Lela: vogliono offrirmi un lavoro?
Io: esattamente. Sarai una delle aiutanti della Morte, insieme a mia cugina e una mia amica, per così dire. Ci stai?
Lela: sarò immortale?
Io: no, sarai già morta, il che è meglio.
Lela: ci sto. Che devo fare?
Io: devi uccidere per marchiare la tua anima. Credo che Anne vada benissimo.
Lela: oh sì.
Io: arma prediletta?
Lela: ho la mia pistola.
Io: interessante.
Lela: me l'hanno regalata loro, l'unica cosa che pensavano mi legasse a loro. Ingenui.
La ragazza se la cacciò dalla fondina sulla caviglia e le sparò provocandole un buco nel cranio.
Lela: e poi io l'ho modificata così che facesse buchi... Più esplosivi.
Io: cosa?
In quell'istante il cranio esplose.
Io: tu mi sarai molto utile.
Iniziai a ridere sadicamente e le ragazze si aggiunsero.
Io: ora però, tocca a te. Sai, credo che il suicidio sia un modo efficacissimo per marchiare la propria anima.
Lela: non c'è problema. Cosa mi aspetta?
Mia: voci nella testa.
Lela: ci sono abituata.
Io: e tanto tanto freddo. Nulla ti darà più calore, troverai amore nel gelo. Sei pronta?
Lela: sì.
Io: vuoi un nome d'arte?
Lela: a scuola i bulli mi chiamano Psico. Credo... Credo di star apprezzando solo ora questo nome. Sì, mi chiamerò Psico.
Io: ottimo. Buon viaggio Psico, ci rivedremo da questa parte.
Mia: ciao ciao.
Io: soprattutto, buon giudizio.
La ragazza si sparò nel cranio. Vidi la sua anima alzarsi dal corpo e M apparire con Katy e Reina.
Io: Reina, come va??
Reina: Clock, mia salvatrice! Benissimo, Katy insegna da Dio.
Io: beh, mezza divinità è!
Ridemmo tutti.
Io: vi presento Mia, nuova arrivata. D mi ha chiesto di aiutarla ad imparare.
Mia: e devo dire che anche lei insegna benissimo.
Katy: siamo imparentate d'altra parte!
M: avete i miei geni, mi sembra il minimo.
D: e i miei? Pff. Mia, com'è andata?
Mia: benissimo.
D: allora possiamo tornare giù. Grazie tesoro mio.
Io: di nulla papi.
M: come ha deciso di chiamarsi?
Io: Psico. Questa è la sua pistola, Katy.
La lasciai alla ragazza.
M: meno 3. Ho bisogno di 4 ragazzi e una ragazza ora.
Io: ottimo.
M: grazie Clock, come al solito.
Io: di nulla M. Ci vediamo a casa Katy.
Katy: a dopo.
I tre se ne andarono con l'anima, mentre Mia seguì D. Ma prima si fermò e mi abbracciò.
Io: questo?
Mia: per avermi aiutata.
Io: ciao Mia, a presto. Senti D, conosci un demone di nome Alex?
D: ce ne sono tanti. Perché?
Io: nono nulla, così. Ci vediamo presto papi.
I due se ne andarono, lasciandomi nella stanza a scrivere i nomi sul muro.
Una volta finito, me ne andai a casa, questa volta camminando e fermandomi in qualche casa per uccidere lungo la via.
Ero arrivata all'inizio del bosco, quando incontrai Masky, Hoodie e Toby.
Masky: sentito sta sera come stavo?
Io: decisamente, mi hai caricata a molla!
Tirai lo sguardo verso il cielo nuvoloso.
Toby: tutto bene amore? Ti vedo pensierosa.
Io: pensare sarebbe bellissimo ahahah. No niente, ascolto.
Hoodie: com'è andata la serata?
Io: bene bene, ho trovato un altro Angelo nero per M e addestrato un demone per D. Nulla di ché.
Toby: qualche morto?
Io: qualcuno sulla strada di ritorno. Voi?
Toby: tre ciascuno.
Mi mise il braccio interno al collo, solleticandomi il fianco con la giacca.
Toby: chi ha sete?
Io: davvero tanta.
Masky: conosco un bettola lungo la via, non c'è mai nessuno e non baderanno ai nostri vestiti insanguinati. Che ne dite? Birretta delle tre del mattino?
Hoodie: siamo già in ritardi di un'ora sul coprifuoco, forse-
Io: dai Hoodie, ho le chiavi!
Hoodie: non so...
Ci mettemmo a fare i cori da stadio per Hoodie e lui scoppiò a ridere.
Hoodie: ohhhh, e va bene. Andiamo a bere.
STAI LEGGENDO
Ticciwork| Vero Amore 2
FanfictionIl seguito della mia precedente storia, Ticciwork-Vero amore. I nostri 'amici' resteranno fedeli fin proprio la fine?