Capitolo 28- Potrebbe funzionare.

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Cercavo di dare delle spiegazioni possibili all'accaduto, ma nulla era credibile quanto l'ipotesi che Jill mi stesse spiando o comunque avesse preso lei il telefono.
Scesi giù in salotto, misi i piccoli a giocare sul pavimento e mi sedetti vicino a Toby, prendendogli una mano.
Toby: tutto bene?
Io: sisi.
È per Jill?
Feci un cenno con la testa, così capì al volo.
Ne parliamo dopo.
Sofia: allora ragazzi, se uscissimo in giardino?
A quanto pare Dio non era dalla nostra parte quel giorno: nel momento esatto in cui Sofia pronunciò la frase, un fulmine illuminò tutta la casa, seguito poi da un tuono che quasi fece tremare le pareti.
Iniziò quasi subito a diluviare, così tanto che dovetti precipitarmi fuori, aiutata da Pupp e Toby, a ritirare i panni.
Ci bagnammo completamente, ma salvammo buona metà dei panni.
Entrati dentro, accesi senza pensarci troppo i termosifoni, cosicché una volta tornati tutti a casa, questa sarebbe stata calda e accogliente, almeno per i mortali.
Noi tre ci andammo a cambiare, giusto per non bagnare il pavimento in salone.
Una volta lindi e pinti, ci mettemmo a guardare un film random, di cui non ricordo il nome.
All'ora di pranzo, puntuali come orologi svizzeri, ci sedemmo a tavola per mangiare la pasta preparata da me e Pupp, con un'antica ricetta di famiglia.
Pupp: questa ce la insegnò mia madre, che l'aveva imparata da sua madre.
Io: non sappiamo a quando risalga, ci perdevamo sempre nella spiegazione dell'albero genealogico della pasta.
Sofia: perfetto, ma muovetevi o azzanno il tavolo.
Toby: tranquilla, ne vale la pena.
Messa la pasta nei piatti, finì nel giro di dieci secondi.
Per festeggiare nessuna occasione particolare, decidemmo di aprire del vino rosso, concedendone un po' anche a Zero, che, poverina, non toccava alcol da mesi.
Sofia: allora, questa la devo capire. Se entrambi siete morti no, come avete fatto ad avere un bambino?
Zero: allora, dobbiamo fare una premessina allora. Sai quando i filosofi dicevano che solo il corpo muore, mentre l'animo resta immutato?
Sofia: certo.
Zero: cazzata. Il corpo muore, è vero. Ma l'anima non resta immutata, in realtà muore anche lei, per poi reincarnarsi in un corpo uguale al precedente, ma più giovane e in salute. Ovviamente l'animo può essere marcio, come il nostro, o santo, dipende tutto dalle scelte che hai fatto in vita.
Sofia: capisco... Quindi se morissi, la mia anima sceglierebbe se essere buona o cattiva?
Io: è circa così.
EJ: interessante.
Io: zitto tu.
Sofia: ma come può essere? Cioè, perché è in un modo solo?
Toby: uh, a questo rispondo io. Durante la vita terrena, l'anima è basata sull'equilibrio costante tra bene e male, al contrario di quel che diceva Anassimandro, secondo il quale essi si bilanciano solo nell'Arché di tutto, ovvero l'infito. Tornando comunque a prima, quando il corpo terreno si, per così dire, spezza, libera l'anima che compie una decisione. È l'anima di ogni singola persona che decide in cosa reincarnarsi. Hai capito?
Io: ottimo amore mio!
Sofia: straordinariamente ho capito. Non ero brava a filosofia a scuola, sai...
Io: e ti chiami pure Sofia!
Sofia: ah ah ah.
Dopo qualche minuto, in via del tutto eccezionale, vedemmo Masky e Hoodie scendere le scale, finalmente come marito e marito.
Io: ecco gli sposi!
Ci alzammo tutti in piedi, tranne Sofia, ed applaudimmo schiamazzando e ridendo.
Masky: piano piano, il post sbornia ancora va smaltito per qualcuno...
Hoodie: sappiamo tutti non reggi, dai.
Io: state diventando vecchi!
Hoodie: ehi ragazzina, certe parole non si dicono. Ah grazie del caffè. Come hai fatto a farlo restare caldo?
Io: un giorno tu trasmetterò tutto il mio sapere, vecchio.
Hoodie: non vedo l'ora, bambinetta.
Masky: allora, si mangia?
Aggiungemmo due piatti colmi di pasta e li passammo ai due, che, come noi, spazzolarono in breve tempo.
Io: allora, uscite oggi?
In quel momento fece un altro tuono, piuttosto forte.
Allora guardai il soffitto con aria di stizza, sollevando le braccia.
Io: ho capito! Ho capito! Oggi non usciamo! Non serve essere così scortesi...
Feci ridere tutti, compresa Sofia, che da tanto non cacciava un sorriso come quello.
Io: beh, allora ognuno per conto proprio?
Sofia: penso andrò a riposare, sai, mi stanco facilmente.
Io: beh, oggi farai uno sforzo in più.
Sofia: e perché?
Io: ho una promessa da mantenere. Pupp, Toby, potete riaccompagnarla in camera? Io penserò a Zero e all'elfo malato.
EJ: grazie eh.
Toby: certo amore.
Io: Masky, Hoodie, potreste badare ai piccoli in sala? E con piccoli, intendo anche EJ, una volta che l'avrò impasticcato.
EJ: offendimi quanto vuoi, ma almeno dammi qualcosa!
Io: vai in sala, muoviti.
Masky: andiamo amore?
L'altro sorrise, prendendogli la mano dolcemente.
Io: Nostradamus ultima profezia: quando i due vecchi si sposeranno, prendendo quei vizi assurdi che quasi tutte le coppie assumono, quello, quello vi dico, sarà l'inizio della fine.
Zero: l'attrice.
EJ: o anche giornalista.
Masky: devo batterti il pugno, è d'obbligo.
Mi batté il pugno, mentre gli altri due aiutavano Sofia con le scale.
Passai poi un'aspirina a EJ, dicendogli che l'avrebbe aiutato con il mal di testa e l'avrebbe fatto vomitare, così da liberarlo un po', e così successe.
Io: andiamo Zero?
Zero: si dai.
L'aiutai a salire fino alla camera e ad infilare i pantaloni della tuta extralarge che usavo quando ero anche io incinta.
Io: allora, già lo sai?
Zero: femmina!
Io: awwww sono felicissima per voi! Avete scelto il nome?
Zero: sì.
Io: vuoi illuminarmi?
Zero: si chiamerà Natalie.
Rimasi quasi sconvolta.
Io: da-davvero?
Zero: un omaggio alla causa del nostro incontro.
Mi buttai sulla ragazza, abbracciandola.
Io: vi adoro.
Zero: ahahah così mi stritoliii.
Io: shhh.
Finito l'abbraccio, la lasciai sola in camera a riposare un po', dirigendomi in camera mia per cambiarmi.
Sentivo Sofia urlare contro i ragazzi per aiutarla con i pantaloni in modo decente e nel frattempo ridevo come una cogliona.
Mi dei pantaloni neri, una maglia a maniche corte bianca e nera e delle converse sempre rigorosamente nere.
Andai poi da Sofia, godendomi ancora un attimo quello spettacolo pietoso.
Io: avete fatto?
Toby: siete davvero intrattabili comunque!
Sofia: siete voi i coglioni!
Pupp: allora spiegami come potremmo riuscire a metterti bene i pantaloni se continui a urlarci contro che stiamo sbagliando!
Sofia: ma non sapete fare proprio nulla voi!
Io: beh, ce l'avete fatta alla fine?
Sofia: fortunatamente sì.
Io: allora andiamo.
Toby: state attente, mi raccomando amore.
Pupp: non morire troppe volte e... Non farli incazzare. L'immortalità è un dono, non fartelo levare.
Io: perché dovrebbero? Mi adorano!
Toby: tutti tutti?
Io: shhh a dopo.
Presi la manica della giacca di Sofia e ci ritrovammo sul monte Olimpo.
Sofia: oh no...
Io: oh sì. È giunto il momento. Avevo una promessa da rispettare e l'ho fatto. Vieni, andiamo.
L'aiutai a camminare fino ad un magnifico giardino, che non era nuovo ai miei occhi.
Su una panchina vi era Atena che, graziandosi di una soave musica, leggeva un libro di filosofia.
Io: Atena!
La dea si girò verso di me, rivolgendomi poi uno splendido sorriso.
Atena: Natalie, cosa ti porta qui?
Mi scostai lievemente, per permettere alla dea di vedere Sofia.
Io: pensavo potesse farti piacere-
Vidi il volto della dea illuminarsi.
Atena: Sofia... Quanto tempo.
Vide l'ingessatura e le stampelle, cercando di non far vedere troppo la preoccupazione che provava.
Atena: oh no, cos'è successo?
Sofia: un... Un incidente, per così dire.
Atena: mi dispiace così tanto.
Sofia: è solo una gamba rotta, tranquilla.
Atena: non per quello, non del tutto almeno.
Sofia: e per cosa?
Atena: per essere quello che sono.
Io: io vi lascio sole. Posso fare un giro?
Atena: goditi questo splendido luogo Natalie.
Guardò il libro che aveva in mano, sorrise e me lo porse.
Atena: per ringraziarti. Scommetto la troverai una lettura avvincente, io l'avrò riletto almeno 6 volte.
Vidi il libro, rivestito di tessuto e pelle nera, con una lieve incisione dorata sul davanti che recitava 'Περί ψυκήσ' (Perì Psuches), ovvero 'Sull'anima'.
Io: Aristotele, wow.
Atene: avvincente, come dicevo.
Io: grazie mille Atena!
Atena: sono io a ringraziarti! Ora va, noi qui abbiamo così tanto di cui parlare.
Si sedettere su una panchina in pietra e iniziarono a chiacchierare tranquille e serene.
Io invece, andai a farmi un bel giro nel giardino dell'Olimpo.
Io: questo posto è enorme!
Sentii una voce che mi rispose.
X: non sai quanto. Vino?
Io: Dionisio, quanto tempo.
Dioniso: penso quella cena noiosissima fatta da quel saccentone senza alcuna forma di alcool.
Io: ahahahah verissimo.
Dioniso: beh, vino?
Poseidone: va a bere da un'altra parte, ubriacone.
Guardai poseidone e vi feci un grande inchino.
Lui sorrise e mi fece rialzare, notando con piacere il mio libro.
Poseidone: Atena, giusto?
Io: ho riportato qui una sua figlia.
Poseidone: sono poche le figlie di Atena, una per ogni era storica. Quando ne muore una, lei ne fa un'altra. Mai maschi, ovviamente. Quella corrente è Sofia, giusto?
Io: sì.
Poseidone: nessun nome fu mai più giusto.
Mi scrutò a lungo, come se volesse leggermi l'anima.
Io: non ho nulla dentro di me, come voi.
Lui si fece una risata.
Poseidone: come noi... Tu sei meglio di noi. Tu hai vissuto una vita di rischi e pericolo, qualcuno avrà anche pianto la tua morte. Noi, noi non conosciamo altra dimensione se non questa. Perciò abbiamo sempre inviato sciagure agli uomini.
Io: interessante. Le va una passeggiata?
Poseidone: una semidea che mi da del lei, inascoltabile.
Ridacchiai, socchiudendo gli occhi per poco.
Poseidone: hai lo stesso sorriso di tuo padre. Penso il più saggio tra tutti noi.
Io: come mai dici ciò?
Poseidone: è l'unico ad essersi preso la briga di fare una sola figlia, occupandosene a tempo pieno.
Io: dal punto di vista paterno sono stata fortunata, sì.
Poseidone: conta che il nostro voleva mangiarci!
Ridemmo di gusto, poi sentimmo un rumore.
Poseidone: dovrebbe essere Zeus. Fratello? Sei tu?
Zeus: sì, sono io. Oh, salve ragazza.
Feci un inchino anche a lui, sempre di dei si trattava d'altronde.
Zeus: magari gli uomini ci portassero ancora il rispetto che ci porti tu. Cosa fai qui?
Aveva un tono tranquillo, rilassato quasi.
Io: riappacificamento, direi.
Zeus: ah, Atena?
Poseidone: sì. Senti dobbiamo discutere di alcune cose, specie di quel dannato gazebo e della divisione dei campi elisi. Ho sentito questa mattina Ade, dice che sta avendo tantissimi buoni e quasi non ci entrano più in quel 'buco orrendamente decorato con unicorni e nuvolette dorate', citando testualmente.
Trattenni a stento le risate.
Zeus: Ade Ade, sempre questo grande spirito. Andiamo subito allora, così ci leviamo questo pensiero. La lasciamo sola, ragazza.
Io: non vi preoccupate, so cavarmela da sola.
Poseidone: non dare troppa confidenza a Dioniso, ti farebbe ubriacare in pochi secondi.
Io: ahahah ci starò attenta. Salutatemi mio padre.
Zeus: sarà fatto.
Se ne andarono, dopo il terzo mio inchino.
Continuai a girare per il labirinto, fino ad arrivare al centro. Vi era una bellissima fontana di pietra perfettamente mantenuta nel tempo, l'acqua era di un azzurro cristallino e le decorazioni curate al millesimo.
Mi sedetti al bordo di questa e iniziai a sfogliare il libro, così per farmi un'idea.
Dopo un po', credo circa un'oretta, arrivarono Sofia e Atena, sorridenti.
Io: tutto bene immagino.
Atene: abbiamo parlato lungamente.
Sofia: ci siamo divertite un botto, sì.
La dea ci guardò perplessa.
Atena: un botto?
Sofia: oh significa tantissimo.
Atena: ah, comprendo.
Io: andiamo Sofi? Dovrebbero essere tornati tutti e tu comunque dovresti riposare.
Sofia: sì certo.
Si girò verso la madre e l'abbracciò strettissima, facendomi ovviamente commuovere.
Atena: vedrai, non ti abbandonerò più. Lo prometto.
Sofia: lo prometto anche io, mamma.
Si strinsero ancora un po', poi dovettimo proprio andare. La ringraziai ancora e lei mi salutò infilandomi una rosa bianca tra i capelli, colta poco prima.
Rientrammo a casa, accolte da un bel tuono così forte da farci sobbalzare.
Io: casa dolce casa eh? Vuoi raccontarmi?
Sofia: magari più tardi ok? Sono stanchissima ora.
Io: ma certo tesoro, non è un obbligo ahahah. Sono di sotto se mi cerchi.
Sofia: grazie mille.
La lasciai felice stesa sul letto, con gli occhi sognanti e la mente piena di pensieri.
Scesi giù, trovando in salotto Jeff e Liu che si prendevano a botte, mentre gli altri piazzavano scommesse.
Mi infilai nel mezzo e tutti spalancarono gli occhi.
Io: 10 EURO SU JEFF, FAMMI VINCERE FIGLIO DI TROIA!
Lo 'scontro' riniziò con un megacoro e un mio urlo.
Poi, ovviamente, arrivarono Jane, Nina, Katy e Rouge.
Nina: ma cosa state facendo?!
Katy: che direbbe Clock vedendovi?
Ero stata tirata in ballo, ahimè.
Mi feci largo tra i ragazzi.
Rouge: CLOCK!
Io: stavamo solo scherzando, nulla di serio...
Jane: questo casino e zozzume chi lo rimette a posto ora?! Noi no di certo!
Se ne andarono, stizzite e indignate di sopra.
Io: beh, a me tutti i soldi che ho vinto.
Battei il pugno a Jeff che ridacchiò.
Jeff: così imparate su chi scommettere la prossima volta.
Tutti, quasi più stizziti delle ragazze, sganciarono i soldi nelle mani mie, di Toby, di Pupp e LJ, gli unici che avevano scommesso su di lui, e maledirono Liu.
Toby: allora amore, tutto bene?
Io: alla perfezione. Atena mi ha anche regalato un libro.
Appena sentì questa frase Hoodie scattò dalla cucina.
Hoodie: che libro?!?!
Io: 'Sull'Anima' di Aristotele.
Hoodie: spettacolare cazzo, beata te.
Io: sì, te lo presto.
Hoodie: come leggi tra le righe tu, mai nessuno.
Toby: perciò l'ho sposata.
Io: awwww, amore mio.
Gli stampai un bacio sulla guancia destra, lasciandogli il rossetto viola sulla faccia.
Ci buttammo sul divano, mentre tutti gli altri se ne andarono nelle proprie stanze.
I bimbi dormivano sul secondo divano, mentre io e Toby ci riposavamo sull'altro.
Io: che pace eh?
Toby: verissimo.
Io: t'immagini vivere noi quattro soli?
Ci guardammo un attimo, poi scoppiammo a ridere.
Toby: impossibile ahahahah.
Io: sono una battutista, lo so. C'ho fame....
Toby: io ho mangiato poco fa, sto bene ora.
Io: torno subito. Sicuro di non voler nulla?
Mi guardò con la faccia da cucciolo.
Io: ho capito, preparo anche per te. Sandwich al formaggio va bene?
Toby: sisi.
Andai in cucina e iniziai a preparare, ma poi sentii uno strano suono. Non capivo se provenisse dalla mia testa o no.
Mi guardai un po' intorno, niente.
Tornai alla merenda da preparare, ma quel suono tornò a tormentarmi.
Io: ma cosa...
Lo seguii, più mi avvicinavo alla cantina, più si faceva forte e fastidioso.
Entrai nella porticina che dava subito sulle scalette in legno marcio della cantina. Una luce pervase i miei occhi, tanto da costringermi a proteggerli con le mani.
Pian piano le levai e riuscii a vederci nuovamente bene.
Vidi che sopra alla scrivania il libro regalatomi da Atena galleggiava in aria, emettendo sia la luce che quel fastidioso suono.
Presa da una curiosità inaudita, direi quasi felina, mi avvicinai con il braccio steso e la mano pronta a palpare quell'oggetto fluttuante.
Appena lo sfiorai, una folata di vento mi colpì, buttandomi dall'altro lato della stanza e facendomi rompere la testa. Ripresa in vita, mi rialzai di scatto.
Io: aia!
Il libro si era schiantato sulla scrivania, come me sulla parete.
Lo sfogliai, non mi sembrava ci fosse nulla di strano. Poi, trovai un biglietto alla pagina 66.
Era completamente scarabbocchiato, con parole in una lingua neanche da me comprensibile, forse un miscuglio di dialetti greci e alfabeti sconosciuti.
Lo presi in mano e mi arrivò come una scarica di potere, che purtroppo diede molto fastidio alla bestia.
Mi feci da parte, facendola uscire.
Ella prese il biglietto con la bocca, con uno scatto, si catapultò fuori dalla cantina e poi, su per le altre scale, da Sland.
Lui mi/lo fece entrare, convinto che non gli avrei/avrebbe fatto nulla.
L'essere prese il biglietto e cercò di leggerlo, anche lui senza risultati.
L'animale si stese sul tappeto e si addormentò, facendomi riacquisire il controllo del mio corpo.
Mi svegliai, restando per un attimo ancora a terra.
Io: cosa c'è scritto?
Sland: ancora non lo so, ma credo sia greco mischiato a lingue morte. Ma ciò credo tu l'abbia già dedotto.
Io: questo sì.
Sland: dove l'hai trovato?
Io: nel libro di Aristotele, regalatomi da Atena.
Sland: capisco, capisco. Pensi lei possa darci spiegazioni?
Io: credo ce l'abbia messo proprio lei invece, per aiutarci con qualcosa. Andare da lei sarebbe rischioso.
Sland: e facendola venire da D invece?
Io: potrebbe funzionare.
Ci fu uno scambio veloce di sguardi d'intesa, poi l'uomo prese un foglio e con il solito inchiostro chiamò spedì una lettera ad Atena.
Sland: credi che riuscirai a tenere la bestia a bada?
Io: sì... No... Non lo so. Le vicende ce lo diranno.
Sland: ottimo, andiamo.
Io: okay.
Poi mi venne in mente Toby.
Io: ah cazzo...
Scesi giù, afferrai i bambini e la manica di Toby e li portai nello studio di Sland.
Io: andiamo.

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