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Passarono così i primi tre giorni dal mio arrivo a Howling's Lake.
Jonathan era un osso duro in fatto di lavoro, ma ero contenta di aiutarlo, anche perché mi aveva evitato di dover chiedere dei soldi ai miei genitori per poter pagare una pensione in paese, sempre che ne esistesse una.
Volevo davvero cavarmela con le mie forze.

Coi soldi che mi erano rimasti dal viaggio mi sarei potuta forse permettere una settimana scarsa e di solo alloggio.
Era stata davvero una benedizione dal cielo e più ci pensavo, più mi convincevo che non poteva essere altro che un segno del destino.
Ancora non sapevo a cosa mi avrebbe portato, ma sicuramente qualcosa aveva voluto che rimanessi ad Howling's Lake più di quanto mi sarebbe stato possibile, economicamente.

Quella mattina finii presto le mie mansioni al ranch. Finito di sellare l'ultimo cavallo, mi levai gli stivali sporchi di fango e passai dalla scuderia per lasciarli nel mio armadietto privato.
Sembrava di essere tornata indietro nel tempo.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi resi conto che tutto ciò mi era mancato molto.

«Jonathan, io ho finito. C'è dell'altro che posso fare?» Sorrisi, camminando spedita verso di lui, che nel frattempo stava dando una pulita alla veranda.
Scosse il capo. «Ahimè, siamo in due ad aver finito per oggi.» Sorrise, appoggiando il manico della scopa al muro. «Il tuo aiuto si sta rivelando davvero prezioso. Non pensavo che una ragazzina di città come te, potesse contare come le braccia di uno dei miei ex stallieri.» Scosse il capo e si sedette su una sedia.

Sorrisi, abbassando il capo e rimasi in piedi accanto al tavolo, mordendomi il labbro con aria esitante.

«P-posso chiederti una cosa?» Dissi infine, raccogliendo il coraggio necessario.

«Certo, dimmi pure.» Fece lui, alzando il viso verso di me e stringendo gli occhi in due minime fessure per via del sole ormai alto nel cielo.

«Un giorno, se non ti crea troppo disturbo...» Mi bloccai, sentendomi come una bambina capricciosa. Scossi il capo, abbasandolo. «S-sì, io mi chiedevo se...un giorno...potessi fare un giro, anche qui nei recinti. È da così tanto tempo che non monto a cavallo...»

Jonathan sorrise magnanimo alla mia richiesta e scrollò le spalle. «E che disturbo dovrebbe darmi?»

Rialzai subito il viso, sbarrando gli occhi per la gioia. «Posso davvero?»

Lui annuì ancora, ridendo divertito. «Ma certo! Solo...» Aggiunse poco dopo, passandosi una mano sul collo. «Non posso lasciarti montare Queenie, mi dispiace.»

Dovetti ammettere che un po' dispiacque anche a me. Quella cavalla mi piaceva infinitamente e, a conti fatti, era soprattutto merito suo se io e Jonathan ci eravamo incontrati, tre giorni prima.
Ma lamentarmi era decisamente l'ultimo dei miei pensieri, a me bastava potermi sedere su una sella, sentire il rumore cigolante delle staffe e il respiro potente di un giovane cavallo, sotto le mie gambe.
Sorrisi e annuii, ma non riuscii a trattenere la curiosità che quelle parole avevano suscitato in me.

«Queenie non si lascia avvicinare volentieri, in effetti.» Commentai, scrollando le spalle.

Lui annuì sovrappensiero prima di sospirare. Evidentemente dispiaceva anche a lui che quella magnifica giumenta avesse un carattere così poco socievole e per certi versi scontroso. Probabilmente non si lasciava avvicinare da nessuno, lui compreso.

«Quella testona si lascia avvicinare soltanto da Harry

Harry.
Quindi da un ragazzo.

Nel maneggio in cui avevo imparato a cavalcare c'erano solo ragazze, mi sembrò strano sapere che l'equitazione potesse essere ancora fonte di interesse per un maschio. Dalle mie parti, quasi tutti i ragazzi si dedicavano alla pallanuoto o al basket oppure al football.

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