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Il silenzio che avvolgeva l'intero capanno era interrotto dal confortante crepitio di un fuocherello, che dipingeva l'intera atmosfera austera e rustica di una dolce e calda tonalità arancione.

Lui, chinato di fronte al caminetto, cercava di animare le fiamme per scaldare l'ambiente, senza dire una sola parola.
Rimasi a guardarlo, stando in piedi sulla porta, stretta fra le mie braccia.
Gli indumenti che avevo addosso erano completamente fradici e sporchi di fango, perciò mi guardai attorno per controllare se ci fosse un posto in cui cambiarmi e mettere dei vestiti puliti.

Deglutii. Quel silenzio era denso e fastidioso, ma al contrario di me, lui mi sembrava perfettamente a suo agio.
Serrai le labbra, premendole con forza, cercando una qualsiasi frase che potesse rompere il ghiaccio.

«È molto bello.» Dissi, con gli occhi che volteggiavano sui pochi pezzi di arredamento. «Questo capanno, intendo.»

Lui non rispose. Non parve nemmeno aver sentito le mie parole.
«Sai se c'è qualcosa di simile ad un bagno o...»

«Sul retro.» Rispose lui, rialzandosi con un profondo sospiro. Afferrò la torcia dal ripiano del camino e me la passò, osservandomi con uno strano cipiglio sul volto.
La sua fronte increspata e le sopracciglia aggrottate mi suggerirono che la mia presenza non gli fosse particolarmente gradita, ma finalmente potei osservarlo in viso.
I suoi lineamenti erano marcati da linee perfettamente dritte, incorniciate dai capelli scuri, bagnati e scompigliati. Il naso, la mascella, la fronte, tutto seguiva una linea incredibilmente perfetta, nonostante il suo sguardo imbronciato.

Mi osservò di rimando e agitò la torcia, sbuffando. «Non ci sono lupi in bagno, tranquilla.»

Afferrai la torcia, abbassando imbarazzata lo sguardo e, presa la borsa a tracolla, tornai sotto il portico.
Lo percorsi, aggirando il capanno e mi ritrovai su una piccola veranda alquanto malmessa. Illuminai lo spiazzo oltre la ringhiera perdersi nel buio della foresta e subito abbassai il fascio di luce, imponendomi di respirare.
Non sapere cosa ci fosse oltre quegli alberi mi faceva sentire decisamente a disagio e terrorizzata. Immaginavo un'infinita distesa di alberi e di piante di ogni sorta fra le quali si aggiravano animali selvatici, per lo più anche pericolosi.

«Calmati, dannazione.» Sussurrai, cercando di mettere a tacere la mia fervida immaginazione e cercai la porta del bagno esterno.

Non era propriamente quello che si può definire un bagno, ma era la cosa più simile ad esso che avessi trovato durante tutto il mio viaggio.
Cercai di levarmi il fango dal viso e dai capelli. Poi li pettinai per dare loro una forma accettabile e infine mi levai i vestiti sudici, li infilai in un sacchetto di plastica e, indossando quelli puliti, mi accorsi di perdere del sangue da una lacerazione alla gamba, dovuta probabilmente alla caduta di poco prima.

Si era seduto comodamente su una vecchia poltrona e ora osservava il fuoco con aria rilassata e concentrata al tempo stesso.
Cercando di non fare troppo rumore, andai a sedermi sul divano e aprii il borsone in cerca del disinfettate, di una garza sterile e di un cerotto.
Mi medicai in silenzio e riposi tutto nuovamente nel borsone, cercando di non fare caso al silenzio che regnava nel capanno.
Quanto meno il rumore del fuoco mi teneva compagnia, facendomi sentire meno a disagio.

«Sei caduta scappando dalla tua ombra?» Mi schernì, senza togliere lo sguardo dalle fiamme.
Mi voltai, sperando di vederlo sorridere, ma al contrario di quanto speravo, il suo volto era sempre immutato nella sua espressione seria e corrucciata.
Aprii le labbra, ma prima che potessi parlare, si voltò a guardarmi e accennò un lieve e impercettibile sorriso sghembo sulle labbra umide.

«Comunque, ti ringrazio per l'ospitalità.»

«Devi ringraziare il signor Carson. Non me.» Ribatté, alzandosi per ravvivare il fuoco.

Howling's LakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora