s i x t y - f o u r

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«Mi dispiace, ve lo ripeto -» Biascicò di nuovo, puntellandosi sui gomiti come se su essi avesse riversato le sue ultime speranze di non crollare a peso morto sul bancone. Scosse il capo e singhiozzò rumorosamente.
L'odore di alcool che emanava il suo intero corpo era nauseabondo, una vera e propria spugna intrisa di quello che, con grandi probabilità, doveva essere dello scotch di bassa qualità.
Tutto inutile.
Non avrebbe parlato.
Rassegnato, il mio sguardo si posò sul volto di Harry una frazione di secondo prima che accadesse l'irreparabile. Sbarrai gli occhi sulle sue dita, strette al bavero del signor Finn, ed esclamai un «Harry, no!», che non dovette neanche giungere alle sue orecchie.
Lui strinse infatti ulteriormente le dita attorno al tessuto della giacca e lo costrinse a guardarlo in faccia, facendo pressione con le nocche sulla sua mascella.

«Jonathan Wood, dannato ubriacone del cazzo! Ti dice niente questo nome, invece?!» Esclamò fuori di sé, il volto teso e inasprito da una stizza che solo un'altra volta ebbi modo di vedere sul suo viso.
E quando Harry perdeva le staffe in quel modo, non andava mai a finire bene.

«Ti ho detto che non so nulla...» Ripeté laconico l'uomo e una smorfia di simulata sofferenza gli distorse il volto, mentre con gli occhi annacquati e spenti cercava l'aiuto del barista.
«Harry, calma-»

«Dove cazzo guardi, è me che devi guardare!» Sibilò lui, ignorandomi ed alzandolo di peso dallo sgabello. Vidi quell'uomo sollevarsi di qualche centimetro dal suolo, il capo gli si incassò fra le spalle e i suoi occhi, dapprima inespressivi, si accesero ora di un terrore schietto in quelli di Harry, rilucenti di una collera esplosa dal niente, nel giro di un battito di ciglia.
Ed eccola, la versione di lui cui mai mi sarei potuta abituare.
Rissoso, iracondo e ferino, in quei momenti Harry sembrava rovesciare sul malcapitato di turno tutta la rabbia e l'angoscia che si portava dentro da chissà quanto tempo.
Posai una mano sul suo braccio teso e balbettai una serie di frasi senza senso, con lo scopo di rimettere a dormire il mostro che albergava in lui.
Ma lui continuò a ripetere il nome dei miei genitori biologici e quello di Jonathan come se non fossi più lì, come se cavargli di bocca qualche informazione sui miei genitori fosse diventata la sua di battaglia.

«Ragazzo, non costringermi a chiamare la polizia.» Disse finalmente una voce seria e perentoria dall'altra parte del bancone; nella confusione rapida del momento non mi ero neanche accorta che si era avvicinato a noi il barista.
«Sto solo cercando di farlo parlare, ma visto che con le buone non si ottiene nulla da queste parti -»

«Va bene, quello che vuoi.» Rispose lui, alzando le mani con fare indifferente. «Per quanto mi riguarda puoi anche farlo fuori questo vecchio alcolizzato. Anche perché non ci sarà chi ne sentirà la mancanza. Figliolo - » Aggiunse in tono fermo e deciso. «Qualsiasi cosa abbia fatto, devo invitarti a risolvere la questione fuori da questo locale.»

«Ingrato, che cazzo fai - mi molli così?»

«Tu parli solo a me, ora.» Tuonò Harry, strattonandolo fino a fargli dondolare innaturalmente la testa, immaginai appesantita dall'ebbrezza. Ero allibita. Dieci minuti scarsi di risposte vaghe e incoerenti da parte di un estraneo erano bastate per tirar fuori la sua parte peggiore, quella più recondita, ma apparentemente fin troppo facile da risvegliare e altrettanto difficile da controllare, una volta affiorata.

«Fuori da qui. Tutti e tre.»

Un sorriso animalesco dipinse il viso di Harry di un'espressione spietata, belluina, a tratti crudele. «Hai sentito, no?» Disse, accennando col capo al barista. «Andiamo a fare due passi all'aria aperta, così magari ti schiarisci le idee.» Aggiunse e prese a camminare svelto verso l'uscita del locale, trascinandosi dietro il pover uomo.
Ero sconcertata.
Tutto mi sarei aspettata, fatta eccezione di Harry che dava di matto in quel modo, inveendo su un poveraccio.

Howling's LakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora