f i f t y - s e v e n

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Quella notte fu una vera e propria benedizione. Harry aveva bisogno dei suoi amici più di quanto fosse disposto ad ammettere ed io fui davvero felice che avessero preso loro l'iniziativa per stargli vicino.
Tra le tante cose, quel ragazzo sapeva essere molto orgoglioso e solitario e forse fu per questo che, quando mi invitò a rimanere per la notte, non seppi rifiutare.

«Peccato non sia venuto anche Jordan...» Sospirò, muovendosi sotto le coperte per farmi abbastanza spazio tra le sue braccia. «Avrei voluto vederlo.»

«Credo sia giusto così.» Commentai io, scivolando piano contro il suo petto. «Immagino voglia stare vicino ai genitori di Terence e al resto della famiglia.»

«Mm.» Annuì lui, serrando le labbra. Rimase in silenzio per qualche istante, prima di aprire un discorso che io, al contrario, avrei voluto non dover mai arrivare ad affrontare.
«Lo sai che prima o poi dovremo parlarne, vero?»

«Di cosa?» Domandai, osservado la sagoma del suo viso nella penombra.
La sua espressione, forse anche per via del gioco di ombre che il buio disegnò sul suo viso, mi apparve parecchio seria e tesa.

«Sei venuta qui per un motivo ben preciso.» Sospirò lui. «E immagino che una volta ottenuto ciò che cercavi, te ne andrai.» Aggiunse ed io rimescolai dentro di me quel pensiero latente, ormai mischiato ad una dolorosa consapevolezza.
Poi buttai fuori tutto in un lento sospiro.
Lo sentii scivolare dalle mie labbra, mentre chinavo lo sguardo.
Era amaro. Sapeva di tutto quello che non mi piaceva al mondo.

«Possiamo parlarne in un altro momento?» Sussurrai, avvolgendo un braccio attorno al suo busto, così da scacciare quella sensazione di smarrimento che mi soffocava al solo pensiero di dovermi separare da lui.
Mi strinsi al suo petto, scegliendo di rimandare quel discorso ad un altro momento, pur consapevole che non sarebbe cambiato nulla nemmeno allora, ché io non sarei stata pronta nemmeno dopo un anno ad andarmene da lì.

Non disse altro, con mio enorme sollievo ed io fui libera di ricacciare quel cavillo in un angolo dimenticato della mia mente. Perché non avevo idea di come si sarebbero evolute le cose e non avevo nemmeno la forza né la voglia di domandarmelo.
Incontrare Harry non era mai stato nei miei piani.
Non esisteva un'uscita d'emergenza programmata per quell'evenienza.

Anche il mattino seguente, mentre lo osservavo gironzolare in cucina per preparare a entrambi la colazione, continuavo a pensare a quanto la vita possa essere spesso imprevedibile.
Seduta sulla sedia, lo scrutavo camminare scalzo con addosso solo i boxer e mi lasciavo cullare dalla dolce illusione che potesse essere per sempre, che per il resto della mia vita mi sarei svegliata ogni mattina solo per poter osservare Harry a torso nudo, mentre preparava il latte succhiando golosamente un cucchiaino sporco di marmellata, esattamente come quella mattina.

E quell'immagine all'apparenza così scontata e semplice, mi fece compagnia per tutto il resto della mattinata mentre lavoravo al ranch e durante tutto il pomeriggio. Appariva nella mia mente così, dal nulla, facendomi sorridere per la tenerezza che mi infondeva quella versione di Harry così intrisa di tutta la sua essenza più naturale.

Poco prima di cena, quella stessa sera, richiusi la porta dell'alloggio alle mie spalle, dopo aver accompagnato Diana e Josie all'uscita del casolare e andai a recuperare il cellulare dal comodino per chiamare Fanny.
Ciò che avevo da dirle, non sarebbe stato affatto semplice per lei da accettare. Ma non potevo fare altrimenti.
Sapevo che lei e papà si aspettavano che sarei tornata a casa almeno sotto il periodo natalizio, ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che non potevo lasciare Harry.
Non ora.
Sospirai, cacciando il groppo in fondo allo stomaco e fremetti tra le labbra quando lei tirò su dal naso, schiarendosi la voce incrinata dal pianto.
«Mancate tanto anche a me, davvero...» Ansimai, reprimendo il pianto e mi passai il dorso della mano sugli occhi per asciugarli dalle lacrime. «Ma non posso andarmene. Non adesso, non dopo quello che è successo a... Harry.» Sospirai, mordendomi piano le labbra nel cogliere un silenzio cupo provenire in risposta all'altro capo del telefono.
Mi chiese se la mia decisione di rimandare la partenza a tempo indeterminato fosse esclusivamente legata a quel ragazzo. «Mamma...» Fremetti lieve, serrando poi le labbra. Non potevo mentirle. «Io... prometto che tornerò a trovarvi. Ma... per ora il mio posto è qui. Ci sono troppe cose che mi tengono legata a - a questo paese e - »

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