first problem.

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Shawn imparò Brooklin.
La imparò perché ormai sapeva a memoria i suoi intercalari, sapeva le sue lezioni, le classi in cui era, i nomi dei professori.
Sapeva che Brooklin usciva dalla classe un po'in ritardo perché metteva in ordine solo quando la campanella era suonata e così l'aspettava fuori.
Sapeva che amava quando la passava a prendere con la macchina, quando il rumore della pioggia sul tettuccio invadeva le loro chiacchierate e quando le guanciotte rosse del guidatore si flettevano in un sorriso.
Quando la guardava lei sorrideva, tremava dal freddo, apriva la portiera, si allungava poggiando la mano al volante per baciarlo e sussurrava un saluto prima di sedersi vicino a lui.
Conosceva a memoria le canzoni che ascoltava nel tragitto e la sua reazione quando le poggiava la mano sulla gamba.
Ridacchiava e guardava fuori dal finestrino appannato, stringendo la collana che le aveva regalato.
Sapeva che le faceva piacere quando entrava dalla finestra della sua camera di nascosto, anche se ormai si poteva dire che vivessero insieme, quando la stringeva tra le braccia, quando le accarezzava la guancia, quando d'inverno la poggiava delicatamente al letto e faceva scorrere le sue mani gelate su e giù per il suo corpo.

Il cuore sobbalzava sempre, si sentiva amato.
Anzi no, lei non lo aveva più un cuore suo, lo condivideva con Shawn, o forse glielo aveva donato.
Lo sapeva anche lei che il cuore è l'organo vitale più importante. Lo sapeva che poteva essere donato solo una volta.
Lei non era più niente con lui. Riusciva a smettere di ragionare, eliminava qualunque tipo di movimento.
Lui le dava vita.
Gli occhi di Brooklin erano pieni di amore e dolcemente posati sul viso di Shawn intento ad allacciarle la stringa.
Erano semplicemente loro.
Forse pensava agli altri.
Forse pensava a quanto il loro amore potesse fare invidia, così apriva le braccia e trascinava Shawn in esse.
Il moro le sorrideva, le accarezzava i capelli e lentamente si girava, facendo scivolare il corpo minuto di Brooklin sopra il suo.
Insieme guardavano la finestra.
Guardavano la neve cadere, accumularsi sul balcone.
Pensavano entrambi al loro amato fin quando non si scambiavano un' occhiata e partiva tutto.
Le dita delle mani che toccavano ovunque, le lingue che si scontravano e giocherellavano tranquille, le guance infiammarsi, i respiri che si facevano sempre più affannati, i corpi diventare uno solo.
E sul quel letto, con la neve che cadeva lenta e soffice attutendo i rumori del mondo, accadde.
Una diciassettenne che dimostrava amore alla sua anima gemella.

Le mani di Shawn scivolarono sotto la felpa di Brooklin "ti amo" sussurrò all'orecchio della ragazza con le labbra tremanti.
"Ti amo per davvero" riprese dandole un bacio sulla guancia.
"Sempre" rispose lei sfilandogli la maglietta dalle braccia e accarezzandogli la schiena si avvicinò ai suoi capelli sentendone il profumo per l'ennesima volta.
Brooklin pensava che la cosa migliore di tutte era di essere nelle braccia nelle quali avrebbe sempre voluto stare.
Levando i vestiti alla ragazza, nel posto in cui chiamava casa e con tutto il cuore, Shawn si sentiva la persona più fortunata del mondo.
Sorrisero entrambi prima di essere pervasi da una sensazione travolgente.
Ormai si erano detti tutto.
Accadde.

~~~~~~~~~~~~~~~~

"Shawn" sussurrò Brooklin con le guance arrossate "cazzo..." continuò "che c'è?" chiese il ragazzo cingendo con una mano la vita nuda di Brook.
"Porca troia" trattenne alterato "che stupido, cazzo. Mi è proprio passato per la mente il preservativo" soggiunse spalancando gli occhi, pallidastro.

Rimasero comunque fermi.
Non sapevano cosa volesse dire, o meglio lo sapevano ma erano avvinghiati da un senso di colpo che li assaliva lì, alla bocca dello stomaco e li stringeva forte, così forte da far male.
Le conseguenze potevano essere due.
Le reazioni potevano essere altrettante.
Brook già si immaginava camminare per i corridoi della scuola mentre i ragazzi che si schiacciavano contro gli armadietti facevano silenzio al suo passaggio, per poi aprire un'onda di discussioni.
Aveva diciassette anni.
Solo diciassette.

Per la mente le frullava già la voce di sconosciuti che non avevano mai conosciuto l'amore tra loro che spargevano cattive informazioni su Shawn, di come l'avesse messa incinta, quel mascalzone.
L

a paura di partorire.
Di crescere un bambino, quando lei lo era ancora.
Tra i pensieri si facevano strada le braccia di Shawn che la cingevano e allora lì i sogni venivano a galla, il moro che cullava una bambina dagli occhi verdi mentre un bambinetto corvino gli tirava i pantaloni.
E di nuovo i sensi di colpa.
Certo, forse era sbagliato.
Forse no.
Ma sicuramente lo era.
No, la vita era loro.

~~~~~~~~~~~~~~~~~

"Brook, per favore. Di qualcosa" sussurrò il ragazzo "cosa dovrei dire, Shawn? Cosa?" Iniziò alzandosi di scatto "veramente, dimmelo. Io ho diciassette anni, cazzo. Non posso avere un bambino. Non posso curare mio figlio se anche a me serve qualcuno che mi cresca" continuò infilandosi frustrata la maglietta "Questo veramente no." Concluse sbattendo quella maledetta porta fredda, lasciando cadere la stanza in un buio più totale, senza il sole che riscaldava le giornate di Shawn.

Forse lei aveva ragione.
Shawn si sentiva così in colpa che una lacrima gli solcò la gota, finendo nell'incavo dei mento.
Appoggiò la testa sul cuscino stringendolo tra le braccia e annusando il profumo dei capelli di Brooklin pianse, sempre di più, finché la testa non gli disse di andarsene e prima che rientrasse la ragazza, si vestì velocemente e scappò dalla finestra.
Se ne tornò a casa per la prima volta di sua volontà.








Prima parte del sequellll.

°Sex lessons°Mendes -IN REVISIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora