Myrddin trasse un profondo respiro, cercando di calmare il battito del proprio cuore. Era quasi arrivato a destinazione, ma questo non gli era di nessun conforto. Temeva il momento in cui si sarebbe finalmente trovato di fronte a Medb, e se avesse potuto sarebbe fuggito da lì. Ma non aveva altra scelta, doveva tentare. Non c'era modo di liberarsi dalla sua condizione di servo se non chiedere a Medb di affrancarlo, per quanto fosse improbabile che la regina sarebbe stata incline alla pietà. I loro rapporti non si erano evoluti in bene in quel periodo, e Myrddin sapeva di averla profondamente offesa, più di chiunque altro.
Però devo provarci, o non potrò mai essere libero di stare con Freya, Ygraine e Artri. Non sarò libero di fare nulla.
La caverna nella quale stava camminando si aprì su un salone lussuoso, illuminato da strati di quello che a una prima occhiata poteva sembrare polline. In realtà si trattava di Silfidi, creaturine alte meno di un millimetro che si muovevano in banchi, nuotando nell'aria.
«Myrddin» sussurrarono le creature, talmente piccole che i tratti dei loro volti erano invisibili a occhio nudo. Cominciarono a volare attorno al suo capo, e lui avvertì le loro manine accarezzargli le guance come ali di farfalla. I loro sussurri si moltiplicarono, crescendo in preoccupazione.
«Non andare» gli dissero. «E' furiosa con te.»
«I Mundboran non tornano indietro.»
«Sei suo ormai, non ti lascerà andare via. Non lascia andare nessuno.»
«Se non scioglierà le mie catene, l'affronterò» sussurrò lui, con un filo di voce. «Non ho più nulla da perdere, ormai. Se mi ucciderà, almeno morirò sapendo di aver tentato.»
Le Silfidi cercarono di trattenerlo afferrandogli i corti capelli biondi con le manine, ma non poterono opporsi alla sua forza.
Il salone si allargò ulteriormente e le Silfidi si moltiplicarono, trasformandosi in cirri e cumolonembi. Myrddin le accarezzò con la punta delle dita, traendo un sospiro tremante. Probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto quelle creature.
Myrddin aveva sempre avuto una connessione particolare con le creature meno nobili fra gli Antichi, come Silfidi, Ninfe, Sirene e Selkie. Ma con le Daone Sith, le più nobili e potenti, non era mai andato d'accordo.
Medb si era rivelata fredda e incline alla vendetta, malgrado gli avesse elargito il dono che ora lui considerava una maledizione. In quanto a Nimueh, sua sorella, non era mai andata d'accordo con Medb, e di riflesso non amava i suoi servitori, lui compreso.
Myrddin riuscì a stento a deglutire quando mise a fuoco la figura sinuosa di Medb, adagiata su un trono di viticci. L'intero salone era ricoperto di fiori dai colori sgargianti, le corolle grandi quanto la testa di Myrddin. Una luce soffusa entrava dalle alte e strette finestre dagli infissi in acciaio di damasco. Solo le Daone Sith erano in grado di produrre quel materiale, contenente un elegante motivo ondulato; si diceva che quella sostanza fosse in grado di uccidere qualunque creatura, persino le Daone Sith stesse, ma Myrddin non aveva mai avuto l'occasione di brandire una lama di quel metallo.
Il pavimento era ricoperto da un morbido tappeto decorato da un modello floreale, e i piedi nudi di Myrddin, ricoperti di ferite per via della folle corsa che l'aveva condotto nell'antro di Medb, lasciavano delle macchioline verdastre su di esso. Il sangue delle Daone Sith scorreva in lui e aveva derubato il suo corpo del rosso cupo che apparteneva agli uomini.
Un lampadario pendeva dal soffitto e lì riposavano dei gruppetti di silfidi stanche. Il vetro rifletté la figura di Myrddin, che vide la propria figura frammentata in una serie di minuscoli riflessi.
Il Mundbora si trascinò fino al trono di Medb, che nasceva direttamente dalla pietra, trasformandosi in tronchi d'albero pulsanti di linfa. Persino le rocce prendevano vita, sotto l'influsso della regina.
Medb era talmente luminosa che Myrddin non riusciva a guardarla; il suo viso di una bellezza tale che avrebbe potuto far innamorare chiunque di sé, di un amore violento e disperato, con un semplice cenno del capo.
«Mio fedele Myrddin» mormorò Medb. La sua voce era un fruscio di foglie in una sera d'estate. Ogni volta in cui parlava il mondo restava in silenzio per non perdersi un singolo suono uscito da quelle labbra carnose. «Credevo non avresti avuto il coraggio di presentarti qui, dopo quello che è successo. Dopo il tuo tradimento.»
Myrddin, che aveva cercato di restare impassibile, venne attraversato da un brivido.
«So quello che ho fatto, mia signora. So di non essere degno, ma non posso fare a meno di chiedervelo... Voi mi avete reso un Mundbora, di certo potrete fare il contrario. Se mi renderete di nuovo umano, non potrò più arrecarvi alcun fastidio, e sarei finalmente libero.»
«Libero? Consideri servirmi una prigione?»
Medb era più furiosa di quanto Myrddin avesse immaginato. Il Mundbora aveva sperato si ricordasse di tutti i servigi e le atrocità che lui aveva compiuto in suo nome, ma le dee si dimenticavano facilmente i loro benefattori.
«Sei stato tu ad accettare di diventare un Mundbora. E ora getti al vento con tanta noncuranza i miei doni, per cui chiunque sarebbe disposto a fare qualunque cosa senza battere ciglio. Hai voluto questo potere perché volevi vendicarti degli umani, perché sentivi di essere un estraneo fra loro. Perché ora ti rimangi la parola data?»
«Ne sono consapevole, mia signora. Mi ricordo del passato, però...»
«Però? Non hai mai detto né un ma né un però, in tutti questi anni. Hai sempre accettato di fare ciò che ti veniva detto, e sei sempre stato dalla mia parte. Dalla parte degli Antichi. E ora vieni a dirmi che il grande Myrddin è disposto a voltare le spalle al Popolo Nascosto solo per quell'insulsa umana? Io ho sempre fatto il bene per te; ti ho protetto, sottratto da un mondo che voleva solo farti del male, e ho persino chiuso un occhio sui tuoi fallimenti. Sono stata magnanima con te, Myrddin, perché, nonostante tutto, sei sempre stato il mio preferito. E ora vieni a chiedermi di liberarti da ciò che ti fa del bene, solo per seguire uno degli impulsi momentanei tipici della volubile natura umana? E' proprio perché conosco il tuo cuore, che non posso lasciarti andare.»
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantasy"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...