(R) Capitolo 20: A una condizione (3/3)

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La sala del trono di Nimueh era quanto di più sofisticato che Rose avesse mai visto. Archi a ogiva che si concatenavano e decorazioni che ritraevano elfi danzanti che si passavano delicate rose bianche adornavano le pareti, estendendosi a perdita d'occhio. Tutto dava una sensazione di leggerezza, e una parte della mente di Rose continuava a chiedersi se una tale finezza potesse davvero esistere o quelle strutture impossibili fossero solo un'illusione. Man mano che l'occhio saliva verso l'alto, i tratti dell'architettura sfumavano, fino a trasformarsi in uno strato d'acqua.

La ragazza avanzò trascinando i piedi arrossati sul pavimento – in quel momento avrebbe dato anche la sua tunica per un paio di scarpe – e osservò il modello a nodo celtico che ricorreva lungo il perimetro della stanza. Al centro della sala una fontana sgorgava acqua, creando dei giochi idrotecnici. Ogni tanto qualche Fiskoldo emergeva dalla fontana, abbandonandosi a un gorgheggio prima di rituffarsi.

Rose superò la fontana e camminò verso il trono vero e proprio, una costruzione alta e stretta che si ergeva al termine di una breve scalinata di ghiaccio. Lo schienale del trono aveva una forma a cuspide, e i manici terminavano in un ricciolo elegante.

Nimueh era proprio come l'ambiente circostante, alta e sottile, avvolta in un abito che scintillava di una luce fredda. Il suo volto era il più bello che Rose avesse mai visto, nessuna fata o essere umano avrebbe potuto reggere il confronto: gli occhi dal taglio affilato, di tutte le sfumature dell'azzurro e del blu, le labbra sottili, il naso fine, leggermente all'insù, e le orecchie allungate, decorate da minuscole luci, erano circondati dalla nube informe dei suoi capelli, che consistevano in una massa d'acqua che evaporava e si rigenerava in continuazione.

Nella mano destra Nimueh stringeva una bacchetta di vetro il cui unico vezzo era la coda di una sirena modellata nel manico.

Rose inchinò di fronte a lei, nonostante le ginocchia gemessero a contatto col ghiaccio, talmente freddo da sembrare bollente. Il suo respiro si radunava in nuvolette, e la ragazza cominciò a sfregarsi le braccia per scaldarsi.

«E così, tu sei Rosemary, la nuova recluta di Myrddin» mormorò Nimueh. La sua voce era una carezza gelida, eppure vibrava per l'eccitazione, come quella di una bambina che ha appena ricevuto un giocattolo nuovo. «Ho sentito molti pareri positivi su di te. Myr sostiene tu voglia diventare una Mundbyrnes, e devo confessarti che ho sempre desiderato crearne una. Mi sono sempre e solo trovata circondata da uomini e sarebbe bello avere qualcuno con cui chiacchierare a parte il mio riflesso nello specchio.»

Nimueh si portò le dita alle labbra per nascondere pudicamente una risatina e le fece cenno di avvicinarsi.

«Su, vieni. Non ti mangio mica. Guardati, sei tutta infreddolita. Come ti è venuto in mente di scendere qui senza il tuo mantello? Geodfrith aveva già le sue coperte» la redarguì la Daone Sith, agitando la bacchetta nell'aria.

Dove un istante prima non c'era nulla, da una bolla d'acqua si originò una scultura di neve a forma di cappotto. Nimueh ci picchiettò sopra con un dito e la neve diventò stoffa, la più candida che esistesse. Rose accettò l'indumento con sollievo e si strinse nel cappotto.

«Grazie, Nimueh» mormorò, accennando di nuovo un inchino. Non era abituata a comportarsi in quel modo e temeva di sembrare rigida, ma decise che non era quello l'importante. «Siete molto gentile.»

«Perché? Ti avevano detto altre cose su di me?» la punzecchiò la Daone Sith. I suoi occhi si erano stretti come quelli di un gatto giocherellone, e sul suo volto si era allargato un sorriso tagliente, che aveva un che di innaturale. Ma erano le espressioni delle fate in generale a destabilizzare Rose, dunque non avrebbe saputo dire se fosse solo colpa della Dama. «Magari è stato quella serpe di Myrddin, non è vero?»

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora