Rose venne superata dagli elfi, talmente rapidi che riusciva a sentire gli spostamenti d'aria legati ai loro movimenti. Cercò con lo sguardo Geodfrith e vide che si trovava a circa due metri di distanza. Il Mundbora aveva sollevato la spada dall'elsa a forma di dragone e la stava abbattendo su una pantera dal pelo verde muschio.
Rose fece appena in tempo a battere le palpebre, che avvertì una massa ostruirle il passaggio, schiacciandola a terra. Degli artigli cercarono di scavarle nell'armatura per raggiungere la sua carne. Rose agì d'istinto e il suo braccio scattò. La lama sottile della sua spada si conficcò nel collo del nemico e delle gocce di sangue verde colarono dalla ferita, ticchettando sul suo elmo. Una di esse entrò a contatto con la pelle: era rovente, e Rose strinse i denti, mentre tentava di tenere a bada il mostro che, allungando le zampe artigliate, tentava ancora di aggredirla. La spada stava assorbendo il sangue infetto all'interno del suo corpo, e il vetro evanescente di cui era composta si colmò di venature verdastre. I movimenti della creatura che l'aveva aggredita si fecero sempre più deboli, mentre la sua figura si restringeva, fino a recuperare i tratti di un giovane elfo. La creatura cadde a terra, priva di sensi. Rose estrasse la spada dal suo collo e la ferita si richiuse un istante dopo, come se non fosse mai esistita.
Il corpo di Rose formicolava per l'adrenalina. Non riusciva a credere di aver reagito così prontamente: essersi trovata in pericolo le aveva schiarito la mente, e la paura era scomparsa come una pozzanghera seccata estinta da un fulmine.
La battaglia infuriava attorno a lei, e gli occhi di Rose dardeggiarono nell'ambiente circostante. In ogni angolo c'erano mostri di Medb che venivano circondati da agili elfi che conficcavano i pugnali sottili nei loro petti, prima di portarli al sicuro nelle retrovie. Ovunque guardasse, Rose non riusciva a trovare Geodfrith.
Alle creature più rapide che costituivano l'avanguardia si stavano sostituendo dei bestioni a quattro zampe, che ricordarono a Rose il mostro che l'aveva aggredita quel giorno, costringendole a inghiottire il putrido sangue di Medb. Un brivido scese lungo la schiena della ragazza, che scosse la testa e strinse forte l'elsa della spada. Non doveva farsi prendere dalla preoccupazione. Non era più come un tempo. La Rose che non sapeva difendersi da sola era morta ormai, e al suo posto c'era una Mundbyrnes. Dirselo era strano, ma la vittoria appena ottenuta le aveva dato un'iniezione di autostima. Doveva solo trovare Geodfrith, e sarebbe andato tutto bene.
La ragazza aguzzò la vista e intravide lo scintillio dell'armatura di Geodfrith, dalle cromature bronzee. Il Mundbora si muoveva con eleganza, ma era molto più brutale di Myr, quando affondava la spada nei nemici. La lasciava lì abbastanza a lungo da purificare il loro sangue mentre si proteggeva dietro uno scudo di un azzurro scintillante, e poi scattava all'indietro per dedicarsi a un altro avversario.
Rose scavalcò un paio di fate prive di sensi delle quali si stavano occupando le nubi di Silfidi, che le conducevano al sicuro. Stava andando dritta verso Geodfrith, e faceva affidamento sui tronchi degli immensi pini che circondavano Avalon per evitare gli attacchi dei nemici più grandi e goffi, ostacolati nei movimenti dallo spazio ristretto. Rose li trafiggeva con la spada nel momento più opportuno, per poi proseguire.
Geodfrith era sempre più vicino, al punto che Rose lo sentì urlare, mentre colpiva con lo scudo un mostro tanto possente che prima dell'infezione doveva essere stato un gigante. Il pelo della creatura rilasciava delle pagliuzze di smeraldo a ogni movimento, ed era dotata di lunghi artigli neri dai quali colava una sostanza verde. Geodfrith estrasse la spada dal nemico, che cadde esanime, e la usò per ferire il braccio del mostro che tentava di metterlo all'angolo, spingendolo contro una muraglia di pini.
Rose corse verso l'amico con l'intento di aiutarlo, ma venne intercettata da un Unholda dalle membra sottili e scattanti. La ragazza si abbassò per schivare i suoi artigli, allungò un piede per pestargli la coda e conficcò la spada fra le scapole dell'essere. La creatura emise un grido che le fece strizzare gli occhi. Rose attese che la spada compisse la sua magia; con la coda dell'occhio, alle spalle, scorse dei lampi verdi. Myr era vicino.
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantasy"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...