L'ultima volta che Rose era entrata nello studio di Alan era stata circa due anni addietro. Da allora non aveva più avuto il coraggio di aprirne la porta, ormai resa rigida dal mancato utilizzo. Su ogni mobile della stanza ormai si era formato uno spesso strato di polvere, segno che nemmeno Ilenia, con la sua passione per le superfici lucide, aveva il coraggio di entrarci.
Rose sostò sulla soglia per qualche secondo, con un groppo in gola, mentre Ann entrava nello studio come un carro armato. Forse pensava che, se avessero fatto in fretta, sarebbe stato meno doloroso sostare in quel luogo.
La stanza era solo un'ombra dello studio di Alan. Un tempo c'erano stati tubi e tubetti di colore, scartoffie, modelli, schizzi in carboncino e a pastello, piccoli manichini in pose da contorsionisti e pennelli incrostati di pittura in ogni dove. In quel momento, invece, i murales si erano ingrigiti, il colore seccato e i pennelli erano stati riposti in una scatola da scarpe. Gli schizzi erano stati raccolti in un cassetto e tutte le tele, sia complete che non, erano state accatastate sul lato destro della stanza, nascoste da drappi bianchi che ne avvolgevano i cadaveri. Era come contemplare un cimitero.
Rose si riscosse e avanzò, cercando di non pensare troppo. Si accostò ad Ann e Puck, che avevano scostato alcune tele per scoprire un vecchio quadro che ritraeva delle Silfidi che facevano il girotondo attorno alla corolla di una margherita. A Rose per un istante sembrò di poter udire la musica frenetica che stavano seguendo.
Ann afferrò la cornice del quadro e scoprì un incavo nel muro, dove sorretto da un leggio, riposava un libro dalla copertina ricoperta da sottili striscioline di corteccia chiara. Su di esso c'era scritto "Grimorium" in scrittura runica.
Ann lo raccolse e uscì dalla stanza in punta di piedi. Rose chiuse la porta con la chiave e tornò a posarla nel cassetto della stanza di Ilenia; si riunirono entrambe nella camera da letto di Rose, pronte a esaminare il libro. Non avevano molto tempo, prima che fossero di nuovo costrette ad aiutare Ilenia e Nonna, sempre pronte a sbraitare.
«Stai attenta, ti prego» gemette Ann, stringendo la scala con entrambe le mani.
«Tranquilla, ce la faccio» la rassicurò Rose, arrampicandosi sullo scheletro arrugginito dell'oggetto.
Avevano recuperato quella parodia di una scala dal garage e se l'erano portata dietro sul tetto della jeep. Stavano cercando gli ingredienti necessari al rituale di protezione per Alan, e avevano scoperto che il loro giardino pullulava di piante delle fate, come il Marasmius Oreades, il fungo commestibile attorno al quale le fate danzavano e con cui si potevano anche fare degli ottimi biscotti. Lo avrebbero messo i capelli in una ciotolina, sperando che avrebbero attratto delle fate benevole nella casa e nella stanza di Alan. Loro padre aveva davvero fatto un ottimo lavoro a rendere Ca' dei Glicini un posto adatto alle fate, seminando funghi, piantando alberi di varie qualità.
Grazie alla sua previdenza avevano trovato, oltre ai funghi, dei ramoscelli di Frassino, dalle ottime qualità terapeutiche, con cui si facevano le bacchette dei druidi, e anche alcuni rametti di Salice, presi su permesso dell'albero stesso, che di notte divelgeva le radici e se ne andava in giro per il boschetto. Ecco perché a Rose era sempre sembrato che l'albero non fosse mai esattamente nel posto giusto.
Dopodiché si erano fermate nei pressi di un agglomerato di Sambuchi.
«Si dice che siano streghe sotto forma di pianta» le ammonì Puck, intento a soffiarsi il naso sull'orlo della giacca. «Bisogna recitare questa formula, prima di prendere un pezzo di legno.»
Porse a Rose un foglietto stropicciato e ricoperto di sporcizia. La ragazza lo accettò con una smorfia di disgusto e si ripromise che avrebbe imposto un bagno a Puck, una volta che avessero finito di raccogliere gli oggetti necessari al rituale di protezione.
Rose si schiarì la gola sotto lo sguardo divertito di Ann, che contemplava il sambuco come se fosse stato la cosa più ridicola del mondo.
«Vecchia cara, dammi del tuo legno, e io del mio te ne darò, quando in albero mi trasformerò» disse Rose con voce solenne.
Guardarono tutti il sambuco, aspettando che succedesse qualcosa, ma quello non disse un "ma" né un "beh". Nemmeno un colpo di tosse.
«Credo che possiamo prendere dei ramoscelli, allora» ridacchiò Ann, raccogliendone un paio. «Grazie mille, signora strega. Puck le porterà del fertilizzante, promesso.»
«Non fare promesse che non posso mantenere! Sono troppo pigro per scendere fin qua dalla legnaia» brontolò il folletto, incrociando le braccia sul ventre prominente. «Ho pisolini da schiacciare, sogni da sognare, russate da ronfare.»
«Sei proprio un pessimo Custode» borbottò Rose.
«Ma...»
«Già» rincarò Urchin, facendogli una linguaccia. «L'hai sentita. Pessimo.»
Puck borbottò qualcosa sottovoce e indicò l'ultima loro destinazione, un Sorbo Selvatico: era il più efficace della lista, perché aveva la funzione specifica di tenere lontani gli spiriti maligni.
Dato che non era molto distante, Ann e Rose presero la scala sottobraccio e si avvicinarono all'albero.
Fu proprio Rose a salire, sotto lo sguardo preoccupato di Ann, per raccogliere il meglio del meglio, il Sorbo Volante, sui rami più alti. La ragazza si allungò e cercò di afferrare delle bacche rinsecchite ricoperte di neve. La scala traballò pericolosamente.
«Attenta!» gemette Ann, con voce stridula.
«Tranquilla, non è niente. Devo solo fare un saltino...»
Si allungò verso le bacche e riuscì ad afferrarle. Quando i suoi scarponi ricaddero sul ferro ci fu un cigolio minaccioso. Rose espirò lentamente, col cuore che rimbombava ancora, e scese dalla scala con gambe tremanti. Urchin si era aggrappato alla sua sciarpa con tutte le sue forze e si rilassò solo quando furono di nuovo a terra.
«Ecco fatto. L'ultimo che mancava all'appello. "Sorbo selvatico e filo rosso, fan correre le streghe a più non posso". Speriamo funzioni anche con Medb» disse il folletto, dando un pizzicotto sulla guancia a Rose.
La voce lontana di Ilenia strappò un sussulto alle ragazze, che guardarono verso la cima della collina. La mamma si stava sbracciando e, a giudicare da come agitava la testa, non sembrava per niente contenta del fatto che loro stessero facendo giardinaggio, anziché aiutarla ad allestire la tavolata di capodanno. Da quando le sue figlie si erano appassionate al giardinaggio?
«Meglio andare, non voglio che cominci a chiedere cosa stiamo facendo. Sai che lei e la nonna sono peggio del KGB» sussurrò Rose. Sperava che la mamma non si sarebbe fatta troppe domande, se avesse trovato funghi secchi e ramoscelli negli angoli più bizzarri della casa.
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantasia"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...