Rose si passò tra le dita il fischietto di legno che le aveva dato Wulfric prima della partenza: era intagliato a mano, con una sottile corda di cuoio per portarlo al collo, e sull'estremità era stato inciso un Airone Cenerino. Era talmente dettagliato che i suoi occhi, due piccole biglie di vetro, luccicavano leggermente.
«Se soffierai nel fischietto, io ti sentirò» le aveva detto Wulfric, facendole scivolare il ciondolo nella mano. «L'ho fatto io.»
«Tu mi sentirai? Stai proprio diventando un hippie» lo aveva preso in giro Rose, in tono bonario. Poi gli aveva sorriso e l'aveva ringraziato. «Io non sarei in grado di fare una cosa del genere. Distruggevo tutti i lavoretti che mio nonno Lidio tentava di insegnarmi col traforo.»
Rose lasciò che il ciondolo tintinnasse contro la pietra che aveva trovato nelle tasche del proprio giubbotto. Si trattava di una Pietra di Luna abbracciata da una sirena. Rose non riusciva a ricordarsi dove l'avesse comprato, ma ogni volta in cui lo guardava si faceva complimenti per l'acquisto.
Urchin si mosse all'interno della borsa e Rose avvertì i suoi aculei pizzicarle una coscia. Cercando di non farsi vedere da sua madre, la ragazza frugò in tasca e ne estrasse un cioccolatino, infilandolo nella borsa. Poco dopo gli aculei si ritirarono e da Urchin provennero dei mormorii di soddisfazione.
«Hai detto qualcosa, tesoro?» le chiese Ilenia, scostando lo sguardo dalla guida per un breve istante.
«No, no. Sono troppo stanca per dire qualcosa di sensato, mamma. Era solo un'interferenza alla radio.»
Sua madre si strinse nelle spalle e abbassò il volume. I capelli castani tagliati a caschetto le accarezzavano le guance ed era un po' ingrassata dall'ultima volta in cui Rose l'aveva vista. Sembrava più felice, ma forse era dovuto al ritorno a casa di Rose. I suoi occhi neri continuavano a punzecchiarla, come se volessero controllare che la figlia fosse ancora lì.
Rose ripensò al momento in cui si erano incontrate e sorrise. C'era un lato positivo nel tornare a casa: non c'erano solo ricordi dolorosi a Ca' dei Glicini. Già si immaginava distesa sul divano assieme a Ilenia e alla nonna, intente a raccontarsi tutte le cose che non si erano dette in quei mesi. Si erano viste molto spesso su Skype, ma non era la stessa cosa.
Sarebbe stato bello se a loro si fosse unita anche Ann, la sorellastra di Rose, figlia di Alan e della sua ex-moglie Iris, ma Rose dubitava che si sarebbe fatta vedere. Ann era molto schiva; viveva da sola in un appartamentino di periferia, col suo piccolo lavoro e la sua piccola vita, e non si vedeva con nessuno. A volte Rose si preoccupava per lei e le telefonava, ma Ann le diceva sempre di non preoccuparsi: era solo un'amante della solitudine e vivere in quel modo non le dava nessun problema. Rose la capiva, però una parte di lei disapprovava il suo comportamento. Era come se volesse rifuggire le proprie responsabilità di figlia e le scaricasse sulle spalle di Rose, che non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui Ann fosse andata a trovare loro padre.
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Arrivarono a casa verso le nove di sera. Rose si era svegliata alle otto e mezza e aveva passato la parte restante del viaggio a guardare fuori dal finestrino mentre ascoltava musica con le cuffie, troppo stanca per mettersi a parlare. Anche la fame aveva cominciato a svanire, rimpiazzata dal desiderio di rannicchiarsi sotto le coperte e non pensare più a niente fino alla mattina seguente. Avrebbe dormito fino a mezzogiorno nella sua vecchia camera, molto più piccola rispetto a quella dello studentato, ma accogliente. Prima di partire Rose l'aveva lasciata in ordine – anche se la sua concezione di "ordine" poteva essere molto diversa rispetto alla norma - e sperava che l'avrebbe trovata nello stesso stato, a meno che Ilenia non avesse deciso di ficcarci il naso, come faceva sempre.
Abitavano a circa due ore di macchina da Venezia, in una cittadina di campagna. La nebbiolina che si sollevava dal terreno in quei luoghi era fitta e persistente almeno quanto quella scozzese, ma aveva un odore completamente diverso. L'aria era meno frizzante e aveva un intenso sentore di foglie umide che si stratificavano nelle zone verdi lasciate allo stato brado.
Ilenia svoltò a destra passando accanto a un vecchio albero caduto ed entrò in una strada sassosa che si inoltrava in un viale alberato.
Nella loro casa, un tempo era appartenuta alla famiglia di Alan, di origine italo-scozzese, abitavano solo la nonna e Ilenia. Era un edificio molto grande, e Rose spesso si era sentita sola fra quelle mura. Per questo aveva scelto una stanza piccola: gli spazi vuoti delle altre camere, specie quelle degli ospiti al secondo piano, le avevano trasmesso grande angoscia, ma mai come quella al primo piano, che un tempo era stata la sua camera ed era ancora ridotta a un relitto mezzo bruciacchiato.
Da bambina Rose si era divertita a immaginare di vivere in un'antica villa romana, e a pensare a quanti piedi avevano calpestato quei territori prima che si trasformassero in Ca' dei Glicini; l'abitazione portava quel nome per via dei numerosi fiori a grappolo che avevano quella particolare sfumatura a metà fra il lilla, il blu e il viola. Ce n'erano a bizzeffe e nel periodo della fioritura diventavano la casa di grassi bombi dorati. Rose ne aveva un ramo proprio sotto la finestra, e li aveva disegnati diverse volte.
Vivere a Ca' dei Glicini sarebbe potuto apparire come un sogno, ma il ricordo del passato non se ne andava mai del tutto, assieme alla puzza di bruciato.
Il furgoncino rallentò fino a fermarsi, e Rose uscì da una sorta di trance. Chiuse il telefono e raccolse le proprie cose, trascinandosi sotto il portico davanti all'ingresso. La casa aveva almeno dieci stanze da letto più due cucine, un bagno per ogni stanza, due studioli e una sala da pranzo che un tempo era stata adibita a ristorante. Quando Alan era stato ancora nel pieno possesso delle sue facoltà, lui e Ilenia avevano gestito un piccolo agriturismo assieme, che avevano tenuto aperto solamente nei week-end e per poche altre occasioni. Rose aveva dato loro una mano, prima che le cose smettessero di funzionare. Le visioni di Alan col tempo erano diventate un problema tale da ostacolare la sua vita di tutti i giorni, fino a portarlo a compiere il gesto che l'aveva condotto in una casa di cura.
Rose si sentì nauseata pensando a lui e, per l'ennesima volta, cercò di scacciarlo dalla propria mente. Voleva solo sistemarsi e stare tranquilla, almeno per quella serata.
Aprì la porta, lasciando che le dita scorressero sulle familiari scanalature del legno, e trasse un profondo sospiro. Odore di casa.
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantastik"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...