(R) Capitolo 23: Il destino dell'Orso (2/2)

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Geodfrith la strinse in un abbraccio. Era l'unico cui Rose avesse raccontato di più riguardo la propria famiglia, l'unico a conoscere il motivo per cui il nome di Medb le ricopriva le braccia di pelle d'oca.

«La tua famiglia è al sicuro, Rose. Non può prenderli, sono sotto la protezione della Dama adesso, e tu sei forte: ti ho vista combattere, ce la puoi fare» disse Geodfrith, sciogliendo l'abbraccio per guardarla negli occhi. «Va bene?»

«Erano solo allenamenti. Non sono mai scesa in campo.»

Geodfrith la condusse nella fucina sul retro della casa. Le forge erano fredde e buie. Il Mundbora appoggiò una candela sul tavolo e si avvicinò all'armatura di Rose. Le fece scivolare addosso l'usbergo e glielo fissò in vita con una spessa cintura di cuoio. Rose deglutì e accarezzò l'elsa della sua spada, decorata da una foglia di acquamarina. Provava la sensazione di essere una spettatrice e che tutto ciò stesse accadendo a qualcun altro.

Raccolse l'elmo fra le dita gelide e se lo mise in testa, assicurandolo con gesti automatici. Le sembrava di non riuscire a incamerare abbastanza aria. Le pareti della stanza le si stringevano attorno. L'armatura stessa, riadattata alle sue misure, le sembrava troppo stretta.

Il Mundbora annuì soddisfatto, mentre si scostava i capelli arruffati dal viso. Erano sciolti e ricadevano lungo il lato destro del suo volto come una cascata, accarezzandogli l'anca. Poi, dal nulla, Geodfrith cominciò a togliersi i vestiti e a gettarli sul pavimento. Rimase in canottiera e calzamaglia e si avvicinò a un armadietto in legno decorato da dei motivi floreali. Lo aprì: dall'interno del mobile emerse il caldo bagliore del metallo lucidato con cura. Geodfrith cominciò a estrarre le parti di un'armatura rosso cupo, e Rose capì.

Posò una mano sul polso del Mundbora anziano, che la guardò coi suoi profondi occhi azzurri. Rose non l'aveva mai visto così deciso; c'era qualcosa di tagliente nella sua espressione e, allo stesso tempo, di ferito, perché lei aveva tentato di fermarlo.

«Geodfrith, no. E se ti prendesse una crisi nel mezzo della battaglia? Cosa succederebbe?»

Lui estrasse una boccetta di vetro color sangue dall'interno dell'armadio e la svuotò in un solo sorso sotto lo sguardo attonito della ragazza.

«Questo mi aiuterà a combattere, Rose. Sono Sali concentrati.»

«Tu sei pazzo! Ti contorcerai per il dolore quando l'effetto sarà finito!»

«Se non difendiamo Avalon adesso, se Medb riesce a distruggere la barriera e non possiamo respingerla, non ci sarà più nulla da proteggere! Sono un Mundbora. Medb dovrà strappare le vite dei Quercini dalle mie dita fredde, se vorrà far loro del male. Ormai è tardi, Rose. Ho preso la pozione, non puoi fermarmi.»

Lei trasse un profondo sospiro e abbassò lo sguardo. Geodfrith aveva già deciso.

«Va bene. Ma almeno lascia che ti stia vicino. Da soli forse non ce la possiamo fare, ma assieme abbiamo una chance.»

«Questo è lo spirito giusto» disse Geodfrith, infilandosi un pesante elmo che ricalcava il profilo di un falco pellegrino. La sua armatura era a placche e doveva pesare diversi chili, come quella di Wulfric. Rose pregava che perlomeno l'avrebbe protetto.

Geodfrith porse anche a lei una boccetta di Sali concentrati e la ragazza la trangugiò, storcendo le labbra per il sapore. In genere i Sali non sapevano di nulla, ma così, ridotti a una specie di sciroppo, avevano lo stesso sapore delle alghe lasciate al sole. La sostanza le lasciò le labbra ricoperte di blu, come se avesse mangiato mirtilli. Nonostante il sapore, Rose avvertì subito l'effetto del contenuto della boccetta. I Sali vennero assorbiti dal suo corpo e il cuore prese a batterle con più vigore.

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora