Capitolo 30: Il re senza corona (1/2)

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Il campo del loro salvatore si trovava a circa dieci minuti di camminata dalla fonte. Rose si sentì più sollevata di quanto avesse previsto, nel scorgere un focolare: le braci si stavano spegnendo, attraversate dagli ultimi vermicelli luminosi.

L'uomo raccolse un paio di ciocchi di legna radunati su una pila accanto alla sua tenda e li sistemò nel focolare, stuzzicandoli con dei ramoscelli finché la fiamma non si fu ravvivata.

Rose e Wulfric lo osservarono in silenzio, ancora stralunati, finché l'uomo non grugnì infastidito. «Che avete tanto da guardare?» sbottò, mentre posava un calderone sul supporto del focolare. «Non avete mai visto del fuoco in vita vostra?»

Ah, dunque conosceva più di un paio di parole in croce. Il suo cervello non si era ancora del tutto trasformato in quello di un orso misantropo.

«Ci sono altri vestiti nella cassa accanto alla tenda. Se volete restare con me per qualche giorno, potete farlo, ma qui si mette qualcosa in pancia solo se si lavora. Potete andare a caccia. Io non ho bisogno della spada, potete pure prenderla voi» mormorò l'uomo.

Controllò la temperatura dell'acqua con un dito, poi si avvicinò a loro a grandi passi e li superò. Rose e Wulfric lo seguirono come dei cagnolini.

«Dov'è la tua spada? Dove stai andando?» chiese la ragazza, cercando di non inciampare nelle radici degli alberi.

L'uomo si era avvicinato a un telaio dove era stata appesa la pelle di un animale, tesa tramite degli uncini. Era liscia dal lato della carne e non aveva più residui organici, nonostante trasudasse un pungente odore selvatico. Rose si premette una mano sul naso per reprimere la nausea.

Il telaio era protetto da una struttura di legno e accanto a esso c'era un rozzo tavolo da lavoro dove erano stati allineati degli strumenti lucidati con del grasso. L'uomo raccolse tre conigli morti appesi alla parete destra del laboratorio e li appese a dei ganci. Pronunciò una preghiera sottovoce, chinando il capo in segno di rispetto, e raccolse un coltello. Rose intuì quello che sarebbe successo e fece una smorfia, quando l'uomo praticò delle rapide incisioni sulle zampe e sul posteriore del coniglio, per poi aprirsi un varco tramite l'osso della coda. Da lì fu facile privarlo della pelle, che posò sul tavolo da lavoro.

Rose da bambina aveva visto entrambi i nonni pulire gli animali in quel modo, e aveva finito per abituarsi a quelle pratiche. Allora era stata incuriosita dall'anatomia dell'animale, ma, crescendo, le aveva fatto sempre più impressione, finché non aveva cessato di restare al fianco di Maria mentre lei lavorava. Vivere in campagna e per giunta in un posto come Ca' dei Glicini, comportava dover macellare le proprie bestie da soli, oppure portarle da un macellaio di fiducia. In ogni caso, bisognava sporcarsi le mani. Forse era per questo che Rose, prima di mangiare della carne, esitava di più rispetto agli altri, e pensava all'animale che l'aveva fornita, chiedendosi se avesse sofferto più del necessario e avesse condotto una bella vita, prima di finire nel suo piatto. Sapere che il prodotto finale derivava dalla morte di una creatura la rendeva più lucida, come se le ricordasse costantemente della catena alimentare, e la aiutasse a mantenere i piedi ben saldati alla cruda realtà.

Tuttavia non tutti pensavano a quel lato dell'esistenza, e uno di loro era Wulfric, che, non appena vide quella scena, impallidì e uscì dal laboratorio.

L'uomo ripeté l'operazione sotto lo sguardo di Rose, quindi eviscerò i conigli e li lavò in un ruscello lì vicino.

«Solo per stasera, potete condividere la cena con me» mormorò, mentre era intento a pulire bene i resti degli animali. «Nonostante sia un orso, non amo la carne cruda. Cucino sempre i miei pasti. Avrei mangiato questi conigli da solo, ma per una volta non mi farà male mangiare in modo più leggero. Schiarisce la mente.»

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora