(R) Capitolo 2: Unholda (2/2)

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«Wulfric?»

Il ragazzo tornò in sé con un sussulto, cercò di sorriderle, ma tornò subito a guardare il monitor. Un passeggero era appena salito al piano inferiore dell'autobus e stava guardando dritto nell'obbiettivo della telecamera. Si trattava di un ometto di bassa statura, mingherlino, con indosso uno spesso giubbotto invernale, una sciarpa fatta a maglia e degli occhiali dalla montatura pesante. C'era qualcosa di stonato nei suoi lineamenti. Sarebbero stati armoniosi, se non fosse stato per il sorriso di trionfo che si era delineato sulle sue labbra. Il sorriso di un predatore che ha appena stanato il suo pasto.

Wulfric si lasciò sfuggire un verso soffocato. Afferrò Rose per un braccio e chiamò il tasto di fermata.

«Dobbiamo scendere. Adesso.»

«Che cacchio stai dicendo? Perché dovremmo scendere? Non volevi portarmi da Frankenstein?»

«Sarà per un'altra volta.»

«E' per colpa di quell'uomo? Che ti ha fatto?» Rose si morse la lingua. «Merda, lo sapevo che mi stavi nascondendo qualcosa!»

«Adesso non è il momento, Rose!»

La fortuna doveva essere dalla loro parte, perché il bus si fermò e accostò accostando al lato destro della strada nei pressi di un grande parco, deserto nella serata della vigilia. Wulfric aspettò che la porta del bus si fosse aperta, quindi scese le scale in fretta, i piedi che mitragliavano sui gradini, senza mai lasciarle andare la mano. Spinse di lato l'omino con gli occhiali e sfrecciò sul marciapiede, tirandosi dietro Rose come un aquilone.

«Wulfric!» gemette lei, cercando di puntare i piedi. «Cosa sta succedendo? Mi stai facendo male!»

Il giovane si voltò per fulminarla con lo sguardo. Una scintilla di disperazione scoppiettava nei suoi occhi miti e un ringhio gli deformava le labbra.

«Se quello mette le mani su di noi, ci farà più male di quanto non te ne stia facendo io adesso! Corri e basta!» gemette, riprendendo a correre più veloce di prima.

Qualcosa nell'espressione di Wulfric disse a Rose che era meglio fare come diceva e si rassegnò a seguirlo. Era incredibile il modo in cui quel ragazzo riuscisse sempre a rovinarle la giornata. Avrebbero dovuto dargli un premio per l'impegno.

Si inoltrarono nel parco. La pioggia nevosa ticchettava sui loro cappucci e inzuppava i loro vestiti; gli stivali e le scarpe da ginnastica emettevano dei deboli "squish-squash" a ogni falcata.

Rose si voltò e il suo cuore mancò un battito: l'omino occhialuto dell'autobus li stava seguendo. Le sue gambe si muovevano frenetiche, in modo innaturale. All'improvviso a Rose venne in mente la camminata di Myr, e pensò che fosse fin troppo somigliante a quella dello psicopatico.

Rose e Wulfric si inoltrarono in un boschetto di pini dai rami spioventi, dove la pioggia batteva con meno forza.

«Ci siamo quasi» la incitò Wulfric, col fiatone. «Manca poco.»

Rose non ricordava di aver mai visto quella parte di Edimburgo, ed era molto strano, perché in quei due anni l'aveva esplorata in lungo e in largo. Dov'era che Wulf la stava portando?

Rose si voltò per la seconda volta. Avrebbe gridato, se non fosse stato che aveva delle fitte talmente intense alle costole da spingerla a correre china. Quando l'omino si avventò su di lei e la trascinò a terra, Rose rimpianse di non essere mai andata a correre con Wulfric. E dire che l'aveva preso in giro perché era ossessionato dalla propria forma fisica. In quel momento un paio di muscoli in più le avrebbero fatto comodo.

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora