(R) Capitolo 7: Un amico inaspettato (1/2)

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Rose guardò fuori dal finestrino. Le nuvole scorrevano sotto la pancia dell'aereo, che solcava i cieli come un grande gabbiano dal becco metallico. Si trovavano ancora piuttosto in alto, dunque non si riusciva a vedere nulla della terra sottostante, ma le orecchie che si tappavano le dissero che stavano cominciando a scendere.

A breve sarebbero giunti all'aeroporto Marco Polo di Venezia. Rose non sapeva come sentirsi al riguardo: il viaggio l'aveva stancata più del solito, e l'unica cosa che voleva era potersi distendere nel letto che l'attendeva a casa. Non vedeva l'ora di poter riabbracciare Ilenia e sua nonna Maria, che non rivedeva dai primi di settembre. Le mancavano da morire la timidezza di sua madre, sotto la quale si nascondeva un carattere piuttosto assertivo, e le sfuriate della nonna, che era una donna vecchio stile, di quelle che avevano poche idee ma ben chiare, con una elementarità nello scegliere che Rose le invidiava. Tuttavia, Rose sapeva già che presto avrebbe avuto di nuovo bisogno di andarsene. Non riusciva mai a restare a lungo a casa senza che cominciasse a sentirsi soffocare e, in alcuni momenti, potevano persino venirle degli attacchi di panico.

Rose soffocò uno sbadiglio e si voltò verso Wulfric, al suo fianco. Il ragazzo aveva insistito tanto per accompagnarla, cosa che di solito non faceva mai. A quanto pareva, desiderava fare un giretto a Venezia, e gli dispiaceva lasciarla tornare da sola. Tanto a Wulfric non mancavano i soldi per pagarsi un hotel in Piazza San Marco. Era persino riuscito a pagarsi un volo all'ultimo minuto, quando i prezzi salivano alle stelle, in modo da stare accanto a lei.

La partenza quella mattina era stata davvero rocambolesca. Quando Rose era già arrivata all'aeroporto di Edimburgo, piuttosto piccolo e poco affollato se paragonato ad altri, Wulfric l'aveva raggiunta al check-in praticamente cavalcando il suo trolley, col viso paonazzo per la corsa. Come se non bastasse, mentre facevano la coda al secondo piano per fare colazione prima di partire, erano pure stati urtati più volte da uno strano senzatetto con una benda sull'occhio, che aveva ammiccato in modo strano a Wulfric. Il ragazzo gli aveva sganciato una piadina ripiena di pollo fritto e l'uomo se n'era andato con una strana camminata, come se fosse stato privo di peso.

Per fortuna tutte le inconvenienze non erano riusciti a intralciarli, e ora si trovavano lì, a venti minuti da Venezia.

«Ma come mai questa voglia improvvisa di prenderti un gatto?» chiese Wulfric per la centesima volta, cercando di tastare la portantina dov'era acciambellato il nuovo amico di Rose.

Lei batté le palpebre un paio di volte, tornando in sé, e sorrise sperando che l'amico non notasse il suo nervosismo.

«Non lo so. Mi sono sentita improvvisamente bisognosa di coccole. Si chiama Urchin, comunque.»

Il ragazzo assunse una strana espressione e si fece indagatore. «Urchin? Davvero un nome curioso. Sembra quasi un nome che daresti a un rash o a un eczema. Aiuto, ho un Urchin sul braccio!»

La gabbietta si agitò pericolosamente e da essa provenne un ringhio.

Rose rise a voce un po' troppo alta e spinse con delicatezza la gabbia sotto il sedile. «Già, chissà come mi è venuto in mente, eh? Che pazza sono!»

Wulfric cercò di sbirciare di nuovo e Rose gli rifilò una gomitata del tutto accidentale, rimettendolo al suo posto. Il ragazzo la scrutò ancora a lungo, ma poi, con sollievo di Rose, si limitò a lamentarsi che quel gatto era uno spocchioso e riprese a controllare il suo passaporto. L'aveva esaminato almeno venti volte da quanto erano saliti a bordo.

«Scendere a Venezia. Prendere i bagagli» mormorava sottovoce. Conoscendo la sua imbranataggine, Wulfric aveva il terrore di perdere il biglietto di ritorno o di fare qualche sbaglio durante il viaggio e finire in un paese sconosciuto, per quanto fosse improbabile. Lui e Rose si attaccavano le paure irrazionali come la mononucleosi, e anche lei, malgrado si sentisse un'idiota nel farlo, controllò per la quinta volta di avere la carta d'identità.

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora